Presentazione di
Maria Luisa Spaziani
Forse ha ragione Goethe (anzi è certo): Tutto è già stato
scritto. Lo sospettavano addirittura i presocratici. Già i preomerici avevano
capito che il mondo non è mai stato giovane, dal momento almeno che abbiamo
cominciato a conoscerlo attraverso la parola, che altre creature prima avevano
gioito e sofferto per le stesse ragioni e - quello che soprattutto conta - che
stavano cercando il modo di esprimere dei sentimenti portandoli alla luce della
coscienza, quindi inventandoli grazie al dono del linguaggio e dei segni.
Tuttavia è inevitabile, di fronte a un nuovo manoscritto di
poesia (come di fronte a un libro fresco di stampa) andare alla ricerca più o
meno inconscia del famoso nouveau di Baudelaire. Caso mai lo trovassimo forse
non saremmo preparati a tanto, ne saremmo spaventati e vorremmo ritornare in
terra conosciuta come l'astronauta carnalmente e psicologicamente perso
nell'infinito pensa con nostalgia e rimorso - al tepore della sua casa. E’
così, leggendo le poesie di Luccia Danesin che ancora una volta, rassicurati se
non illuminati, ritroviamo le corde ben note e care:
“il tremito leggero | di una foglia”. “La grazia che ripaga”
e può scaturire dal profumo dell'anisette "nel tepore | di una piazzetta
parigina". E imperanti sullo sfondo, il brivido dell'amore, della memoria e
della morte, le tre ineguagliabili linfe che salgono a nutrire il tessuto della poesia. Ma
connotazioni liriche e astratte si compensano qui grazie al peso, alla
corporalità, all'aderenza fisica. Nessun sentimento è romanticamente gridato.
Una superiore saggezza frena gli abbandoni e li trasforma in sigilli ("con
lunghi fili d'ironia"). Ed è nella sensibile novità delle metafore che si può
trovare quel nouveau di cui si diceva, piccole sorgenti di grazia espressiva, di
acqua sovente capace di bucare la superficie indurita della nostra troppo
intelligente civiltà. Se talvolta si insinua qualcosa di più esornativo ( io /
nuvola dentro / una conchiglia) è degna di attenzione la sapienza metrica,
l'essenzialità di questa voce dalle probabili radici che si usa definire
ungarettiane. Qualche breve poesia dovrebbe essere citata in esteso per quel
rispetto che si chiede al tipografo:
Silenzio -
la mente nomade si
acquieta
alla riva del presente
e nel perimetro del corpo
è ancorato il suo
rifugio.
Ma vorrei finire questo primo augurale saluto
a Luccia Danesin citando due suoi versi di cui certo mi ricorderò ancora ben
oltre l'occasione di questo incontro: "La gatta che mi guarda
| con spicchi del
tuo cielo".
|