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Prefazione a Pensieri... parole
Rodolfo Tommasi
Quasi il verso possedesse
una sua coreutica, una forma i percettibile fisicità, un suo andamento
gestuale: la parola poetica di Vincenzo Bolia sembra in tal modo sporgersi da
se stessa andando incontro alla lettura, mentre si avvolge di persuasiva
intonazione e crea un tessuto di carattere emozionale che arriva diretto al
fruitore e lo coinvolge. "Un tenue | fil di pianto | io sento | dietro un
monte | smarrirsi come un canto | laggiù all'orizzonte. | (...)", si dice in
un passo del libro: sono questi spazi sulla soglia di un'altra nozione di
spazio già portatrice di una spazialità metafisica (riflessa, per esempio, in
quel qualcosa di tenue, dolorosamente flebile, ma udibile, contro ogni logica
del 'reale', da "dietro un monte") a raccogliere gli apici di lirismo
dell'autore, per il quale il vero non è che l'aspetto immediatamente
riconoscibile del verosimile. Pure altrove, le ampiezze desiderate e
realizzate dall'autore trovano una formulazione di inediti effetti: Mare
tempestoso ne è un esempio emblematico allorché "scogliera" e "bandiera"
divengono due punti di riferimento la cui distanza può essere misurabile solo
in termini di vento e quindi di codice poetico.
In un altro caso e contesto, avendo avuto l'occasione di
considerare l'opera di Bolia, scrivevo con convinzione dell`"apertura
dell'enunciato offerta a plaghe areate, a spazi paesaggistici ora giocati sul
dettaglio o sullo scorcio e ora sconfinati, ora descrittivi e ora metaforici",
aggiungendo, inoltre, come tutto ciò, in una prospettiva etico/estetica,
sapesse fornire un'attualizzata continuità al clima della `scuola ligure
primo-Novecento'.
Resto, naturalmente, della stessa idea, anzi, la ribadisco,
e sottolineo ulteriormente il legame affettivo e culturale che Bolia ha
instaurato con la propria terra; tuttavia, basandomi ora su un più vasto
repertorio testuale, sento quelle pur sottoscrivibili indicazioni limitative
di fronte a una così vasta istanza poetica. Non vi è, infatti, spazialità di
risonanza e d'immagine, nella scrittura di Bolia, che non
abbia (anche nella pura referenza, talvolta finanche
geografica, delle ampiezze ispirative) un rilievo di marca esistenziale. In
altri termini, il poeta guarda e trasforma; il luogo reale si fa luogo della
mente (d'altra parte, la Liguria – la sua Albenga – è, per lui, luogo reale e
luogo della mente); la coscienza dell'hic et nunc si fa presupposto di
linguaggio; e dunque, l'aria e l'immensità, il senso delle cose e l'universo,
una montagna e il mare, l'acqua e le tenebre, si fanno infine respiro della
parola e dinamica del codice poetico in divenire; e pure il sonno e il sogno,
l'illusione e l'assenza, la memoria e la preghiera sono spazi in cui il
macro-cosmo è riverberato dal microcosmo e viceversa.
La totalità dell'essere in, dell'esistere per, è il progetto
primario di questa scrittura in versi, dove niente va disperso e ogni elemento,
dal gusto visuale alla seduzione acustica, trova ragione di sé e condensa
espressiva nella peculiare accezione di intima cantabilità (tra l'altro,
fisionomizzata dalla `sinuosità grafica') che, mentre sovrintende al primo
piacere della comunicazione, accompagna la conoscenza della poesia nei meandri
nascosti dei significati profondi.
Del resto, Bolia non si accontenta – né si potrebbe mai
accontentare – del `sentimento semplice' o univoco. In Staffetta, poesia a un
tempo diretta ed enigmatica, si legge: " (...) | Voi | vivete in me | ed io
| in
voi | e | il testimone della vita | continuerà | a passar | di mano in mano." E
un passo quasi biblico, ermetico e illuminante nel sostanziarsi all'interno
dell'ineluttabile, di un dogma legato ai contenuti della vita. Eppure, alla
constatazione si unisce l'accettazione, all'accettazione la scoperta dell'Io
negli altri e nel mondo, con le sue implicazioni, i suoi sismi.
Non stupisce che l'illustre autore abbia scritto testi per
musica: la musica può, potrà sempre, rivelare intenzionalmente quell'estensione
di densità lessicale peraltro già viva sulla pagina; né stupisce che alcune
poesie siano previste alla doppia versione, italiano e dialetto albenganese:
anche il dialetto – o, forse, soprattutto il dialetto – è una forma di
estensione, di `espressione radicale'; e poi, nella precisa contingenza,
rispecchia appieno quel legame di cui parlavo poc'anzi, ossia afferma
quell'unione viscerale e intellettuale, quell'identità assolutizzante tra regione e
scrittore che è di nobile origine, di solido ceppo storico, e qui, in un libro
come Pensieri... parole, si realizza con la forte incisività dell'appassionato
affiato affettivo.
E questo autore, cosa cerca, se non, costantemente,
l'espressione radicale del proprio slancio affettivo da trasfondere
nell'essenza stessa dell'offrirsi alla poesia?
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