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Fine del primo tempo

Sul tema della memoria è incentrato il romanzo di Federico Montanari, nel quale la comprensione del presente scaturisce proprio dal ricordo di eventi personali e collettivi.

Lo scrittore elabora gli spunti autobiografici, costruendo una vicenda che è anche un affresco veritiero dell’Italia dal sessantotto a oggi.

L’alternarsi di vari piani temporali ci restituisce l’immagine di un mondo in continua trasformazione, non solo quello del protagonista, che decide di abbandonare la ditta in cui lavora per dedicarsi all’insegnamento, ma anche del contesto, italiano ed europeo, che lo circonda.

Al racconto, particolarmente riuscito nella prima parte, non manca l’elemento sentimentale, presente nella parentesi veneziana, scritta in forma diaristica.

Ben delineati sono il tema della malattia e il rapporto padre e figlio. Il legame tra il genitore malato e il figlio che quando può lo accudisce riflette non solo l’inevitabile gap generazionale ma anche il contrasto tra antico e moderno.

Il fatalismo e il culto della tradizione da parte del padre, rappresentante di un mondo contadino ormai al tramonto, stride con l’apertura verso il nuovo del figlio, amante dei viaggi e disposto a trasferirsi a Treviso per esigenze di lavoro.

Ed è questa fiducia nel futuro a consentire agli opposti (nascita-morte) di ricomporsi in una sintesi armonica e di stemperare almeno in parte l’amarezza dell’epilogo.

Recensione
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