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Antologia critica su
Caprice des dieux

Luigi Pumpo
Voce del Sud, Lecce, 6 marzo 1993

«…Naturalmente noi lasciamo agli altri le indagini psicologiche su fatti e vicende, ma rimane lo straordinario evento di un poeta che ci chiama a gran voce dentro la sua vita, a un dialogo nel quale dobbiamo cogliere la sostanza del messaggio che lancia a gran voce. Un messaggio che balza dalle pagine senza fughe disonorevoli, ma che figura una vita e un’esistenza di cammino interiore. Angelo Lippo riesce ancora a soffrire e vincere i suoi dolori sgranandoli in emozioni e ricchezza di cuore perché si sente come uomo che sa ancora cercare la ragione della mente e tuttavia non riesce a tacitare quella del cuore, egli continua a scrivere per noi, attenti lettori, in quanto non teme le girandole dei sentimenti: non sono loro che lo soffocheranno…»


Paolo Ruffilli
Il Resto del Carlino, 10 aprile 1993

«…nella cui vocazione si evidenzia un’istintiva tensione orfica, il fluire del lampo, la sua azione disgregatrice, la casualità del movimento, la mancanza di orizzonti, il buio pesto della conoscenza, sottendono nella poesia di Lippo, cui l’Io del poeta oppone lo specchio riflesso attraverso il quale il passato ritorna presente e si propone come futuro. Piccolo ma decisivo spiraglio attraverso il quale passa il riscatto, o per lo meno il tentativo di autosalvezza, dal vuoto e dalla disperazione alla scoperta che, dall’abisso di noi stessi, qualche filo del gomitolo si può anche tirare…».


Maria Di Lorenzo
Il rinnovamento, Napoli, Mag/Giu. 1994

«…La materia di questi versi, a ben vedere, è assai antica, lo splendore e il mistero dell’amore, ma non è frusta la fantasia del poeta; la sua ispirazione, al contrario, è sincera ed è governata da una passio0ne decisamente matura nello stile, nonché nell’adesione quasi fisiologica agli spetti fenomenici del mondo naturale (a evocare una sorta di miracolo panico) nel loro trascendere e riverberarsi dentro i simulacri sconvolti del presente…».


Davide Argnani
portofranco, Taranto, Ott/Dic. 1993

«…Angelo Lippo, che conosco solo per letture sparse e occasionali, su riviste e antologie, mi ha sempre incuriosito per il suo modo di scrivere e per ciò che dice. Nonostante una sua cauta religiosità della vita, nei suoi versi si intuisce sempre l’ironia e la scansione sublime del Poeta. Dico del Poeta perché è proprio ciò che scaturisce dai versi della sua poesia. In più, come in tanti bravi poeti del Sud, c’è quel costante trasporto lirico-classico della poesia solare o alta degli antichi…Ma secondi me c’è anche, e spero non dispiaccia al poeta Lippo la mia personale lettura interpretativa dei suoi versi, c’è, dicevo, da verso a verso, il senso di una grande allegoria dell’umano palcoscenico delle cose terrene e del mistero della morte. E il verso, incalzante, sottile, ironico, si mantiene sempre alto, distinto, assumendo tutta quell’ampiezza di sonorità e di canto propria della poesia senza inganni…».


Maria Marcone
Ionio, Taranto, 24 gennaio 1993

«…Tutta costruita su metafore ardite e incisive, la poesia di Angelo Lippo è impalpabile leggera ma nello stesso tempo estremamente identificabile, con connotazioni personali che la rendono originalissima come una carta d’identità…»


Luigi Bianco
Harta, Catanzaro, Dicembre 1992

«…Non capita facilmente di leggere un canto d’amore con tale fiducia, con tale respiro lungo. Non capita facilmente di intravedere – dietro le parole – un’unione felice, un sentimento pieno che s’avvicina al canto degli angeli. E nemmeno quando il tempo è ormai tanto, s’affaccia la paura (La tartaruga che fissa il tempo / e ci fruga i sentimenti più nascosti / lenta passeggiando reclama / il niveo spumeggiare dei colombi. / E siamo epifania di voli). Il volo finale dei colombi mi sveglia da un sogno impossibile e bellissimo: grazie, Lippo….».


Pasquale Infante
La Gazzetta del Mezzogiorno, Bari, 3 giugno 1992

«…Angelo Lippo intreccia un dialogo con la sua donna per coniugare amore e arte…E’ la solitudine delle generazioni di prima e di oggi che non si riconosceranno mai…».


Vincenzo Iacovino
Quotidiano, Lecce, 30 aprile 1992

«…E’ un ritorno vibrante della poesia d’amore: una poesia tersa, la cuii trasparenza, assieme al gioco vivo delle metafore e dell’accesa musicalità, conferisce ai singoli lacerti un ritmo unico…».


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