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Prefazione a
Il turbinio della vita e Le
ragioni del vivere
di Rudy de Cadaval e Pasquale
Montalto
la
Scheda del
libro

Nei suoi versi, la
disperazione
di Yves Bonnefoy
forse
si potrà
veramente parlare dei
poeti con
cuore aperto
e commosso,
quando si
finirà di
imprigionarli entro
categorie astratte
e si
finirà di
estraniarli dalla
loro storia:
quando cioè
non si parlerà più di decadentisti e di crepuscolari, di realisti e
di ermetici, per restare entro i cataloghi ufficiali e acquisiti; quando non si
dirà che il poeta aspira al parnaso o si vota alla metastoria, per considerarlo
invece nella sua individualità umana e per vederlo immerso nel mare
della sua storia.
sempre che sia all’altezza, e diversamente non ha ragione di sopravvivere, per sostenere il ruolo di protagonista e quello
assai più importante di
interprete.
il primo ad invocarla questa operazione, di
pulizia storica e letteraria e
umana, è proprio Rudy de Cadaval, poeta che ha percorso, magari con qualche sofferto ritardo, gli
itinerari dell’ufficialità e del successo fino a raggiungere i
vertici con la massima estimazione
universale; ma anche artista che al carro del successo non sempre è riuscito ad ancorare le sue
fortune di uomo. dell’uomo, anzi,
ha sofferto e soffre fino in fondo la straziante ma anche esaltante
epopea.
al momento di parlarne, nella circostanza che ci muove, l’assegnazione del
Premio della Cultura della Presidenza dei Ministri, il
personaggio tende
a
sopraffare il
poeta, a
sovrapporsi all’opera. Ma
non è al personaggio che si deve concedere il
sopravvento: bensì alla forza concreta, netta, concisa, scarnificata
eppure così ampiamente
significante della sua parola e della sua poesia,
cui direttamente
ci rivolgiamo
per intendere
l’uomo, ed
il messaggio che ci consegna oltre i canali dilatati della storia
letteraria. il
poeta Rudy
de Cadaval,
succeduto non
certo per
caso alle
voci clamorose di
un ottocento corale che
in d’annunzio
e in
Pascoli raccolse i suoi
echi riassuntivi
e succeduto proprio
scrollandosi di dosso
le categorie
che dall’ottocento
derivarono e più
ancora quelle che il
novecento amerà imporgli,
del novecento
si è
trovato - per la sorte fortunata e disperataa dover interpretare
i segni inquietanti,
a dover
leggere il
mistero celato.
nelle sue continue frequentazioni e accanto a
Jaspers e Heidegger, che
diedero la voce al travaglio logico della crisi, accanto
a sartre e
Camus che
diedero la
voce a
quello filosofico; egli dà
la voce al travaglio esistenziale, nel quale l’avventura umana del novecento percorre,
matura e
sublima la
sua ansia di
conoscenza.
la
vocazione
del poeta
interprete si
rivelò sin
dall’inizio: dalla raccolta
L’ultimo
chiarore
della sera,
che
resta un
punto fermo della poesia
moderna.
i luoghi cui si ispira sono quelli della campagna della natia verona
e delle regioni che
frequenta nel
suo continuo vagare,
le immagini
sono quelle familiari
del paesaggio
e della
natura, i
riferimenti sono
quelli concreti, quotidiani ma
ineffabili: e su
questo repertorio,
baciato dal
luccichio del
mare e
benedetto dalla elegia, il
poeta sparge i veleni della sua
conoscenza.
Conoscenza
della storia
e dell’esistenza,
del proprio
e dell’altrui destino.
l’angoscia
del poeta
è una
denuncia: una
denuncia implicita,
sottintesa nella
mobilità delle
immagini, nella
scabra durezza
della
pietra
e
degli
oggetti,
nell’apparente silenzio
dei
sentimenti che emergono da
Colloquio con la pietra.
“dov’è
la
poesia,
se
tacciono
le
fanfare,
se
tacciono
le
cornamuse, se
il luccicore
si spegne
e l’uomo
pare senza
storia?” la poesia,
la poesia
di Rudy
de Cadaval
è nel
silenzio, nel
sottinteso:
come nella
solennità di
certi scenari
antichi, dove
il tempo
ricama la sua storia sulle
rovine. io
vorrei rileggere
Schiavo 1933.
ora, al
solo scopo
di dimostrare però,
come da
questo silenzio,
da questa
incredibile desolazione, spiri un canto di forza o di rassegnazione, di
dolore e più ancora di
consapevolezza che al poeta disperato danno lucidità: una
inquietante lucidità, e forza: una forza
risonante.
infatti, se pure il tempo non muterà la visione della realtà, né l’austera
laconicità, né l’amara essenzialità, si farà sempre più manifesta quella luce
che, pur fra le rovine, apre il cuore alla solidarietà fra gli uomini, al coraggio di sopravvivere, alla
volontà di pace, alla complicità
nell’esilio.
ogni secolo, oppure
ogni periodo
storico, se
il ventaglio dei
cent’anni può essere
troppo lungo
o troppo
breve, reca
i suoi
segni distintivi: non già le eredità, che non si dà periodo
storico senza aspirazioni e senza
rinnovamenti: il novecento
recò sin
dagli inizi,
quando si
dispersero gli
ultimi lustrini
della Belle
epoque,
e
continuò
poi a recare
fino
ai
nostri
giorni,
il
segno
della
crisi: crisi
politica, crisi morale,
crisi sociale,
crisi culturale e crisi spirituale.
Ma non già in quel senso negativo che si usa
imporre alla parola,
bensì nel
senso dialettico che è
il più
nobile connotato di
un secolo
e dichiara
il fermento
e l’attesa
d’un mondo
che aspira al valore,
aspirando alla novità.
di
questa crisi,
di questa
dialettica, de Cadaval
ha letto
e divulgato il travaglio: da L’ultimo
chiarore della sera, del 1965, ai pochi lettori
sconvolse un
certo ambiente
letterario e fino
a
L’albero
del silenzio, dal quale
l’arcano delle cose spirano con
una identica, antica solennità.
Perciò
ad onta
delle etichette
di mediano,
di ermetico:
che significa “oscuro,
poco comprensibile” de Cadaval è invece aperto, leggibilissimo; perciò nonostante i silenzi o i tentativi
di confinarlo nella metastoria,
de Cadaval è invece il rapsodo della storia, quella del nostro secolo di cui ci traduce l’animo
attraverso le voci ineffabili del suo dolore: ma di cui ci consegna
anche la fede, attraverso il rispetto per l’uomo e per i valori di cui è artefice o
tramite. se
la
sua
carriera letteraria
percorre un
iter confortante
di successo,
la sua
esperienza esistenziale
è stata
funestata da
diverse vicende
tragiche:
la
seconda
guerra
mondiale
nel
corso
della quale
rimase più
di una
volta sepolto
dalle macerie
causate dai bombardamenti;
da un
mitragliamento aereo
nel corso
del quale un
cugino, del
futuro poeta,
perse la
vita falciato
in due
da una raffica
di mitraglia.
la tragica
morte nel
1960 della
donna alla
quale
era legato
sentimentalmente.
Poi
gli
infiniti
conflitti
politici e gli insanabili
conflitti morali cui lo trascina la sua coscienza.
Colloquio
con la pietra e
L’albero
del silenzio,
recano a livello più alto le figure e le mete del discorso poetico:
l’autore, consapevole
della sua
missione di
poeta, usa
la sua
esperienza del
bene e del male, dell’esserci, per proporre cifre esemplari di
interpretazione delle cose, del tempo, di noi. il paesaggio
geografico è più vario, quello morale più mosso, più
identificabile.
se la bellezza tende a fermare le immagini in
rarefatta fissità, la voce
profonda del
poeta apre
un dialogo
ad altissimo
livello: ma solo dove si
giunga ad intendere la dimensione allegorica
della realtà, la forza d’un dialogo dei silenzi. e fra le presenze implicite, fra
le testimonianze
partecipi, fra l’eco
dei sentimenti
inclusi o esclusi, dolore e angoscia che siano oppure volontà di sopravvivenza e impeto d’amore sbigottito, spira quella carica
di religiosità che è sempre il
momento più alto della poesia.
il calvario della vita: L’ultimo
chiarore della sera, Et apres
…, Poesie d’amore, Colloquio con la pietra,
L’albero del
silenzio, Schiavo 1933, Mi assolvo da solo,
Viaggio nello specchio
della vita, L’ultimo uomo,
sono le
grandi tappe
di un cammino poetico
meritato. e in ciascuna, con puntuale sicurezza, con sempre
più gelida dispersione in vista dell’apocalisse e magari con sempre più riluttante fiducia nell’esito
d’una palingenesi,
de Cadaval,
ribadisce il suo decalogo esistenziale e la sua ineffabile
visione d’un
dolore-amore, d’un vivere
sopravvivere su cui
lettori meno complici dovranno
ritornare a meditare. il prosatore e saggista non ha storia
diversa, né animo diverso: ha valore
diverso. de Cadaval è soprattutto poeta poiché,
come unicamente nella poesia si esprimevano gli antichi vati,
unicamente attraverso la poesia
poteva trasmettere
i messaggi
decifrati nell’animo del tempo, interpretati nel cuore del destino
umano.
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