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Introduzione a
Diletta sposa
Stefano Valentini
Il percorso poetico dell'autore toscano – iniziato nel 1988 con Isole e
vele e giunto qui al dodicesimo titolo – rappresenta una delle esperienze
poetiche più radicali e importanti del panorama letterario italiano e questa
breve opera ne raffigura in qualche modo il vertice; non in termini di
complessità, considerato come altre tappe siano state di gran lunga più ardue,
articolate e dense; né d'inventività, poiché le vertiginose allegorie messe in
opera fino ad oggi lasciano ora spazio ad un dettato piano e contenuto, quasi
sussurrato sottovoce. Qui a dominare la scena è la purezza della semplicità:
una semplicità che si incarna nel "tu" rivolto alla compagna del proprio
cammino terreno, nella riconosciuta condivisione d'un dialogo e d'un destino
con un'altra persona e un'altra anima, con uno sfondo di tenerezza (scevra
comunque d'ogni sentimentalismo) che neppure nel libro per la Madre – Pavana
per una madre defunta, uno dei primi e più drammatici di Scarselli – appariva
tanto scoperta e disarmata, tanto perfettamente umana. Altezza tematica e
colloquialità discorsiva si coniugano perfettamente in queste diciassette
memorabili poesie, dove il distacco dalla terra e il cammino verso la verità
ultima è anticipato con parole in cui sono trasfuse considerazioni che
uniscono biologia, filosofia, teologia, e dove la vita corporale rappresenta
sì solo un involucro rispetto al destino ultimo, ma un involucro comunque
degno di celebrazione. E appunto questo si celebra nel poemetto, il distacco
di un'anima e un intelletto (importanti entrambi i termini, mai disgiunti
nell'opera dell'Autore) protesi verso la Luce che li attende ma anche volti
indietro, non per nostalgia o indugio ma per conscia gratitudine. Tu che sei
la mia Sposa diletta | e m'hai guidato con amore e saggezza | fra le luci e le
tenebre del mondo...: quasi una Beatrice terrena, anziché ultraterrena, per il
Poeta che con riconoscenza può dire d'essere stato grazie a lei tanto felice
ed essere ormai sazio di conoscenza e d'amore. E proprio intensissime liriche
d'amore (semplicemente straordinaria la terza, ma anche la settima, la decima,
la tredicesima) s'intercalano ad altre più ragionative dove prevale invece la
necessità e l'urgenza del commiato e dell'oblio, non certo per disamore ma per
la grandezza della meta che si annuncia al di là della Soglia: ...la Luce
lontana | ma vera, che alla fine del Tunnel | si spalanca in quel mare di pace
| su cui splende senza più accecare | la Luce materna di Dio. Il viaggio verso
il grembo iniziale si conclude così nell'assoluta quiete e nell'altrettanto
assoluta vertigine che quasi ricorda il culmine dell'avventura dantesca: un
paragone forse irriverente, se si guarda quanto quest'opera di Scarselli sia
minuta, ma non improprio, se si considera invece lo sfolgorio del suo
significato.
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