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Prefazione a
La suprema macchina elettrostatica
Sandro Gros-Pietro
La suprema macchina elettrostatica è un poema epico grandioso, volutamente
paradossale in modo da apparire spinto oltre i confini della scienza e della
fantasia. Ciò che all' autore preme come esigenza primaria è liberare la
poesia e l'arte in genere dai legami troppo stretti con la realtà spicciola e
con il tornaconto immediato delle cose: la consequenzialità meccanicistica di
corrispondenze acclarate e concausali alla ferrea concatenazione delle
interdipendenze razionali. La ragione e più esattamente le scienze appaiono agli
occhi di Veniero Scarselli, che proviene da una professione di studioso delle
scienze, una condizione di cecità ingannevole o comunque un balbettio
inconcludente di teorie suppositive. La vera dimensione della sapienza è,
dunque, il sogno immaginativo ovvero l'allusione fantastica. Grandissimo
demiurgo della poesia italiana contemporanea, Scarselli da tempo insiste ad
aprire l'orizzonte della poesia sul versante poetico del poema favoloso, avulso
dalla realtà, tuffato in un'immaginazione scatenata di affrancamento del
pensiero umano dai confini restrittivi della logica spicciola. In Scarselli
tutto nasce dal binomio oppositivo studiato da Erich Fromm, avere o essere, nel
senso che il poeta
attribuisce all'avere il concetto di ofelimità del quotidiano e all'essere la
fastosità del sogno. L'essere, dunque, è l'ipotesi suprema che tutto contiene,
ed è a tale punto completa da essere totalmente indescrivibile. Si può
raggiungere l'essere — e giungere ad abitare nello spazio immenso di chi
è, cioè
di chi ha ottenuto la cittadinanza della Città Celeste — solo attraverso le ali
del sogno, del mito, della favola, della proiezione della mente nella regione
affrancata dell'assurdo, in cui la logica è sostanzialmente analogica. Veniero
Scarselli è un grande maestro di libertà, e la libertà più importante da
conseguire è quella che affranca dai legami della verosimiglianza, dell'opportunità
logica, della temperanza cautelativa delle ipotesi, dello scontorno esplorativo
del reale, quest'ultimo capace di costringere l'uomo a rimanere attaccato
viscosamente ai processi meccanicistici come una mosca lo è al vetro, senza
alcuna possibilità di volare oltre. Scarselli si impegna a insegnare — o quanto
meno a rammentare —quanto sia esaltante (e artistico) per l'uomo il volo libero
della fantasia, quali spazi immensi di liberta e di dilatazione dell'essere
siano raggiungibili dall'uomo qualora si dimostri capace di superare i vincoli
meccanicistici dell'avere e di tutti i teoremi corollari che ne discendono.
Questo immenso territorio della mente umana, che si estende al di la dell'avere cioè del possesso denotativo e descrittivo della realtà,
è un territorio che
appartiene all'uomo da sempre e che si riveste di mito, di
credenze folcloristiche, di fede religiosa, di voli fantastici, di esplorazioni
fantascientifiche e altro ancora. Ma è anche un territorio che la cultura
contemporanea ha sostanzialmente recintato con i paletti della ragione e ha
delimitato come zona a rischio e contaminata da una propensione evasiva al
rispetto delle leggi sul tornaconto e sul riscontro immediato del reale: è una
zona off limit per l'intellettuale ossequioso del canone imperante. Tanto può
bastare perché uno spirito ribelle come Veniero Scarselli decida subito di
concentrare la priorità dei suoi interessi di poeta proprio su questa zona
proibita ai benpensanti e ne faccia il suo mito personale. Questo mito, nella
sua espressione più forte ed evoluta, si chiama la suprema macchina
elettrostatica. Si tratta di un'invenzione, nel significato etimologico del
termine: è una grande trovata. Nel poema si arriva a questa "trovata" scalando
la montagna sacra, che può essere metafora di quella tale montagna incantata
dispersa nella temperie alpina della Svizzera, nei pressi di Davos, sulla quale
discettava Hans Castorp nel romanzo di Thomas Mann, dedicato alla decadenza
della raffinatissima civiltà europea, già nel lontano 1924. Dunque, il poeta
scala la montagna della sapienza, sottoponendosi a un cimento esplorativo assai
faticoso, gustosissimo da leggere nella sequela inventiva delle ricche metafore
con cui è descritto. Nell'ultima erta della montagna, viene incontro al poeta la
Super-Gemma, la quale nei confini negletti della realtà è
sposa e compagna quotidiana di Scarselli. Nel fasto del poema, invece,
Super-Gemma è novella eroina angelicata di tradizione dantesca, ma con
ascendenti epici radicati niente meno che nel mito euridiceo e in quello di
Proserpina: è donna che ha cittadinanza nell'Altrove e che è depositaria della
suprema conoscenza delle cose, più esattamente è custode del seme germinativo
della vita eterna, come lo è Proserpina, appunto. Con espediente che ha circa
duemila e cinquecento anni di consolidata esperienza letteraria, e che risale
alla maieutica socratica, a questo punto del poema si apre una vasta fase
dialettica di intenso colloquio tra il poeta digiuno di sapienza e Super-Gemma
tenutaria del vero, la quale si presta a spezzare il pane della conoscenza al
suo beniamino. Cosi, sapremo della macchina elettrostatica, metafora del
deus ex-machina che risolve i problemi intricati
della commedia d'arte rinascimentale, e che nel caso specifico ci risolve il
problema annoso delle anime eterne, con scariche d'energia e altri scintilloni
interstellari, capaci di ridicolizzare le nostre più potenti centrali
elettriche superatomiche, confinate nei risibili anditi delle scienze umane.
Il viaggio poetico
di Veniero Scarselli, alla conquista della vetta sulla montagna sacra ove è
collocata la piramide che irradia scariche elettriche capaci di proiettare le
anime morte gogoliane nei campi elisi dell' eternità, è un viaggio per allusione
e per metafora dentro la cultura umana, con grande rivalutazione dei miti e delle credenze
popolari o folcloristiche e con una grande ripresa della sponda colta della
metafisica, quella tale ripa di concezione del mondo superiore alla misura
spicciola delle dimensioni del quotidiano. Ancora una volta, con la sua suprema
macchina elettrostatica, nell'opulenza di un sogno fantastico e nel fasto del
poema epico, Veniero Scarselli dà prova di essere uno tra i più grandi
affabulatori di poesia della nostra letteratura contemporanea.
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