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Una silloge che raccoglie versi scritti dall’autore dal 1993 al 2000 e alcuni pubblicati anche su diverse riviste, la raccolta “Sul viso umano” di Danilo Mandolini.

Un verso lungo, denso di immagini distribuite in tre sequenze poetiche unite dall’intenzionalità dell’autore di dare un corpo unico alla raccolta.

Dai versi di Mandolini traspare un forte senso di solitudine che parte da un fondo di dolore e di smaniosa indagine introspettiva personale. Il poetare è scandito dall’immagine degli uomini nel mondo che l’autore coglie nel verso tramite il simbolismo proprio delle parole, dato da figure semantiche ripetute nella costruzione di un tempo armonioso e lineare.

Mandolini parte dall’essere nel mondo di ognuno di noi per arrivare al confronto con l’altro, che è tante facce, tanti vissuti. In questo viaggio-confronto l’autoanalisi incontra l’altro da sé e apre le proprie paure, il riposto senso di solitudine e dolore, la noia che appassisce il tempo, all’esperienza esterna non priva di illusioni e false apparenze.

In questa cornice s’inserisce il giuoco di ruoli che i versi mettono in evidenza nella continua “lotta” tra il senso di colpa umano e la voglia di seguire un nuovo cammino e superare il passato-presente. I versi di Mandolini sono intensi e ricchi di stilemi che danno una poesia profondamente naturale, aperta allo spazio e al tempo che superano la semplice e muta materia: “L’allucinata visione di una bocca | che sfiora il suo immateriale seme d’amore | l’incolore germoglio dell’unico dolore | è tra il ricordo di un nuovo respiro, tra le pieghe acuminate dell’aria | ed il termine già raccontato | di ogni quotidiana amnesia” (p.. 33).

Mandolini ha creato, attraverso la composizione organica di eterogenei tasselli, quadri umani da indagare nel tempo.

Recensione
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