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E-Marginati
Di E-marginati, di Anna
Maria Guidi, si potrebbe subito scrivere, ed anche concludere, che è da premio
Nobel il linguaggio: una cifra messa a fuoco da Anna Maria che ce ne aveva già
diverse volte discoperto il presentimento. Difatti, a questo libro perfetto,
manca solo un ex-ergo, la poesia che anticipava i cosiddetti E-marginati, quella
dell’omino che, nel libro “In transito”, della stessa, cogliendo l’iris, lo
definiva fiore prezioso: per la cosmesi delle signore in città (ndr): vedi
farmacia Roberts, Firenze) ma, com’era detto da lui!....Era come collocasse la
pietra angolare della ricostruzione d’una lingua nuova. Nuova? Macché! Sì,
invece. Sì e no: ossimoro, all’ennesima potenza dei modi, la lingua della Guidi,
è proprio perfettissimo italiano (magari arcaico) che, se l’entità di Manzoni ci
potesse buttare lo sguardo sulla pagina vi scorgerebbe quell’acme del parlar
toscano che s’è sempre imposto di raggiungere.
Anche se la poetessa, che del
toscano di campagna riesce a inserire nei versi persino le cadenze, ormai ha
preso l’abbrivo e niente la ferma più, e vorrebbe, come il rinascimentale Ruzante, per il dialetto veneto, trarsi il più lontano possibile dall’essere
letteraria e, nell’immediatezza, raggiunge lo scopo col suo teatrino di autonome
solitudini, e l’operazione risulta un vero capolavoro d’oreficeria: tuttavia
letteraria. In questo gioiello, come s’inseriscono le pietre in un monile, c’è
il materiale retaggio di spunti danteschi in sedicesimo: qui piccole polemiche
etiche graffianti si insinuano acute ma è presente, tanto per riallacciarsi al
gradimento che Manzoni avrebbe avuto in tale lettura, anche un bel garbo d’antan
nel criticare i costumi nell’andamento delle umane cose: ma quel bel garbo è
chilo masticato amaro, contestatario tipico del Novecento.
Quindi l’amarognola
frequente valutazione esistenziale della Guidi, l’intensità dei suoi intenti, ne
allontanano una percezione d’ironia toscana alla Giuseppe Giusti, col
sopravvento di questa sua lingua “innovativa” cioè, riarticolata, straordinaria,
“sua”, per modi d’inserimento, arcaica per folcloristica origine, la pagina
acquista un fascino inventivo simile a quello esercitato su di me dall’opera
teatrale “Cleopatras” di Giovanni Sartori. A tale operazione, se ci
fossero ancora, darebbero il loro assenso linguistico, ragguardevoli esponenti
in materia – in modo “altro” dalle Accademie – quali Pasolini e Giancarlo Oli,
tra i grandi sostenitori della validità d’espressione dei dialetti. Ma nella mia
lettura sto per e-marginare gli E-marginati e, non devo: perché non di solo
linguaggio è fatto il libro ma di lineare progetto che è lodevole proposito di
versificare narrando, una soluzione che rende attualmente i libri di poesia
veramente “libri” e non “raccolte” e che, ciascuno a nostro modo, tentiamo di
mettere in atto.
Un primo input del genere ci venne dall’indimenticabile Veniero
Scarselli. Questi E-marginati protagonisti (ed è già un’antitesi),
contrariamente ai defunti di Spoon River, sono vivi (quantomeno nella loro
temporalità d’essere) e recitano ciascuno “l’aneddoto”, “il bozzetto”, “il
cortometraggio”, “l’apologo” che li riprende, che li contiene. Sono personaggi
d’una sorta di presepio, mimi marionette burattini attori della loro propria
vicenda nei siparietti dei loro teatrini sapidamente coloriti dall’autrice,
anche quando ella è desolata, sopra le righe, mostrandone sciapa l’esistenza.
Nella sua “protesta” l’autrice non è presente in prima persona, si mischia ad
essi solo riconoscibile in fuggevoli tratti: vedi “La Magretta” (lì forse
c’è nascosto un mini-ritrattino … lei si sente con loro?).
Ma infine chi sono
veramente gli E-marginati nella loro compagine? Metafora d’umanità restano
archetipi più o meno assortiti al passato o al presente. Se prendessero
coscienza di sé, coscienza che la Guidi si prodiga a dare loro, potrebbero
cantare “We are the World, we are the People”? Dove in realtà
invece tutti i VIP della musica leggera si arrogavano d’essere loro il “mondo” e
la “gente”, proponendosi, all’epoca, in soccorso della carestia in Africa con la
vendita appunto del disco. Ecco che nascono degli interrogativi: chi sono gli
E-marginati? Se non sono loro “gente” e “mondo”, di chi è il mondo? E se i
potenti e i famosi si arrogano di essere “mondo” e “gente”, vuol dire che solo a
famosi, potenti e geni è riconosciuto di non essere E-marginati? E quando noi
tutti ci regolassimo con questo criterio, con questa valutazione, come se noi
stessi fossimo, supremamente, “quelli del Palazzo”, chi è il vero emarginato: la
gente comune o quella del Palazzo? O nella libertà, nessuno, che è vivente, è
emarginato? O emarginato è l’indifferente che agli emarginati si estranea o
peggio li snobba? Come si vede, quando scrive, la Guidi sempre c’induce
all’approfondimento, poiché tra le sue righe la superficialità non sta di casa e
lo dimostra questo suo recente intrigante libro pervenendo a stimolo di plurimo
interesse.
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Recensione |
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