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Sirocchia*

Seduta sul panchetto annoso
aspettava il tempo passare
e persone lungo il viottolo
tra erba alta e muri a secco.
Castagni annosi e cammino d’ombra,
gerani, ortensie dentro secchi
dal fondo marcito e il suo parlare.
Lento come il duolo che portava
dentro per la sirocchia persa.
Puntava gli occhi in faccia
immota ad ascoltare l’eco suo
a rimbalzare per calanchi e valli.
Dimentica di te che stavi lì
per educazione, raccoglieva
da terra la scodella e un cartoccio.
Rovesciava sulle ginocchia il piatto
stendeva sopra il pollo.
Un’ala mangiata con le mani.
Un boccone per lei, diceva piano,
e uno per la sirocchia.
Non scordava il duolo stretto in cuore
e ti guardava senza vederti,
persa nel suo lontano.

* sorella

Parole scritte

parole scritte nella gioia e nel dolore

a stemprare quell’essere su una nuvola
a imbrigliare lo stupore o l’euforia
a gustare ogni frammento
e godere d’un abbraccio
una vittoria, la meta conquistata
il sorriso del tuo bambino
che diventa una vertigine e il mondo
a trottola gira   gira   gira intorno

parole che sono voce l’ancora il porto

di dita molli oramai segno di resa
aggrappate appena all’orlo del pozzo
parole come voci un filo teso
o un lumicino un faro una speranza
lontana confusa voglia di risalita
alla ricerca d’un frammento
incontro a forza di ripresa
al sapore l’odore il gusto per la vita

Questo giorno

Questo giorno così uguale
questa mano tesa al mio sangue
questa voce come brina sui fili
contro il cielo fatto di gelo.

La mia dolenza arresa
sulla punta delle ciglia.

– Si, certo ti verrò a trovare –

ti sussurro piano
tra le pietre di casa mia
nel silenzio che mi fa paura.

Sulle mie mani il pianto
con pudore fa rumore.

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