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Antologia critica su
Fragile artificio

Pasquale Tempesta
La Gazzetta del Mezzogiorno, Bari, 15 Ottobre 2007

«…Una posizione speculativa che non riguarda soltanto l’individuo, ma si riverbera sul mondo esterno se è vero che oggi “la regola è disubbidire” mentre “ognuno tende al rialzo”…».


Mario Mastrangelo
Sìlarus, Battipaglia-SA-, Maggio/Giugno 2007

«…Questa plaquette di Angelo Lippo, poeta e saggista pugliese già noto per avere diverse pubblicazioni al suo attivo, contiene pochi (in tutto nove) ma interessanti testi poetici, che confermano la validità dei traguardi letterari raggiunti dall’autore. In queste poesie, che si avvalgono di un linguaggio elaborato e maturo, dove i versi liberi, piani e distesi, fluiscono con armonia, emerge la forza evocatrice di una memoria individuale e corale…».


Antonio Spagnuolo
Vico Acitillio 124-Poetry Wave, Napoli, 11 febbraio 2007

«…Angelo Lippo offre un elegante libello con soltanto nove testi, pregni di un riflesso luminoso che non si esaurisce con la sola parola scritta. “Per realizzarmi bevo cicuta” egli urla nella prima pagina, quasi a farci intendere che il suo canto scorre con apprensione, attraverso una visione artificiale della realtà, per concretizzarsi in colorite metafore ed in consapevoli esplosioni…


Laura Pierdicchi
Qui Salento, Lecce, novembre 2006

«…Forse il vero protagonista di questa silloge è il tempo, perché attraverso il suo passare ognuno incide la propria vita. Dall’inizio alla fine tutto si evolve, i sentimenti e le emozioni cambiano, l’aspetto muta inesorabilmente, ma il tempo resta sempre lo stesso. E’ la misura invisibile in cui muoversi e che ci segue fino all’ultimo respiro. La voce di Lippo è essenziale. In ogni verso la parola è scelta per rivelare, cosicché il significato s’imprime in chi legge, coinvolgendolo appieno. Mai una ridondanza, una ricerca di giochi stilistici. Niente è lasciato al caso. Tutto questo è il risultato di una grande maturità poetica, e l’autore infatti ha già pubblicato molti volumi, oltre che operare attivamente anche come saggista e critico, ed è nome noto del mondo culturale…».


Luigi Scorrano
Presenza Taurisanese, Taurisano (LE), settembre/ottobre 2006

«…Nel linguaggio di Lippo, che tende a una colloquialità non priva di sostenutezza, s’insinuano e fondono senza stridore sia l’espressione che viene dal dialetto (come “Opera di diavolo” nell’incipit di Voce di popolo, in FA) sia si echi raffinati di una classicità lontana (un prezioso tassello catulliano in Se il tripudio di Calice: “cadono dai vitigni / acini ebbri saturi””: “ebria acina ebriosioris”), o vicina (un’eco ungarettiana: “ma i fulmini dell’estate capricciosa / hanno ferito le mie carni d’uomo” – Eppure un giorno ho sognato da FA: “…le mie urla feriscono come fulmini / la campana fioca / del cielo”, Solitudine, da L’Allegria): risemantizzati dalla situazione gli echi della memoria della poesia…».


Paolo De Stefano
Corriere del Giorno, Taranto, 24 agosto 2006

«…La tragica malinconia di Lippo si consuma in se medesimo: il colloquio con gli altri, se colloquio con gli altri, se colloquio c’è, vive di metafore che nascono dalla memoria dell’uomo che quotidianamente “beve cicuta”; l’immaginazione diventa traslato e il traslato si liricizza in una visione annullatrice della vita. Una vita che “sgomitola” e non si sa ove il figlio finisca oltre al naturale finire. Poche liriche, nove in tutto, un concerto di pensose meditazioni sul destino umano; parole che incidono e dicono: tocca a noi recepirle e meditarle…».


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