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Sinfonia per Populonia

Questo flusso versificatorio così spontaneamente raffinato, in cui il mondo viene osservato, di volta in volta, attraverso sinceri moti di stupore, ironia, ilarità giocosa, nostalgia, si riversa nell’orecchio con un ritmo veloce e garbato. Apparentemente semplice appare lo stile che è invece una tessitura fitta fitta di rimandi letterari; e dentro il quale trascorre tutto il tempo: quello esistenziale, più cronologicamente ordinato fino all’ultimo movimento della Sinfonia che allude alle ombre del proprio autunno biografico; quello storico, rievocato dalla memoria o rappresentato attraverso le immagini recenti dei mass-media; ed infine quello mitologico che s’intreccia ai precedenti, attualizzando il mito, cosa, quest’ultima, che spesso regala ai testi di Mosi una coloritura fiabesca ed "infantile", specie in quelli dedicati alla figlia Marta. (Bravissimo anche l’illustratore che ha interpretato con grande felicità espressiva la poesia di Mosi.)

E’ significativo che il luogo (Mosi ama parlare dei luoghi riconoscendo di ognuno il genius specifico) sia questa volta la città di Populonia, perché è appunto il suo genius a conservare la remota, e però sempre "incarnata", dimensione misteriosa e vitale della civiltà etrusca la cui decadenza reca in sé anche una sfumatura tragica.

E’ comunque la varietà di toni e temi, la "leggerezza" del taglio autobiografico che rendono questa raccolta di Mosi così persuasiva e interessante. Un modo, inoltre, di fare poesia così lontano dai cerebralismi troppo invadenti della poesia contemporanea, e che riscuote da tempo la mia ammirazione.

23 marzo 2013

Recensione
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