Antologia critica su
L'ape invisibile
Giovanni Parisi
Agorà, Manduria (TA), 19 marzo 1985
«…La silloge di poesia di Angelo Lippo con
presentazione critica di Giacinto Spagnoletti ripropone, nella scarna
essenzialità del vocabolo, il dissidio interiore della nostra esistenza, in una
sorta di smarrimento tra reale ed ideale, spleen ed ideal, con il bisturi di uno
scavo alla ricerca della propria identità, senza nulla concedere al verso
paludato ed accademico né alle assonanze (:…) Non è questa una poesia di
immagini né di analogie, ma solo il racconto di un fluire sotterraneo con il
gioco solo apparente della trasparenza della parola che è solo simbolo e
richiamo di sensazioni una sorta di autointerrogazione che rimanda alle
“Confessioni” di Agostino, con lo strazio dell’ambiguità e
dell’inafferrabile…».
Walter Nesti
Singolare Plurale, Trani, 20 gennaio 1986
«…E’ su questo terreno dunque che si
incentra e si scontra l’amalgama di un dialogo col mondo i cui lacerti sono
disseminati o incuneati in inserti di carattere più intimo, legati al percorso
spazio-tempo da ficelles non troppo rigide. Una vicenda fin troppo scopertamente
privata (si veda soprattutto ‘scrittura’), sa eludere il rischio della facile
interiorizzazione, dimostrando con ciò il grado di maturità raggiunto e
confermandosi una delle voci più genuine e solide della sua generazione…».
Daniele Giancane
Il Cittadino, Cavallino (Le), 1 luglio 1985
«…Una poesia che tende al frammento come
respiro suo proprio, alla condensazione lirica, al gioco aereo delle pause, in
momenti di assoluto e limpido realismo. Una prova matura, convincente, segno di una
personalità poetica oramai solidificata…».
Pierfranco Bruni
Secolo d’Italia, Roma, 1 febbraio 1986
«…Ma tutta la poesia di Lippo è poesia
d’amore o meglio è poesia degli amori lontani o dei vissuti che ritornano come
d’incanto a regnare in un tempo di tragedia dove tutto si desacralizza, dove
tutto scompare…».
Gianni Custodero
La Gazzetta del Mezzogiorno, Bari, 14 febbraio 1986
«…E’ una pagina-confessione esemplare di
una poetica a misura dell’uomo, senza enfasi, a fior di labbra, che si ritrova
in questa raccolta, nel segno di una presenza di una presenza sempre coerente
che non sacrifica alle tentazioni del nuovo a tutti i costi l’antica suggestione
della parola…».
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