Non si pensa, lo sperare
che occulto penetra l'agire.
Lo si ascolta, tromba d'angelo
a silenzi non inerti
nel soffio dell'energia creatrice
pur tesa a scoccarsi nel
raggio
che forza questa creta.
L'apre a irrorarsi di quel vento
fioritura d'orizzonti.
Labile impasto si rifoggia
in compattezza che non dilava.
In intervalli e vuoti senza
frana
a fame irrompere l'Altrove.
Non il "Non dove" l'utopia
gonfia in terra, grama ai cielo
ma il cerchio della Speranza massima
che accoglie ogni altra
degna
pur minima, e in sé la scioglie.
Al suo culmine. Infine adempiuta.
Non si può, Signore, non sperare
l'altra vita che additi.
Più di tutto, infine è attesa
dal silenzio, alla parola
in cerca di assoluti
lungo filo da un groppo di stupori.
Scorrere alterno di rivo carsico
è l'acqua nostra, questa attesa...
Ma pure per gorghi d'indecifrato
ci spingi al Tuo mare
che vorremmo fantasticare
nelle nostre mappe senza ignoto.
Dalla voce Tua prendiamo
a modulare la nostra:
che non si disprezzi, e non si adori
che pure se si spezzi
resti canto.
Ala in volo, volo resta anche ferma.
Così il nostro sperare
che Tu sia ciascuno di noi
alto su se stesso
scintilla sopra il fuoco.
O che da noi Ti aderga, come
per spinta d'un peso di eterno
sopra il cuore.