| |
Interventi in
“Marilla 1958-2008”
Logica fattuale e teorie sull'immobilità del fuoco
Donat Conenna
Facciamo quattro conti: chi qui scrive
appartiene
ad una generazione che ha visto sei papi e dunque non ha più il diritto di
emozionarsi. Soprattutto quando si pensa a
"che cosa è successo" negli ultimi cinquant'anni (è successo quanto non
è successo negli ultimi 500 anni, cioè gli accadimenti
— storici, scientifici, politici,
culturali, artistici
— si sono susseguiti con tale ritmo progressivo/
tendenziale da rendere progressivo e
tendenziale il nulla e il tutto degli accadimenti) e quando si pensa a
chi, davanti al cavalletto, ha vissuto, promosso,
subìto, partecipato, sofferto, per la sua parte,
quello che "è successo" nella seconda parte del Novecento, ci si rende
conto che la "costante del dubbio" che impera nella logica della fattualità
culturale — chiamalo relativismo
(Ratzinger), spirito di ricerca (Severino), negazione
dell'Assoluto (Sartre), pensiero debole (Vattimo) — ha permeato la
evoluzione artistica ed estetica di questi ultimi cinquant'anni.Tanto da
rendere immane, anzi immanente (participio presente del verbo immanere) una
domanda su tutta la logica del pensato e dell'espresso artistico: cosa è
rimasto, delle tante ricerche, dei tanti pensamenti, delle tante rivoluzioni
copernicane, annunciate nei padiglioni della Biennale di Venezia dal 1930 ai
nostri giorni e durate, ahime!, lo spazio del mattino (dell'inaugurazione)?
Sono rimaste macerie mnemoniche (sarebbe
bello anzi, dire macerìe, da macerare. Almeno è più nobile).
Sono
rimasti questi attraversamenti dei territori temporali invasi dai demoni
della recherche continua; molto proustiana, perché il dubbio continuo che si
sia perso solo del tempo esiste ed è
immanente. Sono rimasti questi quartieri ideografici dove più che
novissimi linguaggi, allignano logos che portano a les scandales: della
logica del pensato: tanto che se non fai
scandalo (Cattelan) non fai arte. Tanto che lo stesso
concetto di arte si è banalizzato in una sorta di equivoco
dell'originalità (attenzione, qui equivoco sta per come deve stare: dualismo
interpretativo egualitario, contrario di
univoco). Più sei originale, più sei
creativo. Ma univoco è l'accoglimento nella storia dell'arte
contemporanea degli sperimentalismi.
Macerìe. Ma a ben pensarci, è giusto che sia così. Non possiamo
togliere all'uomo, anzi a quello che era
l'homo
habilis,
il
gusto del macerarsi,
dell'incertitudine,del dubbio, del nuovo, dell'orizzonte interno prim'ancora che
esterno, dell'ansia
di comunicazione con propri alfabeti ... Inoltrarsi,
con questo background alle spalle,
nel percorso antologico di Marilla Battilana, qui esperito per sommi capi è operazione
complessa ma gratificante, per una ragione semplicissima: tutta la
congerìe della ricerca storica del secondo
Novecento
— date alla mano — è stata anticipata, antesignata, quanto meno intuita e
quindi svolta, realizzata in senso
coevo dalla operatrice, pur essendo
Marilla Battilana non proclive alla navigazione d'altura via radar o
quanto meno all'allineamento
alle direttive conto terzi politico/culturali
o — peggio — al conglobamento in scuole di
pensiero invero inglobanti il
pensiero altrui.Operatrice libera di essere libera,
dunque. Che — pour
cause — non può essere delimitata
nell'antirelativismo papista, nella pura inquietudine dell'esprit
severiniano, nel l'accettazione del provvisorio definitivo
(o del definitivo provvisorio degli esistenzialisti, o del laico, ma debole
pensare postmodernista di Vattimo). Ma per i motivi di cui sopra,
ma anche perché proprio l'operatrice qui in analisi
è stata una partecipante deuteronomica (cioè
non di primo piano ma di primo piano per quanto pensato e svolto) alle
vicende estetiche del Novecento parte seconda, possiamo affermare che Marilla
Battilana è portatrice di quel dualismo interpretativo, ingrato e
gratificante insieme, che può riassumersi in un ossimoro di grande
suggestione: in questi cinquant'anni Marilla
Battilana ha alimentato molte teorie sulla immobilità del fuoco. Ben sapendo da
fomentatrice di
segno colto, quale è, che inani saranno i camminamenti
speculativi, del pensiero e del visto, dell'etica e dell'estetica, che possano
fermare l'energia del "nuovo, in quanto abbandono, ma non negazione
dell'esistente o del pregresso.
Nata a Milano, ma di operazioni d'area
culturale
del Nord-est, è da considerarsi artista di profonda
medianza segnica e cromatica.Tradotto in italiano
significa che i suoi segmenti e i suoi colori,
le segnazioni e le forme, le campiture e le ideazioni grafiche, sono derive
di una innata insorgenza
gestuale che — grazie alla certosina tensione
ad esprimere e ad esprimersi coi segni e coi
cromi — assurge a mediante artistico
totale. Attenzione, qui sorgono
nell'osservatore delle domande capitali, che potrebbero apparire melliflue e
capziose e che melliflue e capziose non
sono: il segno artistico di Marilla
Battilana è lavoro architettonico portato alle alte sfere della poesia
grafica? È narrativa arricchita dal valore aggiunto di una straordinaria
predilezione per il filamento segnico? È incontenibile, e forse inconscia,
attrazione per essenzializzazioni, da linguaggio non informale ma
informatico? L'arte è destinata a rimanere senza "ragione sociale, talmente
essendo elusivo, speculare, complesso, sfuggente, ineffabilmente concreto e
concretamente ineffabile il concetto di arte, al punto che
mai potranno saldarsi i motivi a favore o contro il
segno e il colore di un artista. Ma già nel principiare della sua avventura
espressiva, l'osservatore troverà gli stilemi dello sviluppo che Battilana
"porterà avanti", prima e dopo la periodazione
della poesia visiva, che è stata la lunga stazione in cui ha sviluppato il "grande
tema" della comunicazione letterista in anticipo, 1965,
con quanto
avverrà in Europa e in Italia, con Pignotti, Bentivoglio,
Isgrò e compagnia bella. Sempre riassumendo al massimo la sua collazione
stilistica, possiamo dire che al primo periodo post-espressionista
che è dei primi anni Sessanta, è seguita la poesia visiva, qui ampiamente
documentata, anche con motivazioni che resisteranno alle usure modali, a cui
ha dato continuità "l'alfabeto marillico"periodazione che abbisogna di un
momento di riflessione, anche perché segna la parte più profonda dello stilema
dell'artista. Nei cantieri dell'arte ci stiamo avviando verso le terre
incognite della virtual art, dell'art-web, della disk-expression e quant'altro
viene dagli sbalordimenti tech. Ma c'è chi non si arrende alla sfida
antropica che vedrà di fronte nei prossimi decenni la mano dell'artista, come
intatta era dai tempi di Altamira, avversare gli strumenti telematici che ne
stanno prendendo il posto.
Ebbene Marilla Battilana appartiene alla
generazione
che non si è arresa in questa sfida "uomo-chips"
e ha inteso distinguersi con una tecnica che sembra riempire la tela con
mille, diecimila, centomila pixel, ottenuti segnando minuziosamente la
struttura cromogeometrica con moduli poligonali, che come spinti da una
sorgente magnetica, si uniscono in armoniose confluenze. Ed ecco il primato
antropico dell'uomo sul software, ed è qui il Iato meravigliante: Battilana
s'inoltra tra i costoni di una nuova poesis tecnologica, non prodotta dalla
combinazione informatica, ma germinata dal viaggio segnico-luministico che
(forse per non disperdersi lungo
la storia dell'arte, invero labirintica) lascia disseminati
per i telai protoforme di alfabeti in divenire. Attesa la ormai quarantennale
indagine
sulla percezione visiva svolta da questa ricercatrice,
non solo alle frontiere dell'astrazione, si dirà (dal narrativo giovanile, al
psicollage di "Horror", agli interventi sugli objets), ci obblighiamo tutti a
ricordare che non dalla conflittualità temporale (tradizione contro
modernità)
emerge il primato espressivo dell'arte, non dalla
ormai vetusta querelle figurazione contro astrattismo.
Con questa pittrice lombardo-veneta, ci
rendiamo conto che il primato espressivo
vince
se medesimo e, come in queste opere geocromiche, supera i rischi conflittuali
insiti nel dualismo tra segno alfabetico e segno non alfabetico, (docent Capogrossi, Dorazio e gli strutturalisti degli anni '60)
attraverso una considerazione
lampante: è l'uomo, con le sue mani, a fare arte.
In Marilla Battilana, la libertà
dall'astrazione è riportata
in un assunto polimodulare, strutturale,
che si induce quasi per empatia, ed ecco il primato
delle idee, alla germinazione della forma e
dei suoi medianti. Nessun processore,
per quanta memoria possa inglobare,
può ottenere questa continuità logistica.
| |
 |
autore |
|