Prefazione a
I solchi dei giorni
Letizia Santanna
C'è un nuovo
appuntamento, il secondo per l'esattezza, così dopo il
primo volume intitolato Fiore di loto, Nicoletta invita ad un nuovo
incontro con la sua poesia; ed ecco questa seconda raccolta dal suggestivo
titolo: I solchi dei giorni.
E' suddivisa in quattro sezioni, ognuna delle quali dedicata ad
espressioni tematiche di momenti sofferti e realtà
oggettive. Ogni sezione ha una seconda intestazione che riporta il titolo di una
poesia contenuta nella medesima. Piena di significati è
la dedica a suo marito, Paolo.
Dare delle opinioni su
opere letterarie è un compito un po' arduo per chi non
esercita la professione di critico. Ma io devo dire che sono
molto onorata di accogliere la richiesta di Nicoletta, esprimere il
mio pensiero sulle sue poesie; sarà per me un grande
piacere manifestare l'impatto emotivo che i suoi versi m'ispireranno.
Non mi soffermerò su contenuti di ordine tecnico,
la poesia è una espressione personale
del poeta ed in quanto tale è giusto rispettare il modo e
lo stile in cui ognuno sceglie di esprimersi.
Innanzi tutto vorrei esporre il modo in cui io
sento la poesia, al di là della rima, della metrica, dei
rigidi schemi da manuale. Poesia, per me e per chiunque
scriva, è un moto del cuore, un'onda d'emozione che
travolge, una necessità istintiva inderogabile e trova il
suo scopo di esistere nella punta di una
penna che scivola su una pagina hianca. Ecco, il
miracolo è fatto! Il cuore e la
mente riconoscono le parole nate libere sulla
carta. Le frasi trasformate in versi rappresentano i propri
attimi di vita, pensieri, desideri, sogni...
La sofferenza è
esorcizzata dalla poesia, i sentimenti proiettati e perpetuati nel tempo futuro,
l'emozione trasmessa! Quando il poeta non riesce a
cogliere quell'istante prezioso, le parole cariche di significato si perdono,
muoiono senza nascere e il miracolo sfugge per sempre!
Per questo dobbiamo essere grati a tutti coloro che scrivendo poesie
fanno dono della propria anima ai lettori ed alla cultura.
Questo io sento per la poesia e questo io trovo nei versi di Nicoletta.
Le sue metafore sono simboli, immagini in movimento, cariche di forza vitale.
I solchi dei giorni è
uno splendido titolo per un libro di poesie. Riaccende ataviche memorie legate
alla terra. Terra, come Madre, origine primaria dell'uomo.
Ne I solchi dei giorni si affacciano alla mente visioni di campi
arati dell'Umana Esistenza, dove germogliano le semenze del nostro vivere:
emozioni, sentimenti, aspirazioni, ideali... Via via che
i versi s'inseguono si ha l'impressione di essere viaggiatori di un treno
immaginario che corre attraverso evanescenti luoghi d'intima dimensione verso
una meta irraggiungibile e sconosciuta. Come ad un
finestrino le immagini si susseguono e prendono corpo distese di
"spighe mature", il "mandorlo in fiore", le "fiaccole
accese alle finestre", le "perle
di luna", i "cieli di amianto"...
Sfaccettature su gocce di pioggia in un gioco di "boschi di specchi" che
riflettono l'anima di chi scrive e su cui rimbalza la consapevolezza delle
diversità, la solitudine interiore dell'uomo, la dolorosa
realtà di chi vive uno stato di handicap e nonostante
tutto riesce a sorridere!
Nicoletta dice che "la vita si vive perché
è vita", ma sottolinea quanto il
sorriso di un disabile può farci riflettere sulle nostre
amarezze, sulle nostre rabbie verso la vita e ci esorta a dare un giusto valore
agli avvenimenti che ci coinvolgono, ad affrontare con più
coraggio le prove che si pongono sul nostro cammino.
Nei versi di Nicoletta si riconoscono
contraddizioni esistenziali presenti in ognuno di noi, la necessità
essenziale di pace, ed una bramosa sete di libertà "verso
dilatati spazi | dove nessuno è
compagno"! Con quest'affermazione, l'autrice, ribadisce
con tenacia il diritto alla propria indipendenza interiore, alla libertà
della sfera personale e delle proprie scelte. Diritto che attraverso se stessa
estende ad ogni altro essere umano. Perfino nel gestire il difficile ruolo di
madre, riconferma questa sua convinzione e sostiene che non si può
"intrappolare | raggi di sole tra capelli di vita",
mettendo in risalto quanto sia difficile capire il malessere adolescente ma
lasciando ad ognuno la libertà di vivere la propria vita.
Nelle opere dedicate ai familiari più
cari, al fratello scomparso, alla
madre e alla sorella, come non sentire la sofferenza indicibile che emana dai
suoi versi? Nicoletta impone a se stessa di "ingoiare
inutili perché", quelle mute domande non potranno avere
risposte e attinge la sua forza nella consapevolezza che solo il ritrovarsi
riunite negli affetti potrà alleviare il dolore
"dell'ultimo canto di cigno".
Leggo e rileggo i suoi versi, mi colpiscono le
pennellate tenere sugli eterni giochi dei bimbi, su quella "bambola negra
– diversa ma unica –"; giochi
contrapposti al "pressante silenzio" che incombe su una
realtà fatta principalmente di "vecchi vestiti di scuro",
dense atmosfere che riportano alla mente sapori di antiche novelle.
Memorie riaffiorano, ridestate dal
passaggio di un treno che d'impulso il suo cuore
configura al ritorno verso il paese natio. Il treno,
immagine presente nei versi di Nicoletta; il treno che fu speranza, frontiera
rappresentativa del sogno di una vita nuova, libera da schemi obbligati, al
tempo in cui "gioventù ed ardore"
fremevano. In quel treno, oggi, s'identifica un rimpianto per un mondo arcaico
dove si "sgretolarono i profili dell'infanzia"; e lo "sconforto
dell'adulto". Come un grido echeggia l'invocazione di
quiete, di silenzio, di pace, il desiderio di obliare i fumi di antichi rancori,
rimasti nella cenere di fuochi già spenti, messaggi
perduti, inascoltati.
Nicoletta con i suoi moti del cuore e della
mente ci porge le sue osservazioni, le riflessioni sul modo di vivere oggi e
sulla realtà oggettiva del mondo circostante.
Denuncia la tristezza delle nostre citta, "desolate al vento
| cigolano insegne | di cittadina vita", dove
"uomini soli cercano perdute primavere |
– in calici di vetro, in tecnologiche palestre –",
dove "l'erba... bionda", "nata tra sconnessi mattoni" sogna inutilmente di
essere prato; dove "la polvere, regina, si alza | e
falcia umanità superstite". Queste
nostre citta dove "manca la festa, | l "allegria che si
arrampica sui muri", dove manca "il sapere ascoltare" ed il saper "dire cio che
si pensa del presente esistere". L'accusa
è per questa nostra società, dove si usano grandi
discorsi che tutto sommato sono solo parole di un dialogo fra sordi, e viene
spontaneo fare una considerazione; questa "umanità
superstite" e orfana! Da tutte queste valutazioni, nasce
in me la sensazione che ogni poeta quando mette a fuoco nei suoi versi
l'inquietudine di un'epoca, inconsapevolmente ricopre il ruolo del poeta
veggente, il quale prima di chiunque altro vede gli effetti,
il disagio dell'uomo del proprio tempo, ed invita a riflettere.
L'autrice dichiara apertamente che "cerca
nell'origine | un filo conduttore, la fulminea verita" e
ancora, `Non so, non ho mai saputo arginare | le angustie
del riflettere"; quindi ci mette in guardia dal pericolo
di questa nostra superficialità del vivere odierno, da
questa indifferenza, dal cinismo, dalla mancanza di solidarietà,
dall'intolleranza verso chi consideriamo socialmente inferiori, verso i diversi
di qualunque tipo, dalle "moderne imposizioni", dagli sfruttamenti del nuovo
schiavismo, dall'ambizione, che spinge l'uomo a primeggiare sull'altro ad ogni
costo, da questa corsa frenetica di ogni giorno, perché
siamo incalzati da un'infinita fretta, condizionati dall'orologio:
è tardi, è tardi...
Sì, "è sempre tardi"; e
l'uomo corre, corre senza mai trovare
se stesso in questa "civiltà sempre più
inquinata, | sempre più
disumanizzata"! Ci siamo perfino dimenticati del nostro
passato, di quando eravamo noi gli esuli, gli stranieri,
ci siamo dimenticati delle sofferenze di chi attraversò i
mari su gusci di noce per un pezzo di pane sicuro!
Potrei dire ancora molte cose, che in questo
viaggio di lettura ho colto pagina dopo pagina tra i versi di Nicoletta. Pagine
lette tutte di un fiato, e poi rilette ad una ad una, per assaporare
le vivide immagini, per coglierne i significati più
veti e soffermarmi stupita dal colore delle varie
metafore, paragonabili a sapienti pennellate di un dipinto, affinché
la rappresentazione simbolica risulti chiara e calzante al tema.
Alcune delle opere sembrano più nebulose, pur
mantenendo nelle metafore la caratteristica visiva rivelano
un contenuto intimistico complesso, hanno un'impronta talmente personale
che forse dovremmo essere troppo indiscreti per svelarle,
preferisco non approfondire, ognuno potra interpretarle a suo piacimento o forse
è più giusto lasciare all'autrice
un velo di mistero sui suoi pensieri più intimi e
profondi.
Concludo questa mia carrellata, sperando di
aver saputo interpretare nel modo adeguato i significati essenziali di queste
opere, devo dire che questo compito "mi ha preso" in maniera totale, quindi
ringrazio Nicoletta di averci fatto dono dei suoi "attimi preziosi".
Raccolgo un ultimo messaggio d'amore tra i suoi versi, evidenziando la
grande capacità di esaltare le sue metafore e trasformare
la "terrosa polvere | col profumo di amarezze" in
"stelle" che piovono sul tuo sorriso".
Per l'ennesima volta la sua profonda ricchezza
interiore mette al primo posto l'Amore, "àncora tra cielo
e terra, | nei miei ventosi giorni",
unico baluardo per sconfiggere la sofferenza, la solitudine e l'indifferenza.