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da: Letteratura Italiana Contemporanea
pp. 248-249

Il marciapiede

C’è una lacrima sopra il marciapiede
ed immagino il mare ove l’umore
tutto lucente e fresco di caduta
d’ogni dolore e gioia trova foce.
Una piccola goccia trasparente
di colore compatto ed iridato
essa nasconde amore che travolge
gettito del tormento ch’è sbottato.
Non conosco il lamento inumidito
io legato a passioni e avvelenate
ghiandole secche agli occhi miei raduno
e il marciapiede aspergo di sputate.

Diomedia

Insonne nelle notti buie e amare
erotta dalle stelle la sorgente
il cielo nero vivo di filanti
pareva un mare cupo e la risacca
spandeva in ogni dove goccioline
pregnata dalla luce di lampare.
Supino sulle chianche dei declivi
smarrite vecchie ed altre d’illusioni
contavo brame prive di passione
sopita nel mio dentro la speranza
scrollavo dalla mente i desideri
d’un cuore freddo e scarno di motivi.
Oramai nelle viscere biancastre
ho imponenti basiliche di roccia
custodite da rondini e gabbiani
la volaglia romantica d’approdo.

La lùnula

Sul lungomare
tra i rifrangenti
colsi la lùnula
bianca cangiarsi in rosso.
Siamo i pastori
che pascoliamo
mandrie assetate
torno i ferventi pozzi.
Ora ci resta il fuoco
a depurare addiacci
dalle carogne
e pregar Dio
che così sia.

Partendo da postulati teoretici fondamentalmente basati sulla comunicazione attraverso la parola e il concetto di poetica, Gemmellaro edifica una vastissima costellazione contrappuntistica le cui eco dialettiche risuonano dall’osservazione di marca esegetica all’approdo al verso. Vi si dibatte l’identità letteraria quanto l’ideale immaginario poetico (quale, come e perché esista nella legittimazione figurale) con le sue analogie giocate sull’equilibrio tra progetto filosofico, funzionalità simbolista e progetto lirico. Le peculiarità di simile itinerario conducono fatalmente al delta di un vero e proprio movimento culturale la cui imprendibile e certo autorizzata estensione può (e potrà) dialogare in aree anche non letterarie: è quanto emerge, del resto, dalla fisionomia del linguaggio di Gemmellaro, visibilmente colto senza niente togliere all’impeto, alla vibrazione emotiva provocata dal sistema strutturale in cui affonda le radici una rinnovata coscienza della parola poetica, del codice comunicativo rimesso in discussione e rinnovato. Infatti: quel che si contrae o si dilata in questi versi è soprattutto la pulsazione inesauribile della conoscenza.

Nato a Jesi (An). Attivo all’interno di un’intensa vita culturale ampiamente distribuita in più istituzioni, Ferruccio Gemmellaro – la cui opera è stata riconosciuta da premi e lusinghieri riscontri critici – è presente in importanti antologie. In campo narrativo ha pubblicato L’acchiatura, Stellette e radar, Quella notte fatta di sogni e di mistero, Il Conte d’Aci Castello, Racconti Cisfantastici e la trilogia costituita da Stele daunia per la vergine Beccarino, La pulzella delle specchie e La mercenaria. Per la poesia (ricchi i volumi collettanei), nel ‘95 è uscito Omologismo. Saggista di forte rilievo, dal ‘96, con lo studio L’omologismo prende il via un’ampia ricerca esegetico-creativa continuata nel 03 con Omologismo storico.

 
 

Composizioni varie
poetica

E più non piove

E più non piove
però la nube
fradicia d’acqua
rigocciolando
marcò quel tempo
ancor di un’ora
come clessidra
d’idrosecondi.
Avevo sciorinato il manoscritto
perché si riasciugasse la grafia.
È nella primavera scioglineve
nel mentre van calando le slavine
che l’uomo s’incammina e vi ritrova
le cose che d’inverno ebbe smarrito.

L’eterna tristezza

Di mia madre risiede in me il bagliore
al viso e nel parlare ne ho fattezza.
Il forcipe m’impose con dolore
i cronici motivi d’esistenza.
Piansi con i vagiti addio d’amore
i prodromi d’abbrivio alla tristezza.

I crani vuoti

Parve la giornata del giudizio
s’erano levati i trapassati
dall’immemorato loro ospizio.
Alla tregenda di New York
flessa di vampe pikadon
le venticinque pupillari
degli innocenti acerebrati
scempio da rùssula d’inferna
ebbero alfine requieterna.

A notte s'addormentano i ragazzi

A notte s’addormentano i ragazzi
sui guanciali che odorano di piombo
all’aurora ruggiscono gli schianti
le case s’azzittiscon di schiamazzi.
D’estasi colorata ti sapeva
e l’animo leggero ti faceva
la piccola tellina dei tuoi sogni
composita e dosata nelle fogne.
E dal tubo allo scarico legato
una nube di gas nell’abituro
riverso chiedi al cielo ormai sfocato
il conto di un così breve vissuto.

Il fagottino

La cicogna caduta dal suo nido
svolazzava stordita sopra al tetto
e ha voluto ugualmente consegnarlo
il piccolo fagotto stretto al becco.
Ma ha confuso il parquet con il catrame
il letto della luce col bidone
e invece delle piume c’eran bucce
del morbido cuscino una lattina.
L’infelice creatura di quel gioco
vissuta appena il tempo di un vagito
la cicogna lassù l’ha riportata
sui picchi senza amore e senza vita.

Il colibrì

Undici lire l’esportazione
e nove ancora la nazionale
tanto costava la sigaretta
che m’aspiravo dopomangiato.
Una mucca davanti alla porta
delle case con tante finestre
ragnatela
e la preda
che riconta gli artigli ed i fregi
e le greche e medaglie e mostrine
color rossovermiglio
decumbente
prona a sangue.
E furibondo il televisore
a nottefonda ci visualizza
ombre e fantasmi stupefacenti
cerebromiasmi del nostro olfatto.
Io sono un colibrì
di sera muoio
risuscito nell’alba
col mio frullio.

Lido del sole
Un viaggio ancora

Gambe che arrancano la rena
di cibernetico femmìneo
irretimento
lingua che slava dal salsume
cùpide labbra di maschile
aspirazione.
Dita che sconciano il pacciume
entro le ciocche di sensuale
vagheggiamento
dita che sconciano la flessuosa
molle battigia e la tortuosa
zattera d’uomo.
Tutta sgocciata di risacca
s’era abbracciata al suo compagno
e tremolante
fra le ginocchia poi s’infranse
prona a fiutare le villose
insinuazioni.
Tale m’apparve tra gli sbuffi
di onde cadenti sull’ignudo
iridiscente
tale m’apparve sconosciuta
e che mai più l’avrei incontrata
serica donna.
Onda garganica rincorre il mare
con cateratte di biancastre rupi
ad incontrare le rocciose cale
e combinarsi in cavernosi greppi,
vividi lumi amalfitani grondano
come spirali di braccianti sbalzano
su la distesa di cristallo crespo
a seminarla di lampare tremule.
E mi riaffiora
caliginosa
fredda barena
l’ultima proda
di maculata
ruggine rena.

 
 

saggistica

Etologia poetica
il fruitore

La Geografia definisce omologia1comparativa la corrispondenza nell’andamento dei margini delle aree continentali che si guardano su uno stesso oceano; tipica è l’omologia comparativa tra il profilo della costa occidentale africana e di quella sudamericana orientale, comprovandone l’appartenenza comune e che ci fa prestare fede all’immagine di una primordiale Pangea2 emergente dalla Pantalassa3.

L’Etologia – lo studio dei comportamentali animali accomunati da una medesima origine, in relazione all’apprendimento - chiama omologia di tradizione una condotta tramandata per via culturale – l’ubbidienza al genitore, al superiore… - diversificandola dall’omologia filetica4, invece trasmessa da informazioni scritte nel genotipo, questo il complesso dei caratteri ereditari - il colore degli occhi trasfuso dagli ascendenti – ancora distinti dal fenotipo, che è la struttura dei caratteri fisici alla quale partecipano fattori ambientali.

L’Etologia, si diceva, chiama omologia di tradizione quel comportamento tramandato per via culturale… un poeta, quindi, che nelle proprie opere vada ad omologare la tradizione dei Padri Fondatori è un omologista della tradizione.

Lo è quando, ad esempio, componga versi con espressioni tecnicistiche dell’Haiku, una terzina rispettivamente di cinque, sette e cinque sillabe, correlate alle connotazioni originali, tropologiche o semantiche, che il poeta giapponese voleva fossero in riferimento alla natura.

Edipo

Nel prato il noce
genuflesso bramava
tornare al seme

Saffo

Il vento soffia
mulinelli di foglie
sperdute in terra

Aids

Il sole crepa
in quegli orti d’aprico
il melograno.

da: Trilogia maledetta, 1994.

E lo è sempre qualora abbandoni l’antico simbolismo – dove il sentimento dell’autore si manifesta nei vari aspetti che le stagioni palesano - per omologarvi se stesso, la messaggistica che in lui prorompe passionale nel linguaggio e nelle immagini, adagiandola sulla portante di una metrica essenziale, ancora, arricchendola di delicate figure tradizionali, quali l’anadiplosi5, sovente dal sapore epanalettico6.

La penna – è stasi –
Pure in agguato al verso,
non scorre foglio.

Non scorre foglio
Poesia del silenzio:
latente gemma

da: Pertinenze della poesia, 2003 di Giorgio Cipulat

L’omologia filetica, dicevamo ancora, determina il comportamento trasmesso dal genotipo… il poeta, pertanto, che nelle opere ricalca le specifiche peculiarità della sua gente, che in lui erompono genuine attraverso l’inconscio, è definibile omologista del genotipo, il più vero, spontaneo.
L’argomento, sia chiaro, è esclusivamente d’antropologia culturale.
Fatte salve le pulsioni dell’inconscio collettivo e dei suoi archetipi, frutto di remote radici comuni, la poesia composta da un Gibran possiede un mondo che un Leopardi mai può sentire come proprio, per quante esperienze possano vivere in qualità di cittadini del pianeta, pur lasciandosi tentare dalle tendenze verso una dimensione culturale mondiale, alla quale è stato imposto il brutto termine di globalizzazione.

In ultima analisi, tuttavia, grande interprete delle opere è il fruitore ed è questi a confermare o meno l’omologista che ha di fronte. Nello scorrere il logismo dei versi, racchiudente tutta la messaggistica d’autore, è infatti il fruitore, avanti ad ogni esegesi, il solo a trarne una risposta.

Importante è il chiarire la diversità tra l’uditore o lettore di una poesia (o di una composizione musicale) ed il suo fruitore, oppure, più in generale, tra l’osservatore o spettatore ed il fruitore di opere artistiche, sovente accreditati in sinonimia.
I primi appartengono alla schiera dei testimoni, vuoi per desiderio d’accculturamento, d’informazione, vuoi per studio, lavoro ed aggiornamento, vuoi spinti da semplice curiosità o amicizia…
Il fruitore, invece, è colui che, dall’opera, trae responso alle proprie problematiche esistenziali, l’insegnamento, lo scioglimento dei dubbi, il godimento sensuale; ed ancora, è colui che, nell’immagine artistica, si protende verso uno squarcio che aveva sempre anelato, che mai, però, era riuscito a materializzare, neppure nell’onirico.

Un’opera priva di fruitori non è sicuramente artistica, anche se possiede innumerevoli testimonianze.
Il fruitore di un espressionismo, allora, diviene il soggetto in cui l’autore sia riuscito ad omologarvi la sua messaggistica, ovvero il soggetto pregno di conati da connotazione artistica.
Il fruitore, in sintesi esplicativa, diventa l’appendice artistica dell’opera, la tela, il pentagramma, la pagina… umana.

Note dell'autore

1 - Omologìa dal gr HOMOLOGOS affinità, conformità…
2 - Pangèa unico continente prefisso Pan e lessema Gea dal gr PAN tutto e GE Terra.
3 - Pantalàssa unico bacino prefisso Pan e lessema Talassa dal gr THALASSA mare
4 - Filètico da non associare al tema gr PHILO amore (Filologia amore per le lettere), bensì a PHYLE tribù – razza - etnia, quindi varrebbe quale loro aggettivo, riconoscibile sinonimo di tribale, razziale, etnico. L’equivoco potrebbe nascere, ad esempio, con termini come Filellenico, che non sta per tribù ellenica, ma amore per ciò che è greco.
5 - Anadiplòsi o Epanadiplòsi dal gr ANADIPLOSIS raddoppio – EPANADIPLOSIS raddoppiamento consiste nella ripresa, all’inizio di una strofa, del verso precedente.
6 - Epanalèssi dal gr EPANALEPSIS prendere di nuovo consiste nella ripetizione, dopo un certo intervallo, di una o più parole; è comunemente utilizzato nella prosa per rafforzare un’idea.

Si ricordino, nel contesto, le seguenti figure retoriche:

- Anàfora ripetizione di una o più parole all’inizio dei versi
- Epìfora o Epìstrofe ripetizione di una o più parole alla fine dei versi o delle strofe
- Refrain il ritornello che nelle canzoni va a legare le strofe
- Epifonèma verso sentenzioso che chiude la poesia.


autore
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