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Pietre
Ode alla terra, tra nostalgia e speranza
Il
Poeta ci indica la strada. La direzione che non è quella della prostituzione
morale, il cedere alle lusinghe barattando il pensiero, per ragioni di
opportunismo e sopravvivenza; ma lo libertà come rifugio orgoglioso e
nutrimento. L’invito viene da “pietre” di Giovanni Di Lena. Un’opera che,
pubblicata da EditricErmes di Potenza, nella collana Poesia, racchiude
trentacinque componimenti.
Tra questi ce n’è uno dedicato ad Aldo Moro. Niente
di sorprendente … La sua, infatti, è una poesia civile, scritta da chi si sa
confrontare con la storia e con il presente. “Pietre” è un volume snello,
caratterizzato da un linguaggio non affatto oscuro, in difformità all’estetica
dominante tra i poeti contemporanei. Preservando un proprio stile, Giovanni Di
Lena dimostra di essere cresciuto come poeta rispetto al resto della produzione
precedente. Lo dichiara nella sua nota critica Pino Suriano. Ebbene, “questa sua
nuova esperienza ha qualcosa di più della protesta o del lamento, pur
comprensibili: ha la delicatezza dell’uomo, ovvero l’incapacità del rancore”.
Giovanni Di Lena è un uomo pacificato ma non quieto. Non arrendevole. Non manca
la denuncia nella sua ottava raccolta poetica, “per questa Terra insanguinata”,
per le condizioni che possono rendere non dignitoso il lavoro precario, o
persino mortale (in “Nastro trasportatore” il caso dell’operaio Giacomo Campo);
il richiamo all’onestà, agli antichi valori familiari, fanno da contraltare.
Il
realismo del poeta non lo esime dal disincanto né dallo spavento; per la crisi
economica per esempio. La Lucania è sempre presente nell’autore nato a Pisticci,
nella provincia di Matera. Terra che ha dovuto lasciare per travagliare, dopo
aver preso il diploma. L’amore per la stessa è il leitmotiv delle sue creazioni
in versi. Si possono rintracciare luci e ombre: dalla condanna a morte alla
rinascita, il passo compiuto da una comunità soggiogata, oppressa, si intreccia
al destino di una città (Taranto) che poteva vivere di turismo prima dell’era
industriale. Il parallelo è quasi scontato. La Basilicata come la Puglia; Matera
come la provincia jonica, impegnata nell’opera di riconversione generale, ha
avuto nella cultura il suo slancio migliore.
Ma passata l’euforia
dell’esperienza vissuta da capitale europea nell’anno 2019 deve fare in modo
che lo sviluppo abbia continuità. Pur essendo lungimirante, il poeta politico
(così taluni lo definiscono) ha lasciato il posto alla nostalgia, con
riferimento agli amori passati. Al ricordo della giovinezza che fa riemergere
dai fantasmi nuovi turbamenti. E le pietre più dure, scrive sempre Pino Suriano,
a ben vedere sono quelle che il poeta lancia a se, verso quel che poteva essere
e non è stato. Non si autoassolve l’intellettuale. Scuote le coscienze; e punta
il dito contro la classe politica, per le sue promesse. Una sporca
rassegnazione ci investe/e avviluppa il nostro essere, dice l’osservatore.
L’amore, si sa, è l’unica salvezza. Non fosse che “in questo periodo
sconnesso” è complicato pure amarsi. E dirsi addio, più
conveniente.
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Recensione |
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