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Bonsai
In questo suo libro
Lucio Zinna affronta, più apertamente che nei suoi volumi precedenti, la
problematica del sociale vista dall’ottica di un osservatore disincantato, forse
un po’ deluso, certo cosciente di come difficilmente si compenetrino il privato
con il pubblico, il personale con il collettivo. “Ho disimparato – scrive
l’autore – a misurare il prossimo a centimetri. | Non tutti che mi stanno
accanto sono prossimi. | Prossimità è corrispondenza, interiore sintonia. | Può
essere distanza – lontananza mai”. E questo è, in qualche modo, il programma del
libro in cui, anche quando la descrizione si fa sottilmente ironica, il piano
del poeta non è mai quello di un superiore giudicante ma quello di un uomo che
racconta debolezze e miserie, che rivisita ambienti e ne trae considerazioni e
ammaestramenti per sé e per gli altri.
Perché “altro è parlare di vita ed altro
è vivere” e c’è pur sempre una corrispondenza dolorosa verso i limiti umani:
“L’acido che generi solo te corrode. Salvati”. Un’amara considerazione della
Morte che attende “con la calcolata pazienza |, degli schizofrenici”. Così nella
descrizione di Palermo c’è una sorta di concentrato furore che tradisce amore ed
odio, dichiarato distacco e attaccamento e sempre in questo poeta, anche
quando dichiara i conflitti sociali, c’è un ritorno ai valori umani più
autentici: “avverto presenti le assenze” e, per altro verso, un sottile cruccio
per gli individuali isolamenti: “Tutela – se puoi – in questa rotta la nostra
relativa solitudine”.
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Recensione |
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