La stanza alta dell'attesa tra mito e storia
Cenacolo di Poesia 13.02.2020
Conosco marginalmente i luoghi di Padova, tema principale della raccolta poetica
“La stanza alta dell’attesa” di Maria Luisa Daniele Toffanin, nel senso che sono
nata e vissuta in un’altra cittadina, ma li rivivo nei miei ricordi come luoghi
delle passeggiate in centro città particolarmente nel periodo dell’infanzia e
della giovinezza, quando Padova conservava ancora il fascino
descritto.
Li rivivo nei ricordi-memorie di vita e di Storia che spesso ho ascoltato dalla
viva voce della poetessa durante le nostre chiacchierate. E li vivo attraverso
un “vestitino di Sangallo” che portavo da piccola e che, come un tessuto di
esistenza che si allunga e si rinnova, ha indossato anche mia figlia quando
aveva la mia stessa età o nella barca di San Pietro, rituale di ogni fine giugno
assieme alle mie sorelle, nell’attesa di una sorprendente
magia.
Li rivivo nell’affetto dei miei cari e nella memoria di un padre I.M.I.e di
tutti gli I.M.I. con il loro passato doloroso e i loro silenzi.
Ho conosciuto, attraverso le parole e la poesia di Maria Luisa – la mia “Prof”
–
la sua composita famiglia, i compagni di internamento del padre (tra cui un mio
ex professore delle Superiori), le scene di vita e i luoghi della sua infanzia,
immaginando i luoghi felici, la casa, il salotto buono con i suoi silenzi e le
voci gioiose durante le festicciole, le recite delle “piccole donne”, le
passeggiate lungo il Corso, …
Ma vivo questa raccolta poetica soprattutto attraverso due poesie che per me
maggiormente possono essere lette in un sentire comune:
“Se ancora hai stanze felici”
Se in stagioni della
vita
a varia
fioritura
hai ancora stanze di
felicità
e ogni stanza ha nomi sguardi mani diverse
ma
comune sostanza l’amore che
sazia
se ancora hai tante stanze
felici
con persone altre
altre
allora sei creatura
alata
ancora voli fra nidi sicuri
d’innocenza
voli nel cielo di un’eterna beata
infanzia.
L’altra ormai è svalutata dal mondo.
“Luoghi”
Ci sono luoghi
sempre
che per un odore un suono un
colore
un’analogia
ontologica
richiamano altri
luoghi.
Si dilatano allora pareti
in
un percorso-accumulo lievitante emozioni.
Così nell’infanzia si apre un corridoio
infinito
di rimandi
emozionali
sgorgati emersi dalle stanze
dell’anima
come lava dal
cratere.
Incontrollabile mio
cuore
quando troppo si commuove
e tien testa alla
testa
che tutto vorrebbe
computerizzare
ma la mente deve saper aspettare.
Anche se alcune
stanze
non si aprono ancora – chiuse le
porte
degli armadi con i propri
scheletri
–
la mente deve saper aspettare.
Imperscrutabile
è
l’anima
alla piena dei ricordi.
I luoghi risvegliano sentimenti, emozioni, attimi, visioni, odori di atavica
vita, riportandoci indietro nel tempo. Si dilatano nel passato del vissuto e
delle emozioni come in un corridoio di cui non si vede fine, ma da cui sgorgano
stanze-altre in un fiume che straripa di
ricordi. Sono luoghi che la poesia di Maria Luisa
riporta nella mia mente e che vivo, intensamente, quando entro nella ormai vuota
casa natale, con i suoi oggetti, il mobilio, l’odore- per me profumo - di un
ripostiglio o di un mazzo di carte. E di una pianta di fiordarancio nel
giardino. Li vivo in “rimandi emozionali”, ritornando col pensiero anche alla
casa della nonna materna, luogo magico e ricco di vita e sentimenti.
Luoghi sempre, come
stanze – alte dell’attesa.
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