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Non c'è, penso, migliore occasione per mettere a berlina
il carro di Tespi
della poesia e questa situazione viene provocata da Liliana Ugolini col suo
Spettacolo e Palcoscenico. Che in cielo e in terra non ha proporzioni e non
potremo dirle che nonostante lei lo creda non c'è da credere se non nel sogno
che lo tiene in vita. Altro che poesia. Un vuoto dentro al freddo delle voci tra
i versi. Così sarei stato. La poesia. Il libro. Il gioco serio. La prova
generale che non piacque alla politica. Tra i nasi non sempre è facile adoperare
quello giusto. Lei convinta prova in un altro modo. Comprendendo le forze che
dentro più dentro di lei operavano secondo la naturale predisposizione. Sentii
che quella bambola assorta nei lacci della poesia già strillava la sua parte di
scena in scena. Per alchimia si mostra, viaggia, si sposta di atto in atto
consuma il cambiamento tra vita e palco. Scatto in metafore di fuga. Sbeccuzzate
come le nostre penne a macchie. Ma anche senza le religioni certa di essere
credente, certa, anche quando ti sparisco, di cosa vedi, fino a dove vedi.
Colori e immagini in divenire. Sta qui il difficile corso. L'intrigante scommessa che sempre viene vinta dalla sfolgorante
fatina del dire e del silenzio che è l'altra sua voce. Oltre i rettangoli lisi dei fogli dove
si rafforzano le lingue anche se i caratteri sembrano sbiadite forme. Per
ricordare la grande via diritta, fuor di qui, che solo certe parole sanno
imboccare.
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