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R. È un ricordo dell’infanzia che ci accomuna. La Signorina Mac Arpiarian veniva da una grande famiglia di Costantinopoli ed era emigrata a seguito del genocidio nel quale era scomparsa tutta la sua famiglia. Aveva un solo nipote che viveva in Francia, un nipote importante, alto funzionario di qualche cosa, che non veniva mai a trovarla e questo era il suo più grande cruccio. Ogni tanto diceva che il nipote sarebbe venuto, ma poi non veniva e non si faceva più vivo.
R. Mi ricordo che si andava ogni tanto a trovarla. Era una persona dolcissima e mi ha insegnato il francese insegnandomi anche a bere il caffè contemporaneamente. Quando, infatti, mio padre mi accompagnava, avevo allora cinque o sei anni, la signorina Arpiarian aspettava che se ne fosse andato per offrirmi il caffè e poi per leggermi attraverso i fondi il futuro, insegnandomi molte paroline in francese.
R. Io sono molto felice che in questo momento storico, forse il libro è uscito al momento giusto, vi sia da parte dei turchi la scoperta e la ricerca della loro parte armena, perché un quarto di loro ha sangue armeno. Centinaia e migliaia di ragazze sono state portate via dalle carovane e inserite nelle famiglie turche. C’è una scrittrice in Turchia, Fetiyé Cetin, avvocatessa, una donna affermata, la quale ha scoperto che sua nonna era armena ed ha scritto un libro intitolato Mia nonna Eranuch. Questo libro è una bomba, perché è la prima volta che un turco ammette d’avere sangue armeno e cerca di scoprire questa civiltà. Inoltre recentemente, uno tra i più famosi scrittori turchi, a livello internazionale, Orhan Pamuk ha dichiarato in un’intervista a un giornale svizzero: “I turchi hanno ucciso un milione di armeni e trentamila curdi”. Questa coraggiosa dichiarazione ha suscitato non poco scalpore ed un acceso dibattito in patria. Io ho un po’ anticipato quello che stava per accadere nella società turca, anche se la posizione ufficiale del governo permane negazionista. È un fermento, quello che scuote la Turchia, positivo di riconciliazione e di conoscenza. Descrivere l’eccidio era per me come ricomporre una ferita, come se qualcuno o qualcosa mi dettasse una storia che andava raccontata per rendere onore ai morti, ma anche per dire una verità e ricordare anche quelli, tra i turchi, che non si sono voltati dall’altra parte e che hanno dato, nel loro piccolo, un aiuto. Nel mio libro c’è questa figura di Nazim, che alcuni critici hanno trovato estremamente significativa, in quanto è una figura in evoluzione: all’inizio Nazim è un traditore, ma alla fine diventa colui attraverso il quale avviene la salvezza. La memoria va vista come fonte di giustizia e di conoscenza. Continuare a negare l’eccidio mette in ansia gli armeni e quelli di discendenza armena e ferendo la verità storica permette che si possano perpetuare altri massacri. Di recente, anche se come ho sottolineato, la posizione ufficiale della Turchia è sempre negazionista, il Bundestag della Germania, in cui vive una forte minoranza turca, e che non si era mai pronunciato prima, per prudenza, in ordine all’eccidio, ha invece ufficialmente riconosciuto il genocidio armeno e in tal senso si sta schierando anche la comunità turca, che vuol conoscere finalmente la verità sui fatti accaduti.
R. Io sono sempre più convinta che uomini e donne hanno due strutture mentali niente affatto uguali, e che entrambi hanno da scoprire, cancellando anche le superfetazioni e le cattive abitudini, la loro parte più intima. Oggi giorno gli uomini stanno scoprendo sempre di più la loro identità maschile, che non ha bisogno per esistere di sopraffazione nei confronti del mondo femminile. Le donne sono così libere di affermare la loro identità femminile senza ridicole esagerazioni. Le lotte femminili, ormai, quantunque siano state sacrosante e quantunque vi siano ancora delle sacche di resistenza maschili, soprattutto nell’ambito delle alte cariche, ritengo siano ormai da lasciare alle spalle. La donna, comunque, ha rispetto all’uomo un’enorme capacità ricettiva e una grande capacità di occuparsi contemporaneamente di più cose, come del resto risulta sul piano della filosofia teoretica da attenti studi scientifici, condotti, tra l’altro, dalla mia amica, la professoressa americana Siobhan Nash-Marshall. È da riconoscere, invece, al mondo maschile, fino ad oggi, una maggior capacità d’astrazione, a tutt’oggi grandi matematici sono stati soltanto degli uomini. Ciò non toglie che in futuro anche le donne, con una preparazione sempre più specifica e approfondita, possano raggiungere anche sul piano matematico posizioni paritetiche a quelle maschili.
R. La donna armena aveva una grande autonomia che si esercitava in un’alta scolarizzazione. Da studi effettuati nelle Università americane risulta che nell’Anatolia del 1915 tutte le donne erano alfabetizzate, in Italia certamente all’epoca non era riscontrabile un situazione paragonabile. Le ragazze sapevano tutte leggere, spesso si iscrivevano alle scuole superiori e seguivano corsi di specializzazione in computisteria o in alto artigianato. Tutto ciò sta sempre di più venendo alla luce, in quanto in California, dove vive mezzo milione di armeni, vi sono alcune importanti cattedre di cultura e di lingua armena, nelle quali attualmente si svolgono delle ricerche sulle singole città della patria perduta. Tutti coloro che provengono da queste città portano la loro testimonianza. È emerso, ad esempio, che nella piccola città di Kharpert c’erano moltissime scuole di tutti i tipi e numerosi collegi. La cultura in tutta l’Armenia era sentita e vissuta come mezzo di emancipazione e liberazione anche per le donne.
R. Certo! All’epoca dell’eccidio a Costantinopoli vi erano delle giornaliste, ma è ancora tutto un campo da studiare. Tuttavia sullo scorcio dell’Ottocento e i primi del Novecento sempre a Costantinopoli vi era un fiorente gruppo di scrittrici, giornaliste, poetesse di cui si sono perse le tracce.
R. L’Armenia d’oggi non è quella storica, ma quella che stava sotto gli zar, che non ha subito il genocidio, ma siccome lì si sono rifugiati migliaia di armeni scappati all’eccidio, è una società mista. Sono stata due volte nell’attuale Armenia: nel 1999 e quest’anno una settimana, a cavallo tra maggio e giugno, ed ho trovato veramente grandi progressi. Moltissimi sono i turisti che vi accorrono per la bellezza strepitosa del luoghi ed il clima delizioso, caldo di giorno e fresco la sera, naturalmente d’estate, d’inverno la temperatura raggiunge i 30 gradi sotto lo zero. C’è ovunque una aria di miglioramento, moltissimi i nuovi cantieri, a Erevan, la capitale, ci sono dei nuovissimi alberghi. L’agricoltura è primitiva, ma ricca, buonissima la frutta e la verdura. Si avverte ovunque una chiara volontà di ripresa, ed un rinato movimento di coscienza nazionale. Certamente c’è ancora il peso della chiusura della frontiera con la Turchia, ed è per questo motivo che taluni sarebbero favorevoli all’entrata della Turchia in Europa, ma permane sempre il problema del riconoscimento. Agli armeni basterebbe che la Turchia ammettesse l’evidenza dei fatti storici, ossia l’eccidio, perpetrato dalla classe politica dirigente dell’epoca, anche senza una dichiarazione formale di scuse. |
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