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Prefazione a Trionfo delle anime artificiali
Sandro Gros-Pietro
Nessuno oggi oserebbe più parlare di anacronismo
o inattualità nei confronti della poesia di Veniero Scarselli.
A lui si riconosce il merito di essere stato tra i primi
e più convinti avversari dell'egocità in poesia e dell'abbandono dell'autobiografismo
poetico in chiave di rivelazione del mondo. A lui si riconosce di essere
stato un antesignano del ritorno al poema cioè alla trattazione
poetica di vaste tematiche, articolate in una serie
di problemi tra loro correlati, aventi sempre portata antropologica,
filosofica, religiosa, civile e politica. Scarselli ha lavorato molto intorno
alla definizione della figura del poeta come coscienza libera dell'uomo
definito creatura consapevole e autoreferente del mondo. Per Scarselli è
poeta colui che meglio e con più lungimiranza ha riflettuto sul tema di
acquisire consapevolezza e autoreferenzialità del proprio ragionamento. La
solitudine del poeta. in Scarselli. è accettazione
profonda. fino a bere l'intero velenoso bicchiere. della
solitudine dell'uomo nell'universo. che coincide con il
mito e la dannazione di Narciso: l'uomo non pii vedere che l'immagine
di sé stesso riflessa nelle acque e
non può fare a meno i1i innamorarsene o perire, più sovente
accadono entrambe le cose insieme. Ciò non
esclude,
si badi bene, la possibilità di avere una fede religiosa. La fede è la fuga
dal mondo, perché è il superamento del mondo; la fede è la concezione
dell'extra-mondo, del tutto conciliabile con le teorie che riguardano il
mondo sensibile. Qualcosa di simile alla fede è la concezione presso gli
astrofisici della "Materia Oscura", cioè quel qual cosa che secondo la fisica
tradizionale "dovrebbe per forza esistere" per giustificare la fattura del
mondo così come si presenta, ma che non si riesce a capire dove sia e cosa
sia. Similmente, l'uomo di fede pensa che Dio debba esistere per giustificare
il Creato, anche se non si riesce a trovarne traccia. L'autoreferenzialità è,
dunque, conciliabile con la fede in Dio, quasi come I'astrofisico riesce a
conciliare la fisica tradizionale con la concezione della Materia Oscura, che,
in realtà, è condizione invalidante della fisica tradizionale. Ma al fine di
non perdersi in sofismi, va detto che Veniero Scarselli applica e
rivendica sempre la priorità del pensiero poetico rispetto a ogni altra forma
cogente o costrittiva della realtà espressa dalle leggi della logica e della
consequenzialità. In Scarselli la forza del ragionamento del poeta è sempre e
soltanto quella che si sviluppa nella bellezza, potremmo anche dire nell'eros,
nel significato etimologico di vicenda d'amore e di attrazione e di contrasto
innescata dal pensiero. Il poeta tratta temi antropologici, filosofici,
religiosi, civili e politici, come si è detto, ma non usa la ragione
cartesiana per misurare il mondo e per descriverlo.
Userà. invece, l'analogia. l'invenzione creativa, il sogno, la metafora, la
deformazione del reale, l'ironia, l'invettiva: provatevi voi a vedere quanti
colori Scarselli coordina sulla tavolozza e mescola insieme per trattare, con
piena consistenza e dignità poetica, i suoi terni preferiti di antropologia,
filosofia e altri corollari.
La tesi di questo magnifico
trionfo
scarselliano, che non a caso
riecheggia nell'enfasi lessicale i celeberrimi e plurali trionfi di Petrarca,
consiste niente meno nella concezione di un correttivo sostanziale all'errore
originario della creazione. Ovviamente, per un poeta serio non esiste la
possibilità estetica di credere ad alcun peccato originale: appare anche poco
proponibile la favola del maligno Lucifero e del benevolo Gabriele.
quest'ultimo assistito dai colleghi metafisici Michele e Raffaele, come un
primario lo sarebbe dai dottori di reparto. Ha invece senso, secondo
Scarselli, rifarsi alle splendide spiegazioni, per metà scientifiche e per
metà fantascientifiche, elaborate dalla mente geniale e fertile di Fred
Hoyle, astrofisico e romanziere di grande spessore. da poco deceduto, ideatore
tra l'altro dell'espressione
Big Bang per indicare l'esplosione iniziale dell'universo, anche se lo
ideò in senso critico e canzonatorio, ma il termine ebbe poi fortuna al di là
delle aspettative del suo inventore. Nel big bang c'è stato un errore di
concezione iniziale, consistente nel
l'entropia,
ci spiega Scarselli, sulla scia di Hoyle. L'errore
consiste nel fatto che questa meravigliosa materia
per palesarsi nel creato e per divenire
cosa reale ha nutrito dentro di sé il tarlo destabilizzante della
precarietà e del deperimento. Ma l'universo, dice Hoyle, deve
essere stazionario, non può essere in decadenza. La materia, invece, è
in continua dispersione di sé e in progressivo disfacimento, per cui
l'universo collassa, affonda poco per volta risucchiato ineludibilmente dentro
i buchi neri e scompare. Per usare una metafora, è come se un magnifico
cacciatore fosse finito preda di uno stagno di sabbie mobili e colà iniziasse
a sprofondare. Spettacolo superbo e tragico da vedere, ma destinato a
concludersi nel peggiore dei modi con la
morte del cacciatore. A meno che, quest'ultimo, non inventi un
escamotage capace di trarlo fuori da un simile impiccio. Ed è proprio quanto
fa il barone di Miinchhausen che, finito
nelle sabbie mobili, non si dà per vinto, ma si prende per i capelli e
si tira fuori da solo. Similmente, Veniero Scarselli, verificata la prigione
di dolore e di trionfo del male in cui l'uomo è caduto per via del difetto
iniziale del programma di creazione che contiene l'entropia, immagina che
altro non possa fare che tirarsene fuori inventando una generazione di robot
con l'anima, capaci di accendersi alla perfezione dell'amore e della bellezza
senza mai dovere disperdere la forza iniziale del loro programma, capaci di
ricrearsi indefinitamente, e dunque capaci di
testimoniare in modo eterno e indefinito l'inenarrabile bellezza della
creazione e l'insostenibile lucentezza del vero amore. Dunque, un
ragionamento iperbolico. Un ragionamento analogico, privo di rispetto della
logica, perché secondo logica ciò che è imperfetto non può dare origine a ciò
che è perfetto, così come un vaso più piccolo non può contenere al suo interno
uno più grande. Ma un ragionamento splendidamente
poetico che è superba rappresentazione metaforica dell'aspirazione
all'eternità che da sempre orienta l'anima profonda di tutti gli uomini. Scarselli è un affabulatore, direbbe Pasolini: cioè il suo valore si afferma
nel sapere raccontare fiabe meravigliose, che fanno riflettere per l'insieme
degli episodi con cui sono costruite, affascinano per i processi di
concatenazione e di incastro di una cosa con le altre, incantano per i singoli
fatti, per le riflessioni e per i giudizi del poeta sugli episodi particolari.
Sono storie che valgono anche per
l'ambientazione e per la cornice complessiva in cui sono collocate, ma
in esse sfuma, invece, il valore sillogistico e conclusivo della morale.
In fondo, il fascino più grande di questo trionfo scarselliano
non sta nel fatto che l'eternità possa essere un'invenzione
cibernetica brevettata dall'uomo, il quale, a sentire la Bibbia, ha ricevuto
da Dio l'incarico di perfezionare e di concludere la creazione del mondo e,
di conseguenza, ci potrebbe anche stare, nell'iperbole
della
fede, la concezione di un eterno che abbia imprinting umana. che ossia abbia
l'origine nell'ideazione fatta da una creatura precaria e imperfetta, la
quale però venne demandata a suo tempo da Dio a compiere l'opera. Tuttavia, la
parte più sonora del trionfo di Scarselli non sta nella trovata autosalvifica
alla Miinchhausen. per la quale l'uomo si costruisce da sé l'eternità senza
attenderla in dono da Dio. Il trionfo della scrittura di Scarselli sta invece,
nella capacità scarnificante, cipigliosa, invettiva di raccontare
icasticamente ogni cosa, con straordinaria pienezza ed efficacia. Tutto il
poema è un esempio valido di questo meraviglioso estro di narrazione poetica
ed epica, ma poiché occorre sempre fare degli esempi, si vedano allora i
versi dedicati all'ossessione della morte, cui nessun essere umano può
sfuggire:
[...1
si può essere
anche malamente
ammazzati da qualche energumeno,
a
meno che a qualcuno specialmente
caro a Dio
venga dato il privilegio
di lasciare questa valle di lacrime
nel proprio letto spegnendosi pian
piano
come un cero. ma dopo avere almeno
subìto qualche lieve disturbo
di cuore. stitichezza. appendicite,
oppure una
gran colica di fegato.
Altri invece più furbi preferiscono
ammazzare, più
che essere ammazzati,
la qual cosa accade sempre purtroppo
per mano di vilissimi
assassini
a tradimento,
senza darci il tempo
nemmeno di offrire alla spada
l'onor del petto
ignudo e di affidare
con una prece l'anima a Dio.
Altre
volte, trionfa l'espressione cruda di un'ironia graffiante con cui il poeta
aggredisce le manifestazioni più fantastiche della fede nei dogmi:
[...]
Scordiamoci dunque la favola
della
Resurrezione della Carne,
scordiamoci l'idea consolatoria
di stare alla fine dei secoli
tutti insieme intorno a un bel Vecchione
assiso in trono,
ognuno col suo corpo
bello o brutto ma di carne ed ossa
e con l'lo individuale
che gli spetta
fin da quando poverino è nato
Vi sono
momenti di dolcissima epica della natura, con una concezione geoepica della
poesia. che accomuna la natura e l'uomo come protagonisti di una stessa
vicenda, per cui i fiumi hanno nostalgia della sorgente come gli emigranti
del loro paese d'origine:
[...]
anche i fiumi. che sempre
sono scesi fatalmente a valle
disperdendo le loro molecole
in un mare
infinito di acqua,
non possono certo risalire
fino alle sorgenti natie
pur sentendone struggente nostalgia
Ma
l'invenzione più bella è il ritorno del sogno dell'età dell'oro, del giardino
edenico, ricostruito con l'aiuto della scienza:
[...]
Ogni sforzo scientifico
dovrà tendere
dunque ad inventare
ardite ed efficaci procedure
adatte a generare vero amore
ed eterna armonia
fra tutti gli uomini,
così chi fosse talmente fortunato
da campare fino al
quarto millennio
potrebbe forse assistere entusiasta
all'invenzione dell'Homo
Amorosus,
una specie resa
onnipotente
quasi come Dio grazie alle audaci
e profonde manipolazioni genetiche
su quel
vecchio ed inetto scimmione
detto abusivamente Homo
Sapiens.
E grazie alle successive invenzioni di una perfetta anima cibernetica, il
poeta riuscirà a rifare il viaggio dantesco e a vedere con i suoi occhi
l'universo accendersi nella luce dell'infinito amore, come canta il
Fiorentino nel Canto XXXIII del
Paradiso,
che Scarselli
apertamente cita:
[...]
e forse
proprio là
potrebbe
addirittura contemplare
come aquila la luce accecante
di Dio, quella Luce
che nessuno
degli infelici animali terrestri
era mai riuscito a fissare
senza morire: sarà la prima anima
veramente
indistruttibile e immortale
destinata finalmente a possedere
legato con amore
in un volume
ciò che per
l'universo si squaderna.
La
grandezza di Veniero Scarselli sta nell'avere restituito alla poesia il fascino
intero del sogno compiuto ad occhi aperti. come accadeva nei poemi antichi da
cui tutti deriviamo, nei quali
si
descrive con
minuziosa verosimiglianza l'abbaglio accecante di dovere e di potere essere
diversi da ciò che
si
è, e si
innalzano gli animi alla vertigine di un pensiero alato che
ci
insegna
quanto sorprendente e affascinante sia la capacità di creazione immaginativa che
possiede l'uomo. E, infine, chi mai può dire che la realtà si esaurisca
totalmente nel reale?
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