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Un racconto

Ed ora so che si deve innalzare la vela
ed afferrare i venti del destino
dovunque sospingano la barca.
Dare un significato alla propria vita
può portare alla pazzia,
ma una vita senza significato è la tortura
dell'inquietudine, del desiderio incerto -
barca che anela il mare e tuttavia lo teme.

(dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters)

Il letto

Il letto s'imponeva, alto e maestoso, in tutta la sua solida bellezza, la grande mole troneggiava nel centro della stanza dominandola, mentre la donna, sdraiata supina era confusamente preda d'un disturbato e confuso dormiveglia e i suoi pensieri non apparivano nitidi, ma stranamente tortuosi, quasi facenti parte d'un sommesso e inesauribile corso d'acqua che la penetrava, percorreva il suo intimo, coinvolgendola in un remoto ma percepibile sussurro.

D'improvviso, l'incessante mormorio cessò, come per incanto e, nel silenzio assoluto della stanza, ella ebbe quasi una folgorazione, un'intuizione improvvisa, osservando un particolare, al quale, fino al quel momento, non aveva mai dato peso: il suo compagno, allungato in un'ampia e comoda posizione, occupava gran parte dello spazio nel letto, relegandola in un angolino minuscolo, ed ella si trovava racchiusa in una dimensione breve, raggomitolata su se stessa, una perla luminosa posta all'interno d'uno scrigno prezioso, che non le permetteva, però, movimento alcuno.

Quell'improvvisa rivelazione, del resto abbastanza normale, perché il rinnovarsi della situazione, giorno dopo giorno, anzi notte dopo notte, come un ordine prestabilito e ineluttabile, un susseguirsi normale d'avvenimenti inconfutabili sembrò, improvvisamente, turbarla, facendola svegliare del tutto, realizzando, in un insignificante ma famigerato istante, che la sua posizione nel letto era, in fondo, solo il simbolo di un'esistenza rannicchiata su se stessa, alla stregua d'un animale piccolo e indifeso, al riparo d'un grande albero, rifugio certo per lei, ma, nel contempo, schiacciata da un'entità vasta e opprimente.

Tale riflessione la infastidiva e, nello stesso tempo, la liberava, perché le produceva una serie di pensieri e ragionamenti successivi, che andavano ben oltre l'idea del letto stesso.

Una parte della sua mente: quella che rifiutava novità e pensieri molesti, rifugiandosi in verità assolute e irreversibili, si mise subito in azione ad osservare i particolari della stanza: esaminava il letto, anzi, la bellissima spalliera, in ferro battuto, che formava dei disegni molto articolati: minuscole foglioline e squisiti fiori, accuratamente eseguiti, si offrivano, con inusitata grazia alla gioia dell'osservatore, quasi che il miracolo della natura, avesse potuto materializzarsi e prendere vita all'interno della piccola stanza, resa così importante dall'immensità del letto.

Il pensiero della natura, nella sua misteriosa grandezza e, nel contempo, nella sua semplicità, sembrò momentaneamente tranquillizzarla, come una verità irrevocabile, alla quale non è possibile opporsi: la natura, con le sue leggi dominanti e inflessibili, tramandate nel corso dei secoli e lei, piccola e insignificante donna, di fronte all'immensa vastità dell'universo, eppure facente innegabilmente parte di esso, nel suo piccolo spazio, rannicchiata su di un lato del grande letto.

Il suo sguardo si spostò nuovamente sul suo compagno, che riposava, placido e inconsapevole, al suo fianco, occupando la quasi totalità della superficie: gli occhi leggermente socchiusi, dalle ciglia lunghe e infantili, le ciocche dei capelli scomposte, ma in modo tenue, delicato, si arrotolavano su se stesse, simili ai fiori e alle foglie di ferro battuto, che componevano la testiera del letto.

Il suo corpo, disteso in un sonno tranquillo e ristoratore, appariva immobile e la donna, pur non essendosi prodotto alcun evidente cambiamento dall'avvenuta precedente consapevolezza, fu presa da un moto di incontenibile rabbia, alla quale non riusciva a sfuggire, mentre le immagini, serene e rassicuranti di poco prima, non riuscivano più a prendere il sopravvento su di lei e, tutto il suo essere, si sentiva schiacciato, sopraffatto, impedito in qualsiasi movimento o azione, il respiro leggermente affannoso, i battiti del cuore amplificati, tanto che le sembrava d'udirne il rumore e, che tale rumore, rimbombasse sordo nella stanza, rendendo quasi inverosimile non udirlo.

Era mai possibile che tutta la sua esistenza fosse trascorsa così, un istante dopo l'altro, alla stregua d'una piacevole appendice, nel modo definito per gli altri, ma indefinito per se stessa e le parole, le parole pronunciate fino a quel momento, certo, erano forse state banali, ma logiche e convenienti, per una vita pianificata in predeterminate direzioni, senza sconfinamenti imprevedibili, uccidendo, così, in modo inequivocabile, qualsiasi diversa forma di vita?

Un ruolo determinato, ecco cos'era stata la sua vita fino a quel momento, ed ella vi si era forse assoggettata, attimo dopo attimo, come si assoggetta, impassibile, la terra all'arrivo della pioggia, senza poterne scegliere la musica, irruente o melodiosa, come si piegano, docili, le foglie degli alberi al sussurro del vento, quasi stupite di tanta arrendevolezza, eppure consenzienti vittime, e tale evidente sottomissione era riuscita così piano, piano ad addormentare, le sue potenziali capacità, in un letargo infinito.

A tratti, momenti di tardiva ribellione, sembravano sopraffarla, e il battito del suo cuore impazzito, continuava a tormentarla, richiamandola alla vita.

Improvvisamente, sentì che doveva uscire a tutti i costi dalla stanza, diventata ormai luogo di insopprimibile tirannide; si vestì in modo lento, senza fare rumore, perché le sua presa di coscienza era ancora troppo giovane e fragile, per sostenere uno sguardo indagatore o la stupita sorpresa di due occhi allibiti.

Ebbe un attimo di incertezza, prima di posare la mano sullo stipite della porta: la sua probabile assenza sarebbe potuta durare da un'ora all'infinito, l'unica, inderogabile certezza era il cambiamento prodotto in lei, e questo le procurava un senso di piacevole eccitazione, come se il mondo fuori fosse soltanto un libro dai differenti capitoli, alcuni da leggere tutti d'un fiato, altri da assaporare lettera dopo lettera, fino ad esserne talmente pervasi da fare tesoro d'ogni sillaba.

In fondo, la chiave di lettura del suo sgomento, era solo confidare in se stessa, per poter esternare le proprie potenziali capacità, che significato potevano avere un'ora, oppure un intero giorno? In realtà, il tempo futuro, era solo lo stimolo necessario alla sua nuova consapevolezza, ma non era determinante o determinabile quantitativamente.

Il letto, ampio e solenne, con le sue graziose e rassicuranti foglioline, sembrava osservarla impensierito, ma ella intuiva, che in un futuro prossimo o lontano, ma percepibile per lei e lei soltanto, non avrebbe mai più occupato un piccolo e insignificante spazio, al margine d'una sponda e questo sembrava farla riflettere, rendendola felice e preoccupata, ma, per la prima volta partecipe, comparsa o protagonista, non aveva importanza, ma partecipe e non spettatore indifferente.

Ad un tratto, così come era all'improvviso cessato, riprese il mormorio sommesso, simile al lento scorrere d'un fiume, che l'aveva così irrevocabilmente svegliata alla vita, ella sorrise, riconciliandosi con se stessa, ne avrebbe seguito il percorso, da sola o con il proprio compagno, un percorso a volte difficile, a volte intrigante, a volte pericoloso, tutto questo non rivestiva più una grande importanza.................il mondo l'aspettava, fuori e dentro quelle piccole mura, ed anche il letto, adesso, sembrò farla sorridere.

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