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Introduzione a
Semiminime
l'autrice
Propongo "Semiminime" nell'intento di accordare il suono musicale al mùrmure
poetico, che, pur prediligendo, al contrario dello spartito, il silenzio della
solitudine, nelle sue "variazioni" è ispirato a identica armonia, con
parole-accordo e frasi-misura, mirate ad un canto esteso quanto la vita
dell'uomo, soggetta alla severa cesura del tempo.
Il
verso è musica, gli àmbiti espressivi si intrecciano, il fonema diventa nota e,
fra le note, la semiminima si fa richiamo simbolico di "medietà". Mi seduce, in
modo particolare, (ben consapevole di stornare l'univoco valore musicale del
termine), il prefisso greco al vocabolo, che, tradotto con "mezzo", anziché con
"metà", per me assume nello spazio spirituale i suggestivi significati di
"tramite", "procedimento" e, subito dopo, di "centro", di "nucleo" di un
presupposto, per quanto qui minimo, intero. Giungo per tale via ad un rapporto
"semiminimo" con un microcosmo non piccolissimo quanto non grande, ma "medio",
come l'esito umano concesso di fatto ai più: sosteniamo sogni di infinito,
tormenti di perfezione, ideali, aspirazioni, desideri così prepotenti da essere
avvertiti con l'angoscia della necessità, tuttavia dalle nostre dita transitorie
e relative, per quanto appassionate, sovente non esce che "medietà". Ciò
nondimeno, di questa condizione, fonte sicura di serenità, saggiamente e a buon
diritto talora ci appaghiamo.
Gli
scritti qui presentati sono suddivisi per tema o per impostazione formale
tipica, in sette sezioni. Esse raccolgono la produzione che va dalla fine del
1985 ad oggi, fatta eccezione per la seconda parte, che pone ordine ad alcuni
testi nati tra il 1974 e il 1980, per vari motivi esclusi dalla stampa dei
precedenti volumi. Il capitolo appare col suo titolo originario: "Dal confino
dell'io".
In
questa edizione ho voluto dare spazio anche a quei componimenti piuttosto
numerosi, nei confronti dei quali provo ancora qualche ritegno, perché da me
riconosciuti come abbozzi, appunti, facezie o cose di poco conto. Ho deciso
così, dopo lunga esitazione, forse per sincerità, per coerenza, per malintesa
umiltà o ragione più probabile, per un indefinibile sentimento di gratitudine
verso questi "esercizi", che credo mi abbiano permesso, attraverso la genuinità
dell'abbandono, di affondare maggiormente le radici della passione di verità e
di armonia nell'humus ammaliante della coscienza di essere.
Lascio
volentieri al lettore, certo più saggio del suo giullare, le cesoie pietose del
censore.
Formalmente, in modo particolare per quanto riguarda i componimenti più recenti,
ho preferito l'uso della maiuscola e quello degli spazi interlineari alla
punteggiatura tradizionale, perché interpunzioni più dolci, più consone al ritmo
silenzioso della voce interna, che nel grido e nel bisbiglio avverte solo pause
molto fragili.
Amo le
parole come impulsi di vita, colgo il sussurro della storia segnata sul loro
dorso antico, curvo anche nelle più brevi, per la gravida urgenza dei vivi, da
sempre, di "dirsi".
Non
esistono parole vuote nella mia grammatica del cuore, tanto che anche le
congiunzioni e ciascuna lettera dell'alfabeto, in quanto frammenti di un
contesto in cui tutto è inesauribilmente mutevole, sono pregne di valori
espressivi.
Così,
in un mondo che si vorrebbe senza confini, convinta della potenza originale e
irripetibile dei dialetti (per chi li conosca bene), non mi sento di fare del
purismo intollerante nemmeno nei confronti di qualche voce straniera. Da alcune
di esse efficaci o intraducibili mi sono lasciata permeare, anche perché ormai
invalse nell'uso, per merito o per colpa dell'influsso dei "media", talora
demonizzati.
Mi
scuso infine con il lettore se a volte l'esito, che vorrei gratificante, del mio
messaggio, da principio non sarà immediato: taluni echi insoliti mi sono stati
suggeriti dalla necessità di trasformare o di ricreare una realtà troppo
piatta, troppo integrata nella norma. Chiedo di pazientare e di chiudere il
libro, per riaprirlo a distanza di tempo, magari per caso, senza forzato
impegno, lasciando che, quasi distrattamente, le parole scendano nell'ordine,
che non sempre può essere quello della logica costituita, regalando al loro
destinatario ciascuna la propria carica di emozione, di risonanza e di
significato.
5 marzo 1988
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autore |
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