A proposito di
Giochi tremendi
Angela Fabbri
Presentazione letta al Premio Casentino 2006
Per hobby sono un cuoco e quindi mi viene spontaneo definire
Giochi Tremendi come i miei
dadi a brodo. Questi racconti sono infatti dei
concentrati di energia
cervello e sentimento, la cui sostanza ognuno di noi può
diluire nell’acqua
della propria esistenza perché possa raggiungere le parti di noi stessi più
bisognose di cura.
Non c’è una ricetta per il loro utilizzo.
E assaggiare, leggendo, qualcosa di nuovo, è sempre e per
chiunque di noi comunque un rischio.
A maggior ragione è a rischio l’autore, visto che è il primo
lettore della sua opera.
L’ascolta dentro di sé, prima che diventi parola, attraverso
le immagini e le sensazioni che lo portano alla traduzione e tutto questo
mondo creato e dissolto finchè non si ferma, come un uovo ben sbattuto o una
besciamella vellutata, è un lavoro completo della mente e dell’anima.
Poi, quando la parola, le frasi, i discorsi sono usciti sulla
carta, l’autore può fissarli e constatare la cristallizzazione di quello che
intendeva esprimere.
E’ qui il punto importante: sarò riuscito con quelle quattro
parole a dire tutto quello dal quale sono nate? Ecco perché i
Giochi tremendi mi sono particolarmente cari:
perché in ognuno di loro, oltre alla forma definitiva usata e espressa, c’è
tutto un divenire che sia io che voi potremo vivere.
In due parole: sono immortali.
(28 maggio e 4 giugno 2006)
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