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Leo Borghi:
la poetica del
frammento e il recupero della memoria storica
È stata una sorpresa
scoprire nella Galleria Bluart, un Leo nuovo, diverso, che pur conservando i
vecchi soggetti, ha cambiato registro. Gli spazi sono più
vasti, i colori più accesi, ma la
ricerca del particolare meticolosa ed accurata cattura sempre il visitatore. Si
è affascinati dall'antico
cavaliere Guidoriccio da Fogliano che resta perplesso di
fronte alla torre di Montagnana inclinata; ma lo sguardo
corre poi all'interno delle mura dove i particolari del paesaggio imprigionano
lo sguardo.
E che dire dello
splendido "Abbraccio", travolto da un mare di rosso ...forse di passione? per
poi tornare alla "Padova" incantata con il Salone appoggiato alle dolci linee
dei colli, e all'altro morbido "Abbraccio" soffuso di tenerezza e con colori
pastello, e via via a ritroso nel tempo fino
ai vecchi disegni che parlano di cavalieri e castelli, della
Padova carrarese con lo stemma del carro ritagliato nel
sole, di alberi e di uccelli, di fiori e di cieli. In tutto questo Leo
è tangibilmente visibile e presente; Leo di poche parole,
silenzioso e sensibile, Leo che a fatica fa un complimento, ma quando
lo fa è sincero.
È difficile dire
qualcosa di nuovo quando si parla di un artista che lavora e dipinge da più
di quarant'anni, che ha partecipato a mostre dal 1958 tra collettive e
personali, quasi ogni anno; poeticamente infaticabile, di lui è
stato detto tutto.
Io non direi nulla di diverso, ne voglio dire
cose complicate come se avessi scoperto qualcosa di nuovo che già
qualcuno aveva raccontato prima di me; ma solo ringraziarlo per questa nuova
emozione.
(in: Padova e il suo territorio, nr. 73,
1998)
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