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Luccia Danesin

Maurizia Rossella

Negli anni Settanta alle manifestazioni veniva con la sua inseparabile Nikon F nascosta nella borsa a tracolla. La macchina fotografica era necessaria per fissare istanti che sembravano scontati nella nostra vita di femministe confluite a sfilare in piazza sotto gli striscioni dei vari gruppi dopo interminabili riunioni nelle varie sedi (solo a Padova se ne contavano almeno 8).

Quelle foto ricordo sono diventate poi documenti d'archivio e si sono tramutate in tasselli ricercati di Storia. La femminista fotografa Luccia Danesin contribuì con la sua passione politica a conservare e tramandare quei momenti irripetibili di militanza, riordinando e mettendo a disposizione i materiali nel Centro di Documentazione di cui insieme ad altre donne fu animatrice. La vita politica infatti non va mai disgiunta da quella di tutti i giorni, secondo una delle parole d'ordine di allora che recitava "Il personale è politico". Da quell'impegno sono arrivate fino a noi quelle foto che continuano a testimoniare ora più che mai il movimento delle donne e le lotte più importanti che portarono ad esempio alla campagna per la legge sul divorzio e la liberalizzazione dell'aborto assistito, sulla violenza sessuale. Ora le foto d'archivio in bianco e nero forniscono il prezioso materiale di una mostra itinerante che s'intitola Le ragazze di ieri e che si possono trovare nel libro curato da Anna Maria Zanetti e pubblicato da Marsilio nel 2000 che porta lo stesso titolo. Prima ancora Luccia, nel 68, aveva messo in piedi con altre compagne e compagni uno dei primi asili antiautoritari autogestiti delle città del Santo.

La fotografia come pratica artistica vera e propria, staccata dall'intento documentaristico, si delineò negli anni successivi e prese rilievo nelle mostre personali allestite in varie gallerie del Veneto: Nel giardino della luna (1994-98), con foto macro di fiori ripresi con una tecnica speciale, come se fossero esposti alla luce lunare, che ne scova e fa risaltare le venature e le tessiture dalle geometrie inedite, strutture originali mai viste prima; La memoria e lo sguardo (1998-2002) dove ogni foto racchiude un pensiero, una riflessione, un ricordo mitico a partire da immagini astratte, oniriche e un po' surrealiste con reti e strane linee illuminate da fuggevoli barbagli di luce che infondono forza.

Infine Soglie (2002). Della personale mostra fotografica che l'altr'anno registrò notevole successo, sono ora raccolte e pubblicate in un volume edito da Biblos Edizioni di Cittadella le belle immagini, una quarantina di foto in bianco e nero riprese al Cimitero Maggiore di Padova. Con uno speciale gusto del particolare l'artista è stata in grado di riconoscere e inquadrare dettagli di statue dall'espressione dolente ma mai disperata: scorci intensi che testimoniano come una dolcezza soffusa pervada l'immutabilità della morte, dove il dolore è mitigato dalla rassegnazione, dalla fede e dalla speranza. Dettagli di sguardi e di visi, di mani giunte in preghiera o portate alla bocca nell'ultimo bacio soffiato nell'estremo saluto. Nudi meditativi di rara bellezza, tenerissimi angioletti di morti bambini volati in cielo, gesti pietosi fermati per sempre nel marmo dell'eterno riposo. Fotografie eloquenti, poesie senza parole mostrano l'ultimo tabù della nostra civiltà.

Contemporaneamente alla ricerca nel campo dell'immagine, Luccia porta avanti da anni quella sulla parola che prende forma di poesia, terreno adatto a coltivare, far crescere ed esporre le impercettibili vibrazioni legate al pensiero astratto o puro che va e viene indagando il dentro e il fuori di noi, l'intimo e l'altrove nostro che quando è espresso in versi diviene messaggio universale. La parola-verso di una donna alla ricerca della propria voce come fanno le altre sue simili nel silenzio del proprio essere. "Il punto - mi dicevo - | sei tu: | testimone controcanto" apre con questi versi comunicativi e interlocutori il primo libro di poesie Un fard rosso arancio del 1997 (Edizioni del Leone) dove trovano posto le contraddizioni irrisolte del rapporto madre - figlia ("Ancora dormo | con il mio lupo in petto. | Le madri a cui chiedere un grembo, | quelle mai dimenticate, | già allora ci avevano tradito."), il distacco e l'abbandono, considerazioni profonde sul tempo e sulla morte ma anche lampi di frivolezze e allegria colti nella vita di tutti i giorni e simboleggiati dal fard sulle guance del titolo.

La raccolta più recente di testi poetici è Il cerchio dei respiri del 2001, uscita sempre con le Edizioni del Leone. Vi si riprende e si approfondisce il tema ormai caro delle soglie dove torna quel noi femminile plurale onnicomprensivo che ci prende dentro tutte, noi donne, a ragionare e sentire insieme all'autrice "Prudenti, | sulle soglie, | consumeremo amore. | Strette le ali, | regalmente offese | senza un cielo." Senza proclami, senza tanti urli, con serietà e discrezione Luccia racconta il suo cammino e la sua ricerca. A volte bastano pochi versi come questi appena citati per far capire la direzione che ha preso, che è quella di privilegiare la cultura e l'arte femminile, perché ne abbiamo ancora bisogno. E' ancora importante, per alcune di noi, ritrovarci su territori di coerenza e di linguaggio comuni che, trent'anni dopo le manifestazioni in piazza e le rivendicazioni, diano un senso alle nostre fatiche di donne che pensano e inventano, di studiose, di lettrici, di artiste.

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