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La mia anima bilingue
Piero Marras & ensemble in concerto
Auditorium Pollini, Padova
Piero Marras,
che canta - accompagnandosi al pianoforte - un primo incomprensibile pezzo, si
offre, chiedendo a un attonito pubblico che cosa ci fa in Veneto uno che canta
in una lingua che non si capisce per niente, ma che comunque è bello esserci,
perché la musica è un richiamo universale, è quasi il suono di tamburo che viene
da lontano, è una tribù ospite di un’altra tribù. E così dialogando, raccontando
storie, presentando i suoi amici di avventura che sono Uccio Soro chitarrista
classico/etnico/jazz/pop esperto arrangiatore, per passare a Manuel Rossi
Cabizza dai lunghi capelli che suona la fisarmonica come un angelo, a Paolo
Zannin percussionista di grande spessore, Piero Marras tiene seduta per più di
due ore una platea che attonita ascolta “Sa oghe ‘e Maria” cantata come una
preghiera. E’ stato uno dei pezzi forti di questo concerto acustico per
pianoforte, fisarmonica, djumbee e chitarra, che ha letteralmente conquistato il
pubblico padovano assieme a un disperato “Babbu meu”. La forte personalità, il
linguaggio, non sempre comprensibile ai più, hanno comunque affascinato per le
suggestioni di profonda intensità che si sono alternate a momenti di denuncia
sociale, ma anche a racconti d’amore e di tenerezza perché in sardo non si dice
“ti amo”, ma per esempio “ti stimo”, e racconti di tradimento, per chi ha la
sindrome di Giuda, catalizzando gli spettatori. I padovani hanno manifestato
grande sensibilità ed entusiasmo premiando, con applausi scroscianti i, questo
sardo che ha cantato anche per Papa Giovanni XXIII. Una lingua difficile, quella
sarda, ma la musica è universale, la melodia è sovrana, le note sgorgano facili
dagli strumenti nelle mani sapienti di grandi artisti. Un passaggio a Padova,
quello di Piero Marras e dei suoi ragazzi, che ha lasciato il segno.
da: Il Messaggero Sardo, settembre 2006
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