Andar per mostre
Paolo Capovilla
testo di Alessandra Pucci
fotografie di Luccia Danesin
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Momenti di grazia questo è il titolo della mostra dedicata a
Paolo Capovilla alla Galleria
La Rinascente di Padova (7 Dicembre 07 - 28 Gennaio 08).
L’evento è stato
fortemente voluto da Beatrijs Lauwaert come segno tangibile della sua amicizia e
stima per Paolo Capovilla uomo e artista d’indubbio talento, morto nel ’97, che
la sorte aveva in qualche modo reso invisibile a critici e galleristi. Nel bel
catalogo, la curatrice titola il suo intervento sull’artista “L’uccello di
Bagnoli di Sopra” per dare fin da subito l’idea che lei e gli amici avevano di
Paolo: un poeta, un uomo che voleva volare sui luoghi della realtà e su quelli
dell’anima.
Una breve
biografia dell’artista è necessaria per meglio comprendere il suo percorso
pittorico dagli anni’70 al ’97. Liceo Tito Livio
di Padova, Centro Sperimentale di Cinematografia nel ’68 a Roma, con esperienze
importanti di attore e in seguito anche di regista. In quegli anni realizza il
suo unico film Tabula rasa ispirato all’eroe greco Filottete, quasi una
sovrapposizione d’identità per il disagio di vivere nel loro breve e difficile
percorso tra gli uomini.
A Roma incontra
Dirk Lauwaert, anche lui studente al Centro Sperimentale di Cinematografia, con
cui stabilisce un solido rapporto d’amicizia che poi consoliderà con la
frequentazione della famiglia di Dirk in Belgio, e in particolare con la
giovanissima Beatrijs che vede in lui l’uomo di vasta cultura ”Paolo mi sembrava
uscito dall’antichità classica. Uno spirito antico nel cuore e nel sangue.”
Negli anni ’80,
iniziano a scambiarsi lettere e opere, perchè anche Beatrijs è pittrice. In
Belgio nell’85, gli organizza una mostra ad Anversa, con circa trenta opere ad
olio, e gli scrive la presentazione.
Con la stessa
fiducia e passione iniziale per le opere di Paolo, Beatrijs Lauwaert lo segue a distanza
in un percorso difficile “perchè Paolo disperdeva i suoi quadri ovunque, case,
bar osterie, negozi. Voleva che i suoi quadri continuassero a vivere
partecipando alla quotidianità delle persone.” La mostra
attuale è la testimonianza dell’impegno della curatrice nel recuperare tanto
materiale per comporre una visione ampia dell’opera di Capovilla.
Nei pannelli che
separano la galleria dalla caffetteria, sono disposte alcune decine di foto a
colori in una specie di locandina che invita i visitatori a dare il loro
contributo per rintracciare queste opere disperse.
Martina
Corgnati, che scrive le note critiche nel catalogo di questa mostra, coglie la
sintesi dell’artista tra il suo essere regista e poi pittore: la necessità lo
muove verso la pittura ma nelle sue opere la sensazione di una visione da
fotogramma è percettibile nel colore e nel taglio delle immagini.
L’atmosfera che
si sprigiona dall’insieme delle tele, cinquanta, dipinte ad olio con prevalenza
di ritratti oltre ad altre opere figurative di carattere surreale e simbolico, è
quanto mai suggestiva per l’intensità dei colori trattati con spontaneità, senza
accorgimenti tecnici e inutili preziosismi. La matrice espressionista è ben
marcata in ogni soggetto e nella scelta di una tavolozza che predilige i gialli
acidi, i verdi e i rossi carminio stesi con sguardo d’amore verso tutto quel
mondo che però non ha compreso la portata poetica del suo agire.
Tra i ritratti
tutti molto espressivi, essenziali e intriganti, emerge il suo autoritratto,
solitario protagonista che guarda oltre il limite dello spazio a lui destinato:
Paolo appare come un profeta, un uomo capace di esistere con la sua passione,
forza, debolezza, dubbio,continua ricerca di un senso delle cose in cui talvolta
s’è smarrito e s’è ritovato.
Dalla sua
produzione è assente il pensiero d’appartenenza a correnti artistiche più o meno
avanzate o di moda: lui ha dipinto ciò che davvero lo interessava senza cercare
altro consenso che quello suo proprio e quello degli amici.
In fondo questa
è una lezione di saggezza della vita di un artista che ha dipinto la sua visione
del mondo senza preoccuparsi del successo.
Nel catalogo
sono riportate alcune testimonianze scritte dai suoi amici: sono tutte un
appassionato ricordo di una persona rara, difficile da definire in pochi tratti
proprio per la sua grade compessità, ma c’è un comun denominatore:
l’intelligenza e la grande cultura.
“Suonava l’armonica al telefono”
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