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da: Per colli e cieli insieme
mia euganea terra

I.

Langue un sole d’opale
in morse di grigiore:
fili vuoti di pensiero
moti spenti al risveglio
sorpresi da una lamina di luce.
Ma se nell’ora incerta
modellano le tue mani
la creta del mio corpo
ancora morbida di sogno
a ridonarmi tepore
certo di sole nuovo,
dolcezza mi prende
d’antiche note
lievi a dissolvere ombre.
Rinata trama d’armonia
ove ruota la casa-sfera
che solo a guizzo d’amore si muove.
E con un giro di danza
la casa mi ruoto alla vita
che brulica fuori
di fiori e di erbe.
E odora di humus e di cielo
in rugiadosi intarsi.
Qui si imperla ogni tua alba
in parole e gesti puri
nel mio mattino
aperto a vicini profili tersi.

II.

Questi colli di casa mia
acuti pensieri di luce o
tonde pause di pace
umani in sentieri
di ali e verde miti
così teneri nei primi chiarori
così imperiali in sereni tramonti.

Sono energia
di essenze e di colori
che esplode sempre nuova
ai sensi desti
a sorgive d’armonia.

Sono rovente forza
accesa dai primordi
anima di un dio
che ora là riposa.

Memorie d’arcano
e il vivo presente
tutto nella mia gioia
immobile
in un silenzio di stupore.

III.

E questi cieli
celestri corde trasparenti
tese in stagione diamantina
a incatenare l’anima.

Sono effervescenza in
spume marine lievitate
agitate in danza d’ali
cerchi d’infinita luce.

Sono arazzi a trame
a tempere preziose, pure
d’armonia e fantasia
come al sorgere del mondo.

Sono fragile materia
che libera ovunque
da crepe a noi invisibili
lo spirito divino
richiamo
a radici di cielo
a silenzio e preghiera.

IV.

C’è nell’aria chiara sempre
l’eco di accenti buoni
il soffio di carezze
grate alla pelle del Cielo
minuti segni umani
nell’infinito.
E nella notte c’è incanto
di occhi che incidono tenebre
nell’attesa di luce
che eterna a noi si rigenera.

Ma voi
che portate gerle di spine
e camminate su ruvidi prati
con occhi di rugiada,
voi splendete di sole
che intorno versate
in tenui sorrisi,
raggi maturi sapienti del mondo.

Voi dipanate dentro
con fragili mani forti
un divino segreto di luce
a mutare mistero
– spine del cuore –
in eriche bianche posate sul petto.
Voi siete quel filo puro d’amore
che regge tutto il peso dell’esistere.

V.

E chiusi in grevi pensieri,
sulle vostre orme lucenti
si va per celati sentieri
d’umano soffrire
a dare conforto di fronde
appoggio sicuro di tronchi
creando trame di nidi
per voli altri di vita
incerto il nostro comune librarsi.

E l’anima riposo anela
dall’aspro patire
in favole vere
prodigio di madre natura
in riti perenni di ali
e nel vivere di semplice fiore.

Girano sguardi
occhi pazzi di sole
gioia dei campi.

Vibrano al vento
ciglia in ciuffi setosi
astri violacei.

Muovono bacche
da rosee macchie pallide
canti selvaggi.

VI.

S’inventa ottobre
in verdi arazzi
a grani d’oro
cornucopie splendenti
di limpidi colori -
stelle esplose nel sole
ad impazzare sciami
a maturare alchimie-
nettare in calici
ambrati celati
nel dolce alveare.

E t’invade il cuore
un’onda viola mite
di odori antichi
onda di vita che
paziente si fa nuova
in riti di fiori e di ali
a eternare dono d’amore
in anelli di sapienza infinita.

VII.

E si va
a inseguire la gioia
che al fulvo balzo di lepre
si accende
in sentieri di salvie
e di corbezzoli.

E ti guardo
bambino ancora
a rare magie del bosco.

Si sfoglia la terra
e su ruvidi massi
e su esile erba,
in cupi veli spessi.

Mestizia al cuore
che ancora riluce
in alto nel sole.

E traspaiono ali
festante tripudio
d’insetti minuti
che covato il grembo-
profonda terra,
sublimi si levano
oltre il visibile
a sciamare nel mistero
di mutate radici.

VIII.

E si va in radure
smarriti all’incanto
di fiori e sillabe strane.

Topinambur
esotico suono
che a danza ci muove
nel sogno del giallo
cuore di sole sceso
d’oro a chiazzare
l’autunno ridente
intreccio di viola di verde
di spighe ramate,
nel cielo di passo.

Dono tardivo
d’estate matura
ancora viva
in canti-intarsi
di luce e colore
divina armonia e fantasia
al sentire turbato al tempo
rapido scorrere in ali
che ancora ci migrano.

Ma noi beati all’eterno
che in attimi si svela,
già siamo fiori di luce
a sfatare l’autunno
che in pensieri di morte stringe languido.

IX.

E quando
in un soffio mi dici
– il sole
è per uscire dal monte
per magico tramonto –
nel suono delle tue parole
mi fermo a sentirne
ancora tutta l’innocenza e
nei tuoi occhi vedo
l’immensa sfera d’oro
che per me risplende anche nella notte.

E al crepuscolo del colore
ultime rosate nuvole,
fiori di tamerice erranti
nel cielo stupito,
dentro mi suonano come più dolci
note del tuo sorriso
a darmi sereno
quando il silenzio intorno trema.

Ci unisce alfine
il canto muto d’anime
alla ieratica scrittura
sull’altare della sera
ove un Disegno
a noi si svela in graffiti di luce.

X.

Ma quando la casa-sfera
più non ruota nel silenzio
e la tenebra mi chiude
cancelli alla viva luce
la mia anima di colori
non si spegne e muore,
accesa di segreta energia.
E con il tempo
che le pulsa in gola
e il mistero
che sempre preme dentro
inventa splendenti frecce
per l’arco del primo chiarore.

Già dall’arcano profondo
– magma di quieti pastelli
e di roventi
improvvisi bagliori –
risuona un canto interiore
velato ancora d’ombra
dilatato poi
in parole d’amore
al mattinale puro.
Ardore di assonanza
in sé con l’altro.

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