Introduzione a
Le radici dell'albero caduto
di Gianni Calamassi
la
Scheda del
libro

Gianni Calamassi
Questa raccolta nasce con l’intento di seguire il cammino che mi ha portato a
prendere in considerazione gli anni che ho trascorso dalla giovinezza ad oggi,
considerando quello che mi è stato accanto in questi lustri vissuti:
"le mie radici".
Mi considero per questo un albero "caduto", che cerca di evidenziare le tappe
percorse e gli eventi che lo porteranno, domani, ad esserlo.
Ricordo le frasi inutili che facevo da giovane ed oggi le vedo con lo
"sconquasso di rumoreggianti follie | dal seno tumultuoso della vita" (Frasi
inutili); da queste mi sono difeso osservando la natura ed ho tratto parole per
scrivere "poesia", con tutti i limiti che questa si porta dentro.
Come non cercare conforto/confronto con le stelle, che da sempre ci guardano
dal cielo prima che si spengano tremule, con me alla ricerca della verità, che
questa osservazione rende limpida, con l’inestimabile valore del dono della vita
e con la sua cocciuta superficie.
Da giovane guardi spavaldo "Oltre la siepe" alla scoperta del mondo ancora
pieno di futuro, mentre oggi "Mi resta solo la discesa | verso il fondo della
tristezza" (Oltre la siepe). Allora lo sguardo volgeva verso il cielo ed in esso
scopriva la sua primavera ed il cammino da percorrere "… assieme | alla mia
ombra che, rapida | e solida, con me cammina(va)". Le radici dell’albero caduto
Proseguo la mia strada ed oggi ricerco con difficoltà "…i resti dei nostri
confini | corporei abbandonati" (A tentoni si cercano) e non riesco che a
scorgere "il vuoto galleggiare intorno".
Ecco che all’improvviso devo punteggiare la mia storia: i nonni ed i miei
genitori mi sono accanto nel pensiero ed il cuore di togliere "… alla luce il
senso di attesa | e (che) si spengano gli ultimi raggi | di un sereno tramonto"
(Buonanotte babbo); "Esser vecchio è imprudente | perché non vivrò abbastanza |
per ricordare tutto" (Madre, ricordo …) e non resta che un sincero Requiescant
in pace per tutti.
La primavera è la stagione alla quale rivolgo il mio pensiero dedicato alla
vita, perché è il ricordo delle mie radici quello che mi aiuta a proseguire
sereno, sapendo che sul loro petto "rigoglioso | cresce il grano, abbracciato |
a papaveri ridenti" (E’ primavera).
Foschia e luce è quello che circonda ogni pensiero, che dalla natura si
allarga a illuminare nuovamente la ricerca della "… mia ombra | Che ancora
custodisce | I resti dell’infanzia." (La foschia e la luce) e a dar vita ai
sogni.
Ma i pensieri non espressi si accavallano e si inseguono senza costrutto,
distratti da quello che mi circonda: dalla polvere, al rumore di un treno in
lontananza, dal caldo ad una nevicata immaginaria, anche se è il buio che
angoscia, ed anche le stelle diventano coerenti e metodiche. Allora il silenzio
scivola accanto "in picchiata verso di me (Il silenzio) e tutto sembra
sbriciolarsi e frantumarsi con "Il passato (che) mi strisca(va) | addosso
vitalmente | morituro." (Pallido).
La pioggia stessa è violentata ed il vento mi imbratta lo sguardo pieno di
dolore, anche se sono capace di catturarlo, e cerco freneticamente luoghi in cui
nascondermi, confondendo puerilmente la sostanza con la forma: è la natura che
mi aiuta, mostrandomi una conchiglia che conserva "il senso del mare" Le radici
dell’albero caduto preannunciando "il soffio della notte perpetua | (che)
ci accoglierà dopo il giorno | fumoso delle nostre illusioni" (La conchiglia).
Mi domando serenamente "A chi toccherà riempire il calice | con l’acqua amara
dell’assenza?" (Il calice dell’attesa). Tutto mi appare davanti: passioni,
pensieri e sogni convinto che anche su di me la primavera farà spuntare le
violette sopra la mia terra.
So che "… quando cadrò, | il posto al sole | che lascerò, luce darà | a chi
non l’ebbe mai." (Albero), la natura vive oltre il rumore irriverente del
traffico giornaliero assieme a tre immensi cipressi che galleggiano tra gli
"indistinti (i) rumori oltre la finestra" (Tre immensi cipressi), senza
lasciarmi il tempo di "scaracchiare parole".
Il nostro dolore non sarà mai abbastanza doloroso e la nostra vita sarà come
il profumo di un mazzo di rose appassite: scivolerà via nell’attesa indistinta e
pigra, aspettando l’appiglio di un ricordo che renda l’aria respirabile.
Gianni Calamassi
Gennaio 2016.
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