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Antologia critica su
La carne stretta
Giacinto Peluso
Gabbiola, Parma, luglio/agosto 1979
«…E’ ovvio che i suoi interessi si
identifichino con la poesia nata dopo il primo conflitto mondiale, sviluppatasi
nel secondo e che comprende i nomi di Ungaretti, Quasimodo, De Libero,
Sinisgalli, Gatto, Luzi, Batocchi, Sereni, Landolfi e di qualche altro ancora.
Citando questi nomi non ho inteso classificare Lippo: ho voluto dire soltanto
che a me sembra siano questi i poeti coi quali egli ha maggiori affinità di
gusto e di stile. Ma proprio questa affinità spinge ad indagare un po’ più a
fondo e cercare di scoprire e di definire la poetica di Lippo. A mio parere, la
poesia di Lippo è poesia pura nel senso che essa vuole liberare la espressione
del proprio mondo da ogni contaminazione di strutture intellettualistiche,
materiali, culturali e da preoccupazioni pratiche. In parole più semplici, essa
è lirismo espresso con incisività tradizionale, affrancato dalla fedeltà a vero
inteso in senso esteriore, ma strettamente fedele al vero interiore…».
Lucio Zinna
Sintesi, Palermo, novembre 1979
«…Affidata alla “probità delle parole” la poesia di Lippo, densa di
suggestioni e di immagini, trova i suoi più elevati accenti nella riscoperta dei
significati smarriti, dei sentimenti semplici ed eterni, come nell’eccellente
lirica che si intitola “Mitologia familiare”, dedicata alla moglie…»
Guido Battistello
Il Gazzettino Illustrato, Venezia, dicembre
1979
«…Angelo Lippo è poeta sensibile che sa
usare magistralmente la parola per dare senso e verità al suo discorso poetico,
un poeta che non si serve di archetipi. I suoi versi sono personalissimi,
pregnanti di messaggi, ed il poeta si avvale della sua esperienza, di
osservatore attento e scrupoloso della realtà in cui vive…».
Vnicenzo Iacovino
Dimensioni Culturali, Torino
La Voce del
Popolo, Jugoslavia, Dicembre 1979
«…Raccontare in termini esistenziali i
limiti della società meridionale, indicare le turlupinature subite dal meridione
e le nuove realtà del mezzogiorno, significa comunicare, significa restituire
alla parola alla poesia il suo sapore oppositivo e di ribellione. L’unità lirica
e poetica di questo “La carne stretta” si rinnova di volta in volta, di sezione
in sezione; le parti si rinsaldano quando il tocco esistenziale investe sia il
registro pubblico che il privato. Tutta la poesia de “La carne stretta” è un
continuo alternarsi di pubblico e privato, un continuo compenetrarsi dei due
temi. Filtrare le motivazioni di un Sud con occhio razionale ed asciutto finisce
per troppo personalizzare o troppo caratterizzare di sé i frammenti poetici cui
Lippo consegna il senso della sua poesia. Si fa quindi concreta la parola del
poeta e prende le debite distanze dai richiami delle sirene…».
Gennaro Malgieri
Secolo d’Italia, Roma, 22 dicembre 1979
«…Per tale motivo Lippo è un intellettuale
moderno che tuttavia resta legato alle sue origini, ad un mondo di tradizioni e
di sentimenti che la sua poesia emblematicamente riassume. Nella stessa
struttura del verso – sempre preciso, misurato, eloquente – è dato riscontare
l’umiltà del poeta che con genuinità “narra” cose semplici, quelle cioè che
fanno del Sud qualcosa di diverso e dei suoi figli esempi di orgoglio muto, come
si conviene ad ogni vero aristocratico…».
Riccardo Marchi
Oggi e Domani, Pescara, gennaio/febbraio
1980
«…Angelo Lippo la denuncia, forse se ne
libera. Purtuttavia l’atmosfera poetica risente della grande afa meridiana,
riecheggia malore ancestrale. Aggiungiamo che i versi scarni e di poche bellurie
stilistiche sono caratterizzati da un rustico sentimento di rabbia trasfuse in
un opaco alone di fallimento: questa, forse, la chiave di lettura…».
Lina Livigni Galli
Nostro Tempo, Napoli, marzo 1980
«…C’è in questa poesia il rifiuto del gioco, del superfluo; rare le analogie,
abolite – o quasi – le fantasie surreali, esorcizzata ogni suggestione
linguistica; una depurazione totale da quanto possa distrarre dall’attenzione di
fondo, che ha sempre un gusto morale, coincidente con le perdite civili,
ecologiche, private dell’uomo: dell’uomo – coinvolto nell’amara vicenda
dell’essere – come “involucro / da ventiquattr’ore”, predestinato a una
solitudine infinita: “mi canto l’assolo e basta / in fondo non mi sta bene?”…»
Francesco Lala
Quotidiano, Lecce, 11 marzo 1980
«…Sono trentasette liriche al cui primo
avvicinamento quel che più si fa notare è una certa coerenza sia stilistica che
di contenuti. E’ certamente un poeta al quale piace procedere senza impennate o
funambolismo di maniera, lungo un sentiero piano che ci ricorda un po’ Vincenzo
cardarelli o Vittorio Bodini, qualche volta con lievi toni vagamente discorsivi
la cui matrice può essere individuata in Cesare Pavese. Lippo però sa trovare un
cammino proprio, un canto di abbandono intimistico, qual tanto tuttavia che lo
lega alla vicenda umana, agli affetti e alla realtà di ogni giorno, di ogni
uomo. Gli oggetti (mare, foglia, fieno, filo d’erba, cancelli, carretti di
noccioline, i licheni, le lumache, i gabbiani, il papavero, orologio) formano la
sua poetica del quotidiano, le cose cui aggrapparsi per evitare il naufragio, in
un mondo molte volte non fatto a misura d’uomo, di vorticoso consumismo. La
poesia così diventa liberazione e mezzo di superamento, in bilico tra calma
riflessione e più mosso risentimento…».
Piero Mandrillo
Il Cittadino di Puglia, Lecce, 15 aprile
1980
«…Lippo anzitutto distende il suo discorso
entro un tessuto linguistico ed immaginifico che mescola concreto ed astratto
fantasia ed intellettualità, cultura e sentimento. Non cerca piacevolezza di
rime e di ritmi, pure possiede nell’endecasillabo uno strumento docile e
suasorio, ma non ne abusa. Mai. Dice ciò che vuol dire a costo di apparire
prosastico, utilizza i termini precisi, demistificanti. Il sociale convive col
privato, col personale, col familiare, come è giusto e producente. In “Mitologia
familiare” Lippo offre uno degli esempi più puri di poesia d’amore, un genere
abusato e quasi sempre marchiato di affettuosa retorica. Persino allorché la sua
poesia è dichiarazione di poetica, come nel gruppo di liriche “Il Sud
ribaltato”, l’indignazione civile si nutre di notazioni corpose. Insomma, Lippo
resta sempre poeta, in tutta la silloge, anche se ovviamente “in una parte più e
meno altrove”.»
Liana De Luca
Controcampo, Torino, maggio 1980
«…Nel complesso la tematica e lo stile di Angelo Lippo appaiono di viva
attualità, anche se lontane da ogni estremismo e sperimentalismo, sincera
espressione di sentito impegno…»
Salvatore Arcidiacono
Gazzetta del Sud, Messina, 17 settembre
1980
«…Di Angelo Lippo, poeta, critico
letterario e d’arte, l’editrice Cressati di Taranto pubblica La carne
stretta. Si tratta di una raccolta ben organata che si fa apprezzare per
sincerità e asciuttezza di dettato e per il fondo morale dei vari componimenti,
specchio di una coscienza che senza nulla concedere alla letterarietà ed ai
futili sperimentalismi osserva e descrive, con virile dignità, il diuturno
snodarsi degli eventi. C’è nella poesia di Lippo essenzialità concettuale, una
sana amarezza su cui incombe il tragico fato degli uomini del Sud…».
Walter Nesti
Sintesi di realtà pugliesi, Taranto, 15
ottobre 1980
«…Lippo si presenta al mio spirito, alla
mia capacità di comprendere e gustare poesia, con tutta la vergine potenza di un
autore nuovo, per la fresca disponibilità del verso misto di ingenuità e finezza
espressiva, pigmentato di rimandi culturali che affondano le radici, più che
nelle esperienze novecentiste, in linfe corroborate direttamente da una
preparazione classica non arida o scolastica, ma metabolizzata e rielaborata con
un linguaggio moderno, vivo, a volte aspro, a volte tenero, sempre incisivo…».
Armando Meoni
lettera del 24 aprile 1979
«…Questa tua poesia mi piace perché non è
poesia cerebrale né poesia del sentimento, non lo è di rivolta né di
rassegnazione: è la poesia di chi porge e in egual tempo aspetta dal proprio
simile le parole che traggano entrambi da quella che Rosa Luxemberg chiamava la
‘miseria quotidiana’…».
Alberto Altamura
Cronache di Potenza, Potenza, 13 novembre 1980
«…Di qua discende all’ultima raccolta quel
suo carattere denso e corposo, fitto di luci e di ombre, di linee e di problemi
che si intersecano fra di loro: da quelli esistenziali e privati a quelli meno
privati e più a sfondo sociale…».
Marcello Cometti
Avvenire, Milano, 27 maggio 1979
«…La musica di fondo – che poggia su
metrica personalissima, cangiante eppure studiata, combattuta e limata verso
dopo verso – è comunque una sorta di io narrante molto forte e marcato…».
Federico Hoefer
Ragusa Sera, Ragusa, 6 ottobre 1979
«…Attraverso tale processo poetico, che si
avvale di una essenziale struttura linguistica, che esclude ogni e qualsiasi
tentazione di sperimentalismo, Angelo Lippo mostra chiaramente di avere
raggiunto una controllata maturità espressiva, maturata attraverso tanti anni di
diuturna militanza nel mondo culturale della sua regione: la Puglia…».
Gino Nogara
lettera del 2 luglio 1979
«…C’è la solidità, la concretezza di un
linguaggio coltivato che, se rifugge dalla sperimetabilità, non per questo
risulterà datato: è linguaggio attuale, nel senso che onora la parola di segno
poetico senza liricizzarla in assoli esaltanti e renderla strumento di
virtuosismi (vocalizzi) interpetrativi…».
Giuseppe Cassieri
lettera del 7 luglio 1979
«…Ho letto le Sue poesie e vi ho riportato
l’impressione di una schietta, dolente umanità…».
Giorgio Bárberi Squarotti
lettera del 3 agosto 1979
«…Ho letto immediatamente La carne stretta
che è una gran bel libro di poesie. Soprattutto là dove il suo discorso si fa
più ampio, scandito, inventivo, come in Morfologia di un silenzio, Qualcosa ci
distrae sempre, Le ragioni della vita ecc…i sui risultati sono molto alti (ma a
me paiono intensi e vivissimi anche componimenti di estrema concentrazione
epigrammatica come Assenze, Dove volavano le rondini, ecc…). Parlerò del libro
nell’opera, che sto preparando, sulla poesia di questi ultimi dieci-quindici
anni…».
Danilo Dolci
lettera del 12 settembre 1980
«…Trovo in quanto lei scrive un radar
sensibile e prospettico; e un tono autentico…».
Geno Pampaloni
lettera del 29 gennaio 1981
«…Mi fa piacere di dirLe il mio
apprezzamento dei Suoi versi, sia quelli editi, sia di quelli inediti (pur con
minore unità, mi sembra, anche se con qualche raggiungimento di grande
intensità: “Recitativo”, “Enigma”, “Le rondini disegnano”, quasi tutta la serie
di “Filo diretto”)…».
Ferruccio Ulivi
lettera del 14 gennaio 1982
«…Mi piace la densità e varietà di movenze
del suo discorso poetico, e l’umanità, pietosa, del ricordo…».
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