Senz’alfabeto
Senz’alfabeto:
il titolo evoca già il tratto peculiare di questa raccolta, ove viene scardinata
la grammatica tradizionale e stravolto ogni canone per addentrarsi nella
baudelaireana “foresta di simboli”, per inseguire fonemi e lessemi alternativi,
come pure neologismi, nella quasi totale assenza della punteggiatura, che
suggeriscono l’originalità del mondo dell’autrice. È un grido dell’anima,
un’insurrezione dei sensi, un palpito cosmico: “e nell’atro sudario / di questa
notte d’ossificante arsura / pietà d’astri imploro / per una scintilla di
lacrime: / perché ho rinnegato / e ora rimpiango / l’amniotica sciara del
pianto.” (Ossificante arsura). L’universo interiore sembra sopraffare
quello reale e deformarlo a sua immagine e somiglianza: “e sganghera l’ordine
degli argini / quest’egra orfanitudine che meno / come il cane di casa / a
spasso sguinzagliata lungo l’Arno / consanguinea del fiume / in pena di piena
imbizzarrito ai remi: / che flagrando quiesce / remisso / nell’amniotico cratere
del mare.” (Consanguineità).
È la vertigine della rarefazione poetica che
coglie la poetessa sulla soglia dell’ignoto: “vortica stanotte il basto della
mente / nelle uncinate spire della bora carnale / sparute stelle aggelano / in
sepolcri di nuvole / pianeti insonni vegliano / la grèmia infinitudine del cielo
/ nevica silenzio: / e in inferriate di buio / m’avvedo di sognare un segno
d’alba / come il naufrago / il barlumar dell’isola.” (Il barlumar dell’isola).
Sono visioni oniriche partorite dal grembo delle notti oscure dei silenzi:
“trafitta in volo / dalle rosate frecce dell’aurora / chiude la notte / le sue
ali di buio / e s’infonda / nelle sue vegetanti platee / l’amniotico naviglio
del sogno: / claustrale materia / di segnali corsari / di culla ferro e sangue /
che vagisce e invanisce partorendo / il plenario senso del di-segno /
disseminato nella fossile marea / dei giorni navigati.” (Amniotico naviglio).
Anche l’amore si proietta nell’astrazione ideale che sorvola e trasfigura la
miseria umana: “amore mio / sarà perché stanotte t’ho sognato / che al batticuor
dell’alba / ti chiamo –mendace appartenenza – / amore amore mio / ma non è
l’amore ad-atto / agli anatomici contatti / nei profani negozi degli umani /
incognito rabbi senza volto / di spalle a guardia dei suoi sacrati altari /
benigno confidando a noi affida / l’offertorio dei suoi riti di grazia: / acerbe
spighe / da maturare in campo / nella mutua rinuncia / al possesso del grano.” (Mendace
appartenenza). È un viaggio che si snoda oltre i confini del tempo e dello
spazio, dietro il velo delle apparenze, e s’avventura lungo i sentieri siderali:
“e andando e intra-vedendo / viaggio quel che sono / inoltrandomi al largo /
prima che smonti l’alta marea del sogno / - nomade circo - / in furia le sue
tende.” (Volatile sballo (en) train de rêve).
Spiccano espressioni di notevole
densità lirica ed efficacia icastica: “roride stelle d’un remoto fattore /
risorte nel tepore scosceso / d’un claustrale borro di silenzio; / come un
soffio di pioggia sul cemento / dei miei giorni riarsuti” (Come un soffio di
pioggia sul cemento); “nei ramati velabri del tramonto / non cerca cibo: /
pigola il sole / un frullo titubante” (Frullo titubante); “frema il
fraseggio / preme l’ormeggio / scricchiola il ramo: / e in un solfeggio d’ali
vola via / il maestro di musica poesia” (Solfeggio d’ali).
Alcuni
testi assurgono a vertici di levità poetica, ove suggestive immagini si sposano
a indicibili emozioni e ad effervescenti sensazioni: “mi godo / (in) flagrante
fra le mani dei sensi / quest’infiorata ebbrezza / di scandalosa primavera: /
stupore arcobaleno / spremuto di sapore sorso a sorso / per non perderne un
petalo”; “sfinita sfranisce la neve di marzo / in (t)orme di passi brillando /
il vergine lucore del silenzio: / ove bisbiglia e abbaglia / il primo vèr del
ver(b)o / deflorato in vane valanghe di parole” (Vane Valanghe); “di
parole mi spiumo e non rispondo: / annudata m’annido e mi dico / nell’amplesso
incarnale del mondo” (Nuda nel nido).
Anna
Maria Guidi in questa silloge dà voce al complesso mondo interiore con assoluta
sincerità e libertà incondizionata, attraverso un linguaggio innovativo e
raffinato, ciò che costituisce il tratto distintivo e il pregio inconfondibile
della sua performance artistica: “radiose assumo / particole d’aurora /
in lieviti di cielo delibando / sempre fresca la fame / del pane dell’esistere:
/ assolta le parole / a corpo libero assumo la vertigine / della nientitudine
plenaria / che illimine crepuscola e inalbica / nell’imprimizio ver(s)o / che in
tace il sogno dice / senz’alfabeto.” (Senz’alfabeto).
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