Note critiche a
Dal gesto d'inizio
Paolo Barbagli
Laura Pierdicchi ricerca in sé la semplicità fanciullesca, il
nitore bambino come Emily Dickinson talvolta sognato, talaltra trovato, più
spesso perduto e rincorso in altalenante successione trasognante. I segni che
contraddistinguono questi eventi metatemporali sono fragili e forti, sicuri e
irresoluti come si conviene a una conquista sempre provvisoria ma sempre
sognata. Un colloquio con l'altro sé che assume al proprio interno tutte le
incertezze dell'esistere che la crosta del vivere ha fatalmente ricoperto di
apparente sicumera, vestendo i paesaggi dell'anima con parole attonite e
diafane, senza enfatizzazioni eccessive, con garbo e sobrietà espressiva.
Uno sguardo sognante si posa sulle cose, un pensiero
errabondo, "unpiede sulla terra – uno nell'aria" compendia il trascorrere
terreno di una voce tersa e illimpidita dalla certezza di contorni del reale.
Vilma Bonezzi
in: Sìlarus 12/1990
Originale, suggestiva, intensa, la poesia di Pierdicchi si
muove sui ritmi di una ricerca esistenziale autentica, giocata sui tempi di
analisi che vive del filtro della propria identità personale per aprirsi ad una
emozionalità "universale". Così, la stessa indagine stilistico-formale tende a
divenire registro fedele di tale inquieto scavare, disponendosi secondo le forme
e le allusioni di una creatività di notevole forza emotiva.
Domenico Cara
in: Attraversata dell'azzardo Milano 1990
Laura Pierdicchi con Dal gesto d'inizio riapre
alle consuete evidenze di scansione lirica una pulsione autobiografica tersa,
con cui riordina una misurata passione poetica, che va riletta e certo mai
improbabile o struggente o stridula, o eccitata e deforme nel lieto rtmo del
testo.
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