Monica Florio
sceglie “il giallo” per raccontare la discriminazione
28 ottobre 2015
www.napoliontheroad.it
Napoletana, giornalista, Monica Florio scrive di emarginazione e di realtà
discriminate: disadattamento, handicap, omosessualità. Ha pubblicato il saggio
“Il guappo – nella storia, nell’arte, nel costume” (Kairòs Edizioni, 2004), la
raccolta di racconti “Il canto stonato della Sirena” (Ilmondodisuk Libri, 2012)
e il romanzo di narrativa scolastica “La rivincita di Tommy. Una storia di
bullismo omofobico” ( La Medusa Editrice , 2014). Come la discriminazione,
strisciante in questa moderna giungla, il suo stile cambia pelle.
In “Puzza di bruciato” (Homo Scrivens Edizioni) Nick Drake, titolare della
scalcinata agenzia “A prova d’errore”, si imbatte nella toilette del cinema
Vittoria nell’assicuratore Carlo Testa. Preoccupato per la prolungata assenza
del compagno, l’editor Stefano Di Nardi, si affida a lui dopo aver chiesto
invano aiuto alla polizia. Drake rinviene nell’abitazione dello scomparso
l’agenda e il manoscritto di “Spoglie immortali”, romanzo scritto da Di Nardi e
poi venduto al giovane Christian Blasi. Da qui si troverà avviluppato in
un’oscura trama di furti e vendette.
Hai scritto del disagio e
dell'emarginazione attraverso altri generi, il saggio, il romanzo didattico,
come è avvenuto il passaggio al Giallo e perché?
Ho deciso di scrivere un giallo per sfida. Mi interessava raccontare la
solitudine di chi teme di aver perso una persona cara ma non riceve alcun aiuto
da parte delle istituzioni. L’assicuratore Carlo Testa si rivolge a un
investigatore privato per ritrovare il proprio compagno solo in un secondo
momento, quando la polizia ha deciso di lavarsene le mani, ritenendo di avere
casi più importanti di cui occuparsi.
Come si è adeguata la tua
scrittura al nuovo modello?
Non scrivo abitualmente gialli, mi considero una giornalista che scrive di
questioni sociali scomode. “Puzza di bruciato” è essenzialmente un romanzo
sull’intolleranza, nel quale per smorzare la drammaticità dei temi toccati,
l’omofobia e l’infanzia violata, ho fatto ricorso all’ironia. Il mio approccio è
diretto e senza fronzoli.
Di quale tipo di emarginazione
scrivi?
Nel mio libro si parla di discriminazione sociale e sessuale. Il protagonista,
Nick Drake, è parzialmente sordo - handicap che nasconde per non essere
ulteriormente emarginato – e in evidenti difficoltà economiche. Vittime
dell’emarginazione sono soprattutto i gay come l’assicuratore Carlo Testa,
nell’occhio del mirino perché vistoso, e il suo compagno Stefano Di Nardi,
l’editor di cui si sono perse le tracce.
Michele Serio ha scritto di questo
romanzo: “È una mescolanza tra colto e popolare, serio e divertente, con una
scrittura rapida e sempre aderente alle cose, in pratica la narrativa che
preferisco”. In che senso è un giallo umoristico?
Non è solo Nick Drake a essere un tipo ironico, l’umorismo permea tutto il
libro, rendendo grottesche situazioni incresciose come quando il detective
immagina cosa potrebbe succedergli se nel suo vicolo si diffondesse la voce che
è omosessuale.
Nel panorama letterario ci sono
tantissimi “investigatori”, in cosa somiglia e in cosa si differenzia il tuo
protagonista dagli altri?
“Puzza di bruciato” non è un giallo classico, quindi il detective da me creato
non è bello né abile, bensì maldestro, pigro e spesso alle prese con casi
balordi. Nick Drake piace alle donne e agli uomini ma non se ne rende conto per
insicurezza. Come molti investigatori, però, è un po’ cinico ed ossessionato
dalla verità e, pur rispettando le regole, si considera un uomo libero.
Oltre a Nick Drake qual è il
personaggio più rappresentativo del romanzo?
Direi Eddy Blasi che è l’incarnazione del Male. Questo potente intrallazzatore
odia i gay perché non tollera che il figlio Christian sia omosessuale. L’editor
Stefano Di Nardi diviene, allora, il suo acerrimo nemico.
Napoli che ruolo ha?
Con le sue tradizioni Napoli è l’anima del romanzo, non un mero sfondo. Per
Drake simboleggia la famiglia, le radici, l’unico punto di riferimento nel caos
che lo circonda.
Una città di eroi e criminali di strada dove la puzza si confonde con il profumo
delle sfogliatelle e l’ironia sfuma la drammaticità di un quotidiano scomodo.
Monica Florio accetta la sfida e ci restituisce un pezzo di Napoli che, forse,
non avremmo voluto trovare. La realtà è sempre scomoda.
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