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Intervista a Maria Luisa Daniele Toffanin:
Scrivere poesie dà pace e serenità

Il filorosso, nr. 53

Trasmettere poesia con la poesia significa vivere la poesia, coniugare le emozioni raccolte con lo sguardo e con il cuore avvalendosi di un concerto di note che profumano di freschezza, d’amore. Ed è questo che si respira nella poesia di Maria Luisa Daniele Toffanin, una poetessa dal calco espressivo ben consolidato e dalla personalità spiccata, solare. I suoi “pensieri nomadi” (è questo il titolo che Silvana Serafin ha scelto per la monografia che focalizza appieno il percorso poetico della poetessa di Selvazzano) offrono, pertanto, un gioco ritmico di luci e di altrettante incursioni nell’io, nell’ambiente a lei più prossimo, negli affetti, in quella ricca porzione d’azzurro che, a colloquio con se stessa, forgia riflessi policromi, trasparenti, accordi di voci, melodie raccolte anche “nel cavo di una nota sola”… Silvana Serafin scrive, con attenta e fondante meticolosità, che ella “assorbe la forza delle origini per trasmettere sensazioni assopite, per aprire gli occhi semichiusi dall’indifferenza, per riflettere sui valori della vita e per rivendicare il diritto alla libertà interiore estesa a tutti, uomini e donne”. Di certo la poesia di Maria Luisa Daniele Toffanin ha il dono della visibilità, dell’ascolto, dell’incanto, dell’essenza variopinta che assai bene si accorda con la vita vera e partecipata, “fatta di palpitante presenza, di accordi nuovi, pieni di colore e di luce”, come ha acutamente evidenziato Mario Richter.Nel suo carnet, ormai ricco e pregnante sotto ogni punto di vista, figurano le sillogi Dell’azzurro ed altro, A Tindari da un magico profondo, Per colli e cieli insieme mia euganea terra, Dell’amicizia-my red hair, Iter ligure, Fragmenta, E ci sono angeli, Da traghetto a traghetto per non morire, e quindi non pochi riconoscimenti ottenuti in concorsi come il “Premio Sorrentinum”, il “Premio Venafro” e in diverse edizioni del “Premio Letterario Il Portone”.

Silvana Serafin concludendo la monografia su Maria Luisa Daniele Toffanin ha scritto, tra l’altro, che la sua è “una poesia intesa anche come iniziazione rituale, energia mentale, esperienza limite, confronto con il dolore, con l’amore che riscatta l’anima dalla sofferenza permettendo di affrontare le amarezze del vivere”.

Da parte nostra ci piace aggiungere che la veste elegante dei suoi versi, la fiaccola rasserenante, che è riuscita ad accendere con la sua poesia e la filigrana d’oro che contiene il suo pensiero non possono e non potranno non lasciare il segno nel panorama della letteratura contemporanea targata Italia.

Ha un fascino del tutto particolare la sua terra euganea, visto che ha scritto che “questi colli di casa mia …/sono energia/di essenze e di colori / che esplode sempre nuova / ai sensi desti/ a sorgive d’armonia” ?

Amo i miei Colli Euganei per i loro profili, per i coltivi ondeggianti di vigneti e frutteti, per il rimbalzo infinito di dune ammantate di verde anche d’inverno. E variegate, nel procedere delle stagioni, da tinte più delicate, più accese, dorate ramate nel morire delle foglie Questa fusione de vitalità cromatica, profumi mediterranei, forme eleganti manifesta l’armonia divina del creato e diffonde benessere all’anima e al corpo quando li frequento e li abito cogliendo attimi d’eterno nei riti della natura e segni d’arcana memoria nella loro storia di terra vulcanica e in quella di uomini che, già dalla preistoria, li hanno attraversati. E incontro anche l’eternità dell’arte in ville prestigiose, come quella del Foscolo, la spiritualità in capitelli, nella grande Abbazia benedettina di Praglia, sui camminamenti culturali che hanno congiunto l’Arquà del Petrarca, la Torreglia cittadella del ‘700, la Selvazzano del Cesarotti, l’Abbazia di Praglia all’Università di Padova e più tardi alla Vicenza del Fogazzaro ed altro. Un’atmosfera quindi unica. Questi colli sono proprio i luoghi della mia anima, sono i coli de casa mia che realmente creano lo sfondo paesaggistico a Selvazzano, dove risiedo. Sono i colli della mia vita frequentati in varie età con suggestioni diverse, ma sempre con grande apporto di energia e di armonia anche per i messaggi che, nel passare del tempo, l’anima maturata dagli eventi, sa ogni volta cogliere nella verità, nell’innocenza e nella forza d’amore rigeneratrice che stringe il creato in particolari congiunzioni di Luce.

Lei ha scritto un efficace “omaggio ad Andrea Zanotto”. Ci può dire se l’amicizia che l’ha legata al poeta trevigiano ha avuto un peso sulla formazione poetica e sul modo di avvicinarsi alla poesia e di vivere la poesia?

Padre Espedito D’Agostini dei Servi di Maria si rivolge con il tu ad Andrea Zanzotto, dopo la sua morte: “Continua ad insegnarci l’arte di essere amici, a richiamare la necessità di avere cura della terra, a sostare dentro la storia con il coraggio di essere fedeli e la franchezza nel discernere il bello e il brutto, il giusto e l’ingiusto, l’umano e il disumano”. Ecco in queste parole, da me pienamente condivise, ritrovo sinteticamente espresso il cammino umano-poetico del Poeta, coerente sempre a se stesso in una ricerca inesausta della verità come lo avevo già apprezzato attraverso le poesie in assonanza col suo stile di vita, confermato poi nella nostra amicizia leggera. Devo riconoscere, con molta umiltà, che in questi suoi valori-messaggi poetici, in questa devozione alla vita-poesia mi sento molto vicina a lui. Certo che la sua presenza ha avvalorato la mia scrittura : i suoi brevi assensi “c’è del buono” alle mie diverse sillogi, la sua postfazione ai miei Colli, mi hanno rassicurato sul cammino poetico intrapreso con un linguaggio personale-magma del mio vissuto familiare, culturale ed altro, tanto che il Poeta affermava “la riconoscerei tra mille”. In particolare le sue espressioni, dalla postfazione, “ma ciò che conta è però questa urgenza di laus vitae … lasciando un forte spazio… anche a una intensità etica oltre che estetica” mia hanno partecipato pubblicamente il suo consenso al mio sentire e dire. E queste sono esperienze indicibili. Mi avvicino quindi alla poesia come ad uno scrigno sacro in cui deporre i fermenti dell’anima, come riconferma, agli altri come comunione di valori fondanti per l’esistenza, in una tensione alla speranza, alla salvezza attraverso il bello.

Com’è cambiata Maria Luisa Daniele Toffanin dall’uscita della sua prima silloge Dell’azzurro ed altro all’ultimissima sua fatica poetica Da traghetto a traghetto per non morire?

Effettivamente sono cambiata. La prima silloge è venuta alla luce per un impegno contratto con mia madre e zia Pina, due figure portanti nella mia formazione, prima della loro morte: mi chiedevano di pubblicare le poesie da loro lette e tenute in grande considerazione. Probabilmente senza questo non avrei mai osato tanto. Le altre raccolte poetiche, nate sempre per un impegno o con la mia terra o con luoghi dell’anima o con l’amica collega improvvisamente scomparsa o con i bambini del dolore e della gioia, sono state editate per una mia urgenza di comunicare, di condividere con gli altri emozioni-riflessioni. E’ sorto di conseguenza il problema delle presentazioni non sempre facili da organizzare. Vivo così in un disordine continuo tra questi incontri, tra libri miei e altri da recensire, sempre in uno stato di perenne omissione nei confronti delle attese altrui o verso le mie stesse sillogi inedite da sistemare. Una vita però intensa: si sono allargate le pareti della mia casa in nuovi rapporti umani e lo spirito si è aperto verso altri orizzonti. In realtà trovo pace e serenità solo quando scrivo le mie poesie, magari seduta su un prato dei colli o in riva la mare.

Cosa le ha dato o le dà più visibilità: la pubblicazione di un libro o il conseguimento di un premio letterario?

Entrambi mi hanno dato e mi danno visibilità. Però mi offrono grande soddisfazione le presentazioni dei miei libri per trasmetter valori comuni, confrontarmi con gli altri, anche con bambini, ragazzi nelle scuole, e per suscitare interesse per la poesia meno gettonata dei racconti e dei romanzi. Ricordo, per i luoghi prestigiosi, quelle alla Sala Rossini del Caffè Pedrocchi di Padova, al palazzo Montanari di Vicenza, ala castello di Riomaggiore nelle Cinque Terre e in diversi palazzi Medicei a Firenze. Certo sono stati molto importanti anche i premi conseguiti in tutta Italia:mi hanno donato gioia e insieme l’occasione di conoscere molte persone, stringere alcune amicizie sincere e durature. Ora partecipo molto meno perché in quell’ambito è tutto mutato.

In quale rapporto è con la fede e quale ruolo potrà avere la fede nella società attuale ?

Cattolica di formazione continuo a seguire il messaggio evangelico per mia libera scelta: ammiro la figura di Gesù, il grande rivoluzionario dell’amore, perché ha insegnato per primo il rispetto per la persona umana nella sua dignità, sempre, e ripropone al mondo d’oggi progetti d’amore e speranza da realizzare con coerenza in parole e gesti quotidiani. La vita stessa ogni giorno è un atto di fede anche laica, ma la confidenza con il divino, ti dà sostegno conforto, serenità pure nel dolore e attese per l’oltre. Questa tensione mi abita e mi dà un senso di vigore anche se ripropone dubbi propri di ogni uomo di fronte al mistero da accettare. Ma il dubbio fa crescere interiormente e ti spinge a una ricerca continua. Leggo da “Cercando Gesù” di Paglia e Scaglia : “Gli occhi della fede allargano quelli della ragione “ in spiragli inattesi sull’oggi e sul dopo. Mi auguro che in questo smarrimento globale socio-economico-politico-religioso e culturale con una caduta di valori che si ripercuote sulla famiglia, di conseguenza sui bambini e giovani, si ritrovi un senso antico del divino come risposta al vuoto esistenziale, come argine per non naufragare. La parola del Vangelo potrebbe promuovere un uomo rinnovato dall’energia dell’amore in un rapporto mutato con persone e cose, privo d’egoismo ed interessi individuali. Una coscienza quindi ripristinata anche nell’impegno collettivo realizzato con un’etica nuova nei confronti del pubblico e del privato. E questo in una sinergia di volontà buone che deve coinvolgere anche la Chiesa per operare insieme nel bene comune.

Qual è, a suo avviso, il reale senso dell’esistere e in tale contesto la donna quale impulso può dare sotto tutti i punti di vista?

Penso che il senso dell’esistere consista proprio nella ricerca di tale senso e di risposte quindi al mistero della vita. Ora se uno lo trova nel messaggio d’amore del proprio Dio, dovrà realizzarlo nelle opere e nei giorni vissuti alla luce di tale comandamento che potrebbe in realtà essere valido come valore universale per qualsiasi uomo. In tale contesto proprio la donna, portatrice di vita e custode di memorie, ricca di disponibilità e dotata di grande intuizione, inserita nella famiglia, nel mondo del lavoro e nel sociale può aiutare a riscoprire con la sua passione i principi smarriti riproponendo l’attenzione alla vita come dono, al senso del sacrificio, della rinuncia, della provvidenza indispensabili per ricomporre il ruolo della famiglia, cellula prima della società. E da questo ne sortirà un mondo migliore. Credo molto in queste donne chiamate ad una vocazione d’amore, ne incontro diverse anche nella poesia che creano rete per diffondere ad esempio, i diritti dell’infanzia troppo spesso calpestati e parlano di un’etica dell’amore per accendere dentro e da trasmettere in ogni modo, anche con l’armonia poetica del verso.

Ha mai avvertito quel senso di solitudine che assai spesso si impossessa di un poeta?

La solitudine del poeta è un’antica storia da affrontare in molti momenti, quando gli altri, soprattutto addetti ai lavori, e mi riferisco anche nelle scuole, biblioteche, associazioni, non rispondono alle tue aspettative e non comprendono il tuo progetto. Ma questo avviene in ogni tipo di professione o di rapporto umano. Io ho la fortuna-sfortuna di agire in diversi campi, di collaborare con gli alunni e le loro famiglie … Questo anche se mi deconcentra dalla mia scrittura, in altro modo mi arricchisce e colma le mie solitudini.

Cosa vorrebbe poter sistemare “sul carro rosso del sole” oltre al “profumo di poesia” e al “canto d’oro delle rose” ?

La speranza sempre, nonostante tutto, nella vita.

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