| |
Puzza di bruciato
“Aprii gli occhi e, tastandomi
il fianco destro, tentai di recuperare la pistola. Sparita. Mi sentivo tutto
indolenzito, e pensai che un bel massaggio sulla nuca mi avrebbe fatto piacere.
Ma non era il momento per tali frivolezze: di fronte a me un volto familiare mi
osservava disgustato. E non si trattava di mio fratello Giacomo, bensì di Eddy
Blasi, intrallazzatore di comprovata esperienza la cui espressione truce mi fece
capire che avrei fatto meglio a rigare dritto.”
Poche righe bastano a
Monica Florio per dare un’immagine del
protagonista e del mondo in cui si muove.
Con una scrittura snella e
piacevole, racconta una storia ambientata nella Napoli delle emarginazioni e
delle solitudini, dei mondi diversi e spesso non accettati. Puzza di bruciato –
Homo scrivens (2015) è la storia di un investigatore piuttosto scalcinato, Nick
Drake come pseudonimo, alle prese con la scomparsa di Stefano di Nardi, un
editor compagno dell’assicuratore Carlo Testa. Nel corso delle sue indagini
incontra il giovane scrittore Christian Blasi che si affida ad altri, ghost
writer, per scrivere i suoi testi letterari. In questo contesto si svolgono le
ricerche di Drake mescolate alla sua fresca storia d’amore con Carmen, la
prosperosa cassiera di un bar.
Monica Florio affronta, nel
raccontare questa vicenda, temi spinosi come l’omosessualità e l’emarginazione
sociale. Un racconto dove i personaggi si incontrano e si scontrano attraverso
un linguaggio vivace, in una città vista senza sconti con i suoi sacchi della
spazzatura non raccolta, i vicoli stretti e altro. Ma nel corso della narrazione
si avverte più volte anche l’affetto, una sorta di indulgente abbraccio materno
per questa Napoli patria del lotto, ricca di un suo fascino particolare ma che
convive con una trasgressione pressoché continua. Non mancano in questo libro le
botte da orbi, gli inseguimenti, gli intrighi, gli inganni. La storia è
raccontata, e commentata, dallo stesso Drake; cattura e trascina anche perché
non è semplice come potrebbe apparire e urge quindi il desiderio di procedere
nella lettura per conoscere altri sviluppi, per capire fino dove arriva
l’affondo dell’autrice su quanto porta a galla: lo squallore, il degrado, valori
che non esistono, la cultura commercializzata.
Con una sorta di filosofia
tutta personale, Nick Drake si muove nella città che è la sua città, che non
abbandonerebbe mai, dove i ragazzi prendevano a calci le lettine di birra, dove
la canicola rendeva boccheggianti i cani. Lui sbrigativo e sintetico, con un
fratello capace di sfoderare un eloquio forbito che avvince Carmen, indaga sulla
scomparsa dell’editor impelagandosi nei meandri della corruzione e dei potenti
che la pilotano. Piace questo personaggio che cerca, scava e trova. Piace quando
commenta, quando parla ad alta voce, per schiarirsi le idee, dopo essersi
guardato intorno per assicurarsi di essere solo e magari essere scambiato per
pazzo.
“Nick, ma tu puzzi…” un odore
che se proprio non ostenta, non ha mai nemmeno cercato di coprire. Anomalo,
fuori degli schemi, Nick affronta un pericoloso assassino mantenendo il ruolo di
protagonista; un personaggio che cattura la simpatia del lettore per come si
muove, per come racconta la sua città e l’indagine di cui si occupa. E piace
questo libro con una conclusione inaspettata, raccontata con scioltezza
nonostante gli argomenti non facili da affrontare.
| |
 |
Recensione |
|