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Giacomo Balla a Palazzo
Zabarella
È stata certamente una
sorpresa per molti conoscere un Balla pre-futurista quale ci è
stato presentato nella bella mostra allestita questa Primavera a Palazzo
Zabarella. Giacomo Balla infatti occupa un posto importantissimo nel
movimento futurista ed è stato per molti anni il
maggior riferimento di questa corrente nell'ambiente romano. il
Futurismo non fu soltanto il movimento di Boccioni e di Marinetti, di Severini e
di Carrà, di Russoli e di Depero, ma anche, a Roma, di
Giacomo Balla, che ha contribuito a dare all'ambiente artistico di questa città
spesso pigra una dignità culturale di tutto rispetto.
Ma di questo Giacomo Balla interventista ed
esplosivo, scanzonato e sperimentale, non appare nella mostra che qualche
piccola traccia, perche nel momento in cui la creatività
del pittore sta per prendere il volo nel cielo delle
"avanguardie", la mostra finisce. Una delusione? No, una sorpresa. Ancor prima
di diventare "futurista" Giacomo Balla era un artista aggiornato, seguendo, come
i più innovatori di quel tempo, le indicazioni ancora
efficaci del simbolismo. È una gradita sorpresa conoscere
non soltanto la sua abilità tecnica assai precocemente
matura, ma anche quella partecipazione all'ultima fase romantica del
decadentismo che lo porta a privilegiare i sentimenti e
una dolcezza e gentilezza destinate a scomparire in una successiva fase
chiassosa e anticonvenzionale.
Nella mostra, il grande ritratto della
madre occupa uno spazio particolare: illuminato sapientemente, ha il risalto che
merita questo volto con gli occhi chiari e lo sguardo
severo, nel quale si riconosce il Balla dei "Primi e
ultimi pensieri del 1949". E allora viene spontaneo
volgere lo sguardo ai suoi autoritratti: quello "Sorridente", quello "Notturno",
"l'Autosmorfia". Balla è un
notevole pittore di ritratti. Questo genere, tra l'altro, gli permette di
sopravvivere. In mostra, il ritratto dei coniugi
Righetti, della famiglia Carelli, della signora Pisani al
balcone, il ritratto di Ernesto Nathan: tutti pregevoli.
Ma che dire della
magnifica sezione che qui viene chiamata "Affetti", con il ritratto di Elisa, un
morbido pastello dove la luce gioca con tenerezza sullo
splendido viso e sul lungo collo di gazzella, e con "Elisa al
Pincio", dove il volto pensoso e affondato nell'esplosione
chiara della camicetta?
Nella sezione "Socialismo umanitario" i
colori tendono al buio, come nella "Pialla nuova", dove
la luce è solo sull'arnese, o nel
"Contadino", dove il riverbero è alle spalle dell'uomo
chino, col cappello. Tutto è scuro. Una chimera, un
sogno, ed allora un veto di nostalgia cala sulle sue
composizioni, precise ma delicate, sui colori teneri, su quegli ultimi episodi
di vita borghese che l'ondata contestatrice
delle avanguardie avrebbe sconvolto per sempre.
(in: Padova e il suo territorio, nr. 74,
1998)
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