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Biagio Calderano, note critiche
Aa.Vv., Dizionario Autori Italiani Contemporanei,
Quinta Edizione Ampliata,
Guido Miano Editore, 2017, pp.367.

Calderano Biagio
(in Dizionario Autori Italiani Contemporanei, Guido Miano Editore, Quinta Edizione Ampliata 2017,
pp. 77-78)
Arrischiarsi nel difficile percorso della poesia per
raggiungere le vette dell’anima, è compito ancor più arduo e meritevole per chi
proviene da una formazione non strettamente umanistica.
A ragione Pasquale Stoppelli afferma nel prologo a
Chiaroscuro a colori di Biagio Calderano che l’autore “rinverdisce
un’illustre tradizione”, la tradizione di giuristi poeti e alla luce di questa
simbiosi acquista intensità ancora maggiore il folgorante distico del nostro “e
mi parrà / più giusto il mio penare” (Preghiera per la mia morte, da
Dissolvenze, 1996), dove il binomio giustizia-pena si tinge di un
inequivocabile afflato religioso. Di qui che Guido Miano delinei “una sacralità
d’intenti” nell’ispirazione più intimistica del poeta lucano, laddove il nerbo
più consistente per frequenza di immagini ed estensione semantica del lessico
prescelto dall’autore è di sicura appartenenza al versante sensoriale. Un “filo
rosso” (per usare il titolo dell’ultima silloge pubblicata nel 2015) lega e
colora vocaboli e immagini di Calderano che reimpiega lo stesso elemento
bimembre di sostantivo e aggettivo in un verso della lirica inedita del 2015 non
a caso intitolata Cornetto rosso, oltre a irrorare molti versi di una
pioggia di termini (“cocente”, “messa a fuoco”, “infiamma”, “febbrile”,
“ardore”, “passionale calore”, per citarne solo alcuni) dall’espansione
semantica visivamente correlata al colore rosso, nonché, sul piano emotivo,
all’emblematico fuoco della passione.
Un verseggiare nervoso e quasi tattile
disegna e modella i corpi delle donne amate, spesso invocate in un abbraccio non
solo carnale, ma spesso liberatorio, quale ultimo desiderio nel quale sciogliere
ogni tensione, e, paradossalmente, ogni ulteriore tentazione “per superare la
volgarità della materia” (in L’amplesso dell’anima, inedita, 2015).
Affiora un mondo femminile altalenante tra il lubrico e l’angelico, tra la
carnalità e lo spirito, a tratti investito da uno scherno irridente che pare
rievocare la spudorata ironia di un Olindo Guerrini, enfatizzata
intenzionalmente dall’incalzante rincorrersi di rime: “Al par delle fontane
lacrimose / piangete il morto per fottere il vivente / e nei conflitti sempre
coraggiose / lanciate il sasso ed accusate la gente” (8 marzo 1993, da
Dissolvenze). Ma quest’ottica un po’ furfantesca e scapigliata si stempera
poi nella serenante visione della donna quale “ala ed àncora / immagine fedele
di / miracolo vitale / incredibile” (Ala ed àncora, in Filo
rosso). Altro dicotomico discrimine ravvisiamo tra il senso di atemporalità,
ispirato alla spiritualità dell’amore, e una scansione minuziosa del tempo quasi
a imprigionare l’amore stesso nell’agguato di bisticci ed eventi quotidiani
(“dopo il silenzio di sette mesi / che l’assenza hanno segnato”, nell’inedita
Cornetto rosso, o, “dopo l’ultima telefonata / del tre novembre” in Hai
aperto uno spiraglio, o “dopo oltre quattro mesi” in Pieno di luna di San
Valentino, in Filo rosso).
Tale determinazione cronologica imprime
una cadenza sovente diaristica a molti versi (“un anno è passato” in Il tuo
prezzemolo, da Dissolvenze) con il proposito di fissare momenti e
particolari nel “velario del tempo” (“il ricordo del tuo corpo / color miele /
che invulnerato riscopro / nel nero bichini” (Dissolvenza, da ibid.)
ed esplorare la poesia in tutte le sue possibili connessioni con la realtà,
anche pittorica, dato l’intreccio di parola e immagine che, grazie ai dipinti di
Domenico Antonio Tripodi, investe la silloge Dissolvenze, a ribadire
quella che Enzo Concardi felicemente definisce la “terrestrità sentimentale” del
nostro autore lucano (in Contributi per la Storia della letteratura Italiana.
Il secondo Novecento, vol. IV, 2015).
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