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Stramenia
L'affabulazione esemplare di Lucio Zinna
La lettura di un’opera di
poesia conduce sempre a porsi domande esistenziali, sulla bellezza, il mondo e
noi, Stramenia di Lucio Zinna è
proprio una di queste occasioni perfette che invitano ad approfondire e
interrogarsi. Più siamo conquistati e maggiormente proviamo il bisogno di
riflettere, complici i testi. Nella loro magia e forza suasiva, le poesie di
Zinna evocano scorci naturali, soffusi di tenera e reticente grazia: la Sicilia
di Bagheria ci viene incontro splendida per ricordare quella sicilianità
dell’anima che appartiene al mondo. Essa si ritrova nell’esperienza genetico-affabulatoria, ovvero nella genesi di tutta la poesia umana. La
riconosciamo nei silenzi di mare, asprezze e abbandoni della vita compresi,
amati e rispettati con onore da chi scrive d’elezione. Lucio Zinna ricorda la
figura del poeta Ignazio Buttitta, il suo è un incontro che non cessa di far
sentire gli effetti della maturazione interiore, della crescita, umana ed
artistica, che sta dietro, al centro ed oltre, la testualità medesima, in un
abbraccio simbolico. Scrivere è anche proiettarsi in un luogo, cartaceo e
vivente, tracciare strade, tessere tele misteriose, come quella di Penelope
(evocata direttamente proprio da Lucio), al fine d’intraprendere “ogni
viaggio sempre | nel verso del verso” (da ‘I poeti vanno’).
L’anima è protagonista, ma
discreta, dell’avventura testuale che il poeta si sente di tentare, essa evade
“…da sue in/controvertibili eternità…” per “…sbirciare tra le parole
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latitare nei sintagmi…”, moderatrice eccelsa, s’accolla una funzione
metalinguistica e denota quell’assoluto nel relativo della vita che spesso
volutamente trascuriamo. Per fortuna c’è la coscienza critica e la testimonianza
del poeta che sorprende, coglie sul fatto, i “tangenziali sguardi” e
conseguentemente “i versi prendono animo”. Da notare, questa dialettica,
segreta e fine, tutta giocata fra l’ anima e il prendere animo.
Nel testo “Squarci” essa è, per taluni aspetti, una dichiarazione di poetica, un
segno che avverte di non avvicinarsi alla poesia solo per artificiose teorie
estetiche, ma riconoscendone le regali ascendenze, le parentele ambivalenti con
la metafisica e la fede ispirate alle “celesti contrade”.
L’intera plaquette è però
dotata di un interlocutore, silenzioso ed autorevole, si tratta del poeta
siciliano Ignazio Buttitta, nella fattispecie, amico e confidente del poeta e
sua guida da giovane. Appartiene ad Ignazio il primo incoraggiamento rivolto al
giovane Lucio, ritratto con delicatezza nella cornice di una Sicilia, inedita e
decembrina. Il lettore quasi preferisce, alle cartoline illustrate del consueto
turismo, le immagini di luce, vento e mare che ricorrono nell’opera. Non è
quella d’Ignazio, in ogni caso, una presenza del puro passato, perché il tempo
della poesia “…È
sempre tempo di semina | perché è perenne tempo di crescita…”
(dal testo ‘ Guglielmo o della “sognagione” ’).
È facile, a
questo punto, comprendere che il dialogo virtuale con Ignazio favorisce, nel
nostro, lo scavo interiore. Esso si qualifica come una sorta di bilancio, che
consente di guardarsi indietro, ma anche avanti, nell’imminenza del futuro da
plasmare, con lo stesso atteggiamento equanime. Lo scopo resta sempre dire,
ancora, tutto l’indicibile, nella convinzione che la bellezza non abbandoni mai
il poeta e alimenti il coraggio di far versi. La scrittura è dichiaratamente un
vivere, non già un riprodurre i fatti nudi della vita banale, piuttosto si
tratta di agire “con la spavalda cautela di chi vuole vivere | e la resa
rifiuta per quanto disarmato” (da ‘I giorni della merla’). Emerge dunque un
senso di drammaticità, una lotta fra le parole, i sintagmi, e le spinte
interiori ad esprimere, ma sempre nel tentativo esemplare di “…mutare in
pendici erte salite…” (da ‘Mutare in pendici’).
Nel contesto del dialogo
con Ignazio, sempre presente, ma, in un certo senso, ritrovato, c’è il ritorno
al felice esilio di Aspra, in quel di Bagheria. Non mancano inoltre le
allusioni ai “molti…scomparsi”, il testo in questione, dal titolo “I
molti e il loro altrove”, è un appello, una richiesta di senso aperta cui il
poeta da l’unica risposta possibile: “…Siete il mio popolo disperso nel gorgo
|…Siete prossimi e inaccessibili siete compagni | silenti o smarriti in astrali
spazialità…”. Si nota alquanto per la forma quest’anafora martellante
(Siete…Siete), volte a rimarcare una fratellanza nella precarietà esistenziale
che tutti riguarda. Ne consegue che, per Lucio Zinna, il mestiere di poeta è un
incamminarsi alla ricerca di valori, memorie, idee e sogni suscettibili di
scomparire, tentando di salvarli con un atto creativo-speculativo, uno sforzo
immaginativo che è a suo modo un viaggio nell’insularità vissuta come apertura
da una posizione privilegiata.
L’autore stesso in copertina
spiega il suo “far versi”, come “un mezzo per capire il mondo e nel contempo
tenerlo a distanza…” più avanti continua definendolo “…Un modo…per
mantenersi vigili nella tutela del nostro nucleo più autentico…”. Si
tratta di una posizione molto costruttiva, dettata da un rispetto per la poesia
che si estende ai valori tutti, nessuno escluso, in un’ottica di reciprocità con
gli altri, ma senza accettare condizionamenti o vincoli di alcun genere. In
altre parole, ispirandoci alla visione di Zinna, possiamo arguire che senza la
libertà più profonda di essere e di creare non può esistere vera poesia e
l’umanità incauta rischia se “…sfalsa l’essere | e salva l’apparire…” (da
‘Squarci’). Tornando alla riflessione strettamente inerente all’opera, il
volumetto “Stramenia” si conferma come un prezioso contributo per la creatività
più varia che sa armonizzare. Si vedano in proposito i dipinti di Eliana
Petrizzi, inseriti sapientemente a guidare il lettore con la pervasiva bellezza,
propria dei capolavori d’arte quasi connaturati ai versi.
In equilibrio armonioso pare
essere anche la forma, sicura e versatile, che adotta metri di varia lunghezza,
termini in dialetto (ma dai significati allusivi e intuitivi) e alcuni
accorgimenti retorici quali assonanze e ripetizioni molto indovinate. Ora il
dialogo di crescita, condiviso in primis con l’amico Ignazio, per Lucio Zinna,
si apre, nella sua esemplarità, fino a comprendere in un abbraccio tutti i
lettori, appassionati di poesia.
Il premio consiste,
e non sembri trascurabile, anche nella riscoperta di una terra unica, la
Sicilia, che appartiene di diritto al mondo. Rivisitata per la sua centralità,
nel Mediterraneo e nel cuore, è una terra che prende vita, in Stramenia,
scorrendo pagina dopo pagina. Il poeta la ricorda. con sommesso e accorato
amore, senza cadute sentimentali, cioè sobriamente, avvolta nei suoi aromi di
umile eppure vertiginosa grazia. Nella capacità di contemplare tutte queste
valenze diverse ed opposte, per Lucio Zinna, risiede il segreto ultimo e
intangibile della poesia.
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Recensione |
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