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Note critiche a
Una misura incolmabile

Critica radicale
 
(Bologna) n° 1 - gennaio/giugno 1995

Riportiamo i versi per noi più significativi: a pag. 13: "(...) e nel tentativo | di ascoltare respirare gli altri, | si provoca il silenzio | ed il passare dei giorni.". A pag. 16: "(...) io, prima di essere ancora | voglio avere, degli altri uomini | quell'incerto delirio | e quegli specchi di luna | che nell'attesa che cade | posano della vita | soltanto l'eco". A pag. 16: "Rimbalza e si scompone il vento | oltre l'orizzonte delle stagioni | oggi che sale il buio di dentro | e non perché è notte o lo sarà | ma perché più di ieri | la città arde nel suo sonno, nel suo sogno di mura e tetti tracciati (...). A pag. 17: (...) E gli altri ci guardano in bocca | aspettando un affanno | ed una prossima età". A pag. 30: "In un giorno di primavera | i semi dei pioppi inondano l'aria. | Negli angoli delle piazze | i vecchi guardano il cielo tutt'attorno | e tutt'attorno | nessuno è la vita. (...)".


Nuove lettere
Istituto italiano di cultura (Napoli), n.ri 5/8 - gennaio '96

Danilo Mandolini, Una misura incolmabile, Spinea (VE), Edizioni del Leone, 1995 - Una visione stupita ed assorta della vita, sovente espressa attraverso un indefinito, montaliano "tu", emerge dai versi di questo giovane, promettente poeta di Osimo: "In cecità ed ombre | poter volgere fantasie | è per te | come riscrivere un verso." inizia la raccolta; che conclude: "Sarà poi un'altra stagione: | contare con lo sguardo | i pali legati insieme | dal filo spinato di un confine." E' il senso di un'esclusione che sa farsi consapevole espressione artistica prima ancora che esistenziale.


Il Majakovskij
(Laveno Mombello) n° 21 - 1996

Nella poesia di Mandolini esiste una tensione che cerca di far riemergere dai versi situazioni e problematiche ancestrali, come i dolori, le gioie, la disperazione. Il quotidiano si stempera nelle vicende che sottolineano mano a mano i passi e le riflessioni su ciò che la storia ci detta. Come quei sassi ad esempio che "ai margini della via, | riflettono le parole | fin dentro nell'ombra | ed è come scappare dal tempo...". Ecco: il diario diventa attesa, "un modo per asciugare i ricordi" e la vita, il tempo, non sono che un'eco come dei "pali legati insieme | dal filo spinato di un confine".


Panorama editoriale de
La nuova Tribuna letteraria
(Abano Terme) n° 42 - 2° trimestre 1996

Una parola d'ordine accomuna invece Roberto Pacifico - autore di Flauto di Pan e sax soprano - e Danilo Mandolini - con il suo Una misura incolmabile - pur con accenti e intenzioni sicuramente diverse: l'attesa. Un'attesa "ansiosa" è il movente di Pacifico, con il mito greco che insegna a diffidare di passatempi troppo (o troppo poco) umani. Per Mandolini, invece, l'attesa è misura imperfetta, "e si sta aggrappati ad un'attesa | quasi come a cercare una forma".


Marcello Vaglio
in: I limoni - La poesia in Italia nel 1996
Caramanica Editore, Marina di Minturno, 1997.

Giovane poeta marchigiano con esperienze comprese tra la pubblicazione di volumi in versi e la collaborazione a riviste, Mandolini si ripropone con una raccolta di forma poematica, in lasse di varia lunghezza in versi liberi. Il testo, ripartito in tre sezioni, si muove tra la ricerca di una propria cifra espressiva orientata secondo una sorta di postermetismo d'ispirazione autobiografica e gli echi di letture e di influssi letterari.


Guido Garufi
in: La Poesia delle Marche - Il Novecento,
Il lavoro editoriale, Ancona 1998.

Danilo Mandolini (Osimo, 1965) ha pubblicato diverse raccolte come Diario di bagagli e di parole (Ed. privata, 1993), altri versi in alcune riviste come "Tratti" e "Arenaria" o anche "La Bottega di poesia F. Pessoa". Il testo più interessante è Una misura incolmabile (Spinea, Ed. del Leone, 1995). La sua poesia, nell'apparenza di un'ambientazione lirico-elegiaca, risulta invece definitoria e gnomica, attraversata da una "gran luce metafisica" (Giachery) capace di amplificare lo stupore onirico e la meditazione poetica. Mostra una padronanza linguistica che oltrepassa lo sperimentalismo e si fa sempre più evidente e chiara grazie al sistema "diretto" che l'autore sa usare: una descrittività vicina alla prosa, lineare e dentro la medesima tonalità. Interessanti gli incipit che caricano e fanno da architrave all'intero testo e lo sostengono sempre dentro questo stile diaristico capace di raccogliere le voci degli oggetti (Mandolini ne produce una vera e propria fenomenologia) dotati di una consistenza vocativa. Così anche, soprattutto nell'ultima sezione del libro, dove alcuni segmenti rimandano agli scatti dei Mottetti montaliani, Mandolini esaspera positivamente le figure del tempo e delle stagioni con una tecnica scaltra di dislocazione degli episodi e dei personaggi. Una "tensione poematica complessa e articolata" (Ruffilli) che, a nostro avviso, sfiora persino - mimetizzata dall'atmosfera elegiaca - la materialità e il corpo, la concretezza e la denotazione descrittiva: "La vita dura | come dentro ad un cerchi | circondata da un ricordo | che è paura rimasta nella pelle".


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