Marina Bisogno intervista a Monica Florio
Marina Bisogno blog
Scrivere e occuparsi di cultura a Napoli. È la vita, spesso
di corsa, di Monica Florio, giornalista ed autrice di diversi
libri, tra cui l’ultimo “Il canto stonato della sirena” (il mondo di Suk
libri). La Florio è alle prese con la promozione del suo libro, e nonostante
gli impegni, è in prima linea nell’organizzazione di eventi letterari in giro
per il capoluogo partenopeo. L’ho raggiunta via e-mail e le ho fatto un’intervista.
Ci sono scrittori che scappano dai loro luoghi, altri che li
raccontano da maestri. La sua scrittura che relazione vive con Napoli?
Napoli è la città in cui sono sempre vissuta e a cui sono legata
maggiormente. Tuttavia, non è mai protagonista delle mie storie, costituisce
piuttosto lo sfondo per ambientarvi fatti di emarginazione. Ecco perché nel
“Canto stonato della Sirena” domina una Napoli umile e non
appariscente, di passaggio ma non di shopping, lontana anni luce da quella “in”
dei quartieri residenziali.
Oltre a scrivere, si occupa di giornalismo culturale. Esiste la
convinzione che le relazioni che contano in quel settore possano intrecciarsi da
Roma in su. Che ne pensa?
Al Sud c’è molta creatività e nascono di continuo case editrici, ma spesso
uno scrittore deve diventare il manager di se stesso. Al Nord, a mio avviso, gli
editori sono più professionali ed organizzati. I piccoli editori del Sud hanno
poi problemi di distribuzione e capita spesso che nelle librerie i loro prodotti
non arrivino neppure.
“Il canto stonato della sirena”: i canti sono denunce, sguardi che
centrano sagome che di solito evitiamo. Ci racconta la genesi del libro?
Il mio libro è nato da una sfida: raccontare le realtà discriminate –
disadattamento, handicap e omosessualità – senza rinunciare al sorriso e
all’ironia. Protagonisti sono, infatti, individui emarginati che soffrono e
lottano per realizzare i propri sogni. Il realismo si accompagna sempre alla
speranza: i miei personaggi si ribellano al ruolo di vittime per affermare la
loro dignità e riscattarsi. Anche nei racconti più leggeri mi sono divertita a
prender in giro la “gente perbene”, estremamente intollerante verso chi è se
stesso, ma abbastanza ipocrita da non rinunciare – con discrezione, si intende –
alla trasgressione.
Comunicazione e narrativa: come si destreggia tra velocità
dell’informazione, dettata dai social network, ed i tempi silenziosi della
scrittura?
Sono una giornalista e da anni opero nell’ambiente culturale. Lavoro per case
editrici e faccio da personal manager agli scrittori. La velocità, quindi, fa
parte del mio lavoro come l’abitudine alla sintesi. Quando scrivo una storia,
invece, i miei tempi sono decisamente più lunghi, forse perché le realtà che mi
ispirano non sono proprio facili da raccontare.
Cambiamo prospettiva: tre scrittori, di cui uno di Napoli, che
consiglierebbe…
Premetto che leggo (e recensisco) soprattutto narrativa straniera e di genere
il che mi spinge a trascurare gli scrittori italiani, che considero un po’
manieristi e troppo concentrati sullo stile. Una scrittrice da noi poco nota ma
di grande talento è, a mio avviso,
Natsuo Kirino, pubblicata in Italia da Neri Pozza. I suoi romanzi (“Real
world” è il mio preferito) ritraggono la società giapponese odierna
contestandola. Formidabile è poi
David Nicholls, abilissimo a rappresentare la società inglese e a mescolare
generi come il dramma e la commedia. Tra gli scrittori napoletani cito
volentieri Giovanna Mozzillo che tra l’altro ha firmato la
prefazione del mio ultimo lavoro. La Mozzillo ha scritto un romanzo molto
coraggioso, “Vita come un gioco” (Avagliano Editore), un inno all’amore e alla tolleranza
che ovviamente consiglio a tutti.
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