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Emilio Baracco
Volare oltre il sogno
È uno tra gli artisti padovani più
schivo e riservato. L'ho incontrato nel suo studio, pieno di luce, grande, con
oggetti diversi, pezzi di sculture, e incasellati piccoli frammenti di cose
emblematiche che, assemblate, serviranno a costruire altre opere. Uno stpendo
torchio Brisset del 1800, vecchio quel
tanto che basta per renderlo importante, è lì
che serve a dar vita a fogli incisi. Comprato in una stamperia a Milano, un
altro, quasi uguale, è al Museo della Stampa di Torino.
Vi è anche un Bendini, torchio calcografico di metallo
per incisioni. Emilio Baracco non solo scultore, ma pittore ed incisore. Perché
cominciamo a raccontarlo proprio da qui. Facciamo un viaggio a ritroso, che
risale a più di vent'anni fa quando ad Urbino partecipa
al Corso Internazionale di tecnica dell'incisione sotto la guida di Renato
Bruscaglia e successivamente a quello di litografia con Carlo Ceci. Fa parte dal
1979 dell'Associazione Incisori Veneti, e partecipa ad un corso presso la Scuola
Internazionale del Vetro di Murano, collaborando altresì,
con il Maestro vetraio Lino Tagliapietra con il quale realizza pregevoli
sculture in vetro. Le sue incisioni alchemiche, ricercate, eleganti, di gusto
classico, a volte frutto di tecniche che si integrano (acqua tinta-acquaforte,
vernice molle, brunitoio), idealizzano lo spazio, le forme, la storia dell'uomo.
Tecniche che ha saputo ben elaborare nel trattamento dei materiali, penetrandone
l'intima qualità, e non mai dimenticando che un segno
è inseparabile dallo strumento usato per esprimerlo. Così
la lastra impone tridimensionalità e spessore, rigonfiature profonde ed incavi.
Queste tecniche, nate da un'indagine che si è evoluta nel
tempo, intervenendo con i mezzi ed i procedimenti specifici propri della sua
espressività, hanno ritrovato al loro interno i
presupposti del suo mondo poetico.
E qui la storia di Baracco pittore prende
corpo. Le sue Muse, dai piccoli seni, hanno visi
sensuali. Sono avvolte da capelli che si trasfomano in morbidi panneggi, per poi
fluire in sorprendenti gomene-arterie, dunque ancoraggi e nel contempo veicoli
apportatori di energia vitale. Acquerelli dai colori tenui e soffici, dai grigi
e rosa tenerissimi. Particolari meticolosi, dove frammentazioni e ricomposizioni
sono modi di interpretare lo stesso soggetto filtrato attraverso lo specchio
dell'illusione: così un corpo disgregato diventa
perfetto. Questa, ci sembra, è la giusta chiave di
lettura che lo accompagna in parte anche nelle sculture. Baracco scultore ha
imparato il mestiere da due grandi: Amleto Sartori e Alberto Viani, con i quali
ha studiato e si e diplomato alla Scuola d'Arte Pietro Selvatico prima, e
all'Accademia di Belle Arti di Venezia poi. Ci riallacciamo ora a quanto
dicevamo all'inizio; sculture assemblate in modo allusivo tra rivisitazioni del
classico e interpretazioni metafisiche, sospensioni surreali che denotano una
lunga e meticolosa conoscenza dell'immagine. Riflessione e analisi sul soggetto
indagato e reinterpretato senza cedimenti.
Ma ovunque la poesia, il sogno e i suoi
simboli classici. Una mano dalle dita affusolate poggiate leggere sulle corde di
un violino scomposto: note che si allargano, che si dilatano, musica soave.
Oppure le Memorie raccolte, bronzo recente, dove la chiocciola e il
paguro, la maschera e il prisma, sono proiezioni della memoria, conservate
nell'addome di una figura emblematica che ha il volto di un eroe. Questo
è lo stesso tema di una precedente scultura in legno e
gesso del 1996. Rimane in ogni caso un artista che ha alle spalle una
significativa carriera e una lunga serie di esposizioni. Le prossime saranno nel
2002 in Francia a Nevers nel museo cittadino, già Palazzo
Ducale dei Gonzaga, e in America al Museum Belskie del New Jersej. Il
profilo di Emilio Baracco certo non si esaurisce qui.
Potremmo citare altre opere ancora: le Macchine Araldiche o le
costruzioni di "mattoncini" volutamente non mai concluse. E un altro tema
ricorrente, le ali, grandi, che
avvolgono, proteggono e portano in alto. Un modo per volare oltre.
(da: Padova e il suo territorio, nr. 94,
2001)
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