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Introduzione a
Parole finalmente attese
di Gianni Calamassi

la Scheda del libro

Gianni Calamassi

Parole finalmente attese chiude quella che per me è una trilogia, che nasce con Angeli stanchi, prosegue con Le parole rubate e si chiude con questa silloge.

Ogni raccolta per me ha un significato particolare, ma non speciale, perché se in Angeli stanchi molti brani hanno un aspetto sociale, in Parole rubate tutto è legato al rapporto con il musicista Angelo Iuorno (1947-2006) con il quale abbiamo dato vita ad una cantata in memoria del pittore greco Dimitris Kakulidis, fornendo parole alla sua musica e vivendo la nascita della composizione in diretta, prima della sua scomparsa, ricevendo in cambio non solo la gioia dell’intero lavoro, ma anche, e per me importantissimo, un brano che il Maestro mi ha dedicato “A Gianni”, che riempie l’amicizia di suoni e di pensieri.

Come scrive Grazia Giovannoni “Già il titolo ci dice come Calamassi colori il candore angelico dell’ immaginario di riflessi proiettati dalla nostra vicenda umana, quasi a intridere di terra, di fatica, di sangue i lembi delle vesti lucenti , per trattenere fra noi queste creature…” proseguendo “Gli angeli di Calamassi. sembrano raccogliere e portare messaggi anche dalle voci del mondo, dai fremiti della natura ; ci guidano all’ascolto attento di una vita fertile, pervasa di sussurri che rendono ricco e assorto il silenzio.”

Ecco che gli Angeli che sono una parte importante della raccolta, emergono dalle descrizioni di GG “Irrompe intanto la prima delle creature ultraterrene, l’”Angelo della pioggia”, che appare fra l’acqua del fiume e quella degli ultimi scrosci di pioggia che rendono lucidi, al primo apparire del sole, i colori già ingrigiti delle case, degli alberi, dei prati.” Giunge successivamente L’Angelo dell’amore “…che … riaccende il dialogo quando “L’Angelo dell’Amore” entra” piroettando”, ma questa volta il messaggero luminoso che incede sicuro porta profumi di rose e musica e sfavillio di ali soltanto per il “tu” ascoltatrice (“il tuo angelo è arrivato”), siamo ad una festa di nozze “La festa delle nozze che ritorna nella prima strofa di “Angeli stanchi”, la bella lirica che dà il titolo alla raccolta.. ”Vedo ancora volare angeli stanchi/e candidi abiti da sposa..”

Lo fa introducendo perentoriamente il tema della guerra; gli ”angeli stanchi” sembrano librarsi ancora una volta staccandosi dai pietosi monumenti dei cimiteri” “Le due liriche che seguono ”Pace” e ”L’uomo si mobiliti” scaturiscono dalla sua disperata ribellione a quest’urlo inesorabile che sembra annientare ogni voce che gli si opponga.” e Valerio Pedini conferma “Lì Calamassi, dopo 30 anni, ristruttura tutta la sua poetica minimalista concettuale e diviene sociale.”

L’ultimo angelo, “L’angelo nero”, ha il volto , segnato dalla fatica, di un uomo. L’angelo non vola, non può volare ”…appesantito/dal tappeto marocchino arrotolato/sulla spalla…”:è anch’egli un fiore di giovinezza, ma gli è tolta la speranza perché sa di avere un tempo troppo breve per riuscire a portare il suo messaggio. Le ferite della terra, quelle inferte dalla storia insanguinata degli uomini, lo tengono schiacciato sull’orlo di un cratere; le belle ali sussultano nei fremiti di una morte annunciata . Perciò urla “alla luce”.: Nessun uomo che voglia la pace potrà ignorare che anch’egli aspetta” il suo giorno”.:

E’ nella profondità appena percepibile del significato, grumo della coscienza di sé nel mondo, che la ricchezza espressiva della parola si addensa, intrisa di emozione prima che il suono modulato la renda chiara e distinta comunicazione.

Secondo Emilio Diedo “Mi stimola l’idea che delle immaginose creature, alate e pure d’intelletto, possano esprimere un sì intenso tocco di terrestrità, certamente più corporeo che spirituale, tanto da rendere magnificamente l’icastico senso di perturbamento esistenziale, che nella fattispecie letteraria richiamata fa pensare un tantino al verghiano “ciclo dei vinti”. Per quanto qui si tratta di poesia piuttosto che di narrativa.

Per Marzia Carocci “Angeli stanchi quelli di Gianni Calamassi che appaiono come epiche figure eteree e materiali così come la vita dell'uomo nel dualismo fra atto e pensiero, azione e essenza.” Mentre per Claudia Piccini “Nella poesia di Gianni gli angeli portano messaggi agli uomini come a svegliarli dal torpore in cui a volte si posano, l’uomo ha un tempo dell’attesa e uno della vita quella dell’oggi , messaggi di speranza per un futuro denso di vita vera.”

Afferma Mario Sodi “Ho trovato messaggi di speranza in questo libro. Nella presentazione dello stesso poeta c’è una frase che mi ha colpito: “senza arrendersi mai”. Dove la lotta contro ogni nemico, personale e universale, è, naturalmente, una lotta d’amore.

E voglio chiudere quanto riguarda questo lavoro con quanto scrivo nella mia introduzione” E’ il canto malinconico che attanaglia chi si confronta con la giovinezza, con l’amore, con i sogni, con i sorrisi, con gli abbracci, con la razionalità che annulla gli affetti, con i sentimenti che costruiscono nuovi legami più forti, più consapevoli e generosi.

Esaminando Le parole rubate affermare “Ecco le parole attese si sono liberate del peso che immagini violente le hanno imposto, sono state restituite alla realtà dei loro valori simbolici ed ai sensi che ne hanno consentito tutte le visualizzazioni.” Fanno seguito le parole che Renzo Cassigoli riporta citando il poeta Alessandro Parronchi “le parole sono state rubate dalle immagini, non ci sono più parole per descrivere quelle tragedie che non soffriamo più, che facciamo finta siano entrate nel nostro quotidiano: perdute con le parole che dovevamo usare per descriverle.” E nell’introduzione alla raccolta ribadisce “La Parola, dunque, particolarmente importante nella poesia di Gianni Calamassi. Non solo perché, ovviamente la parola è l’ingrediente fondamentale senza il quale non è data poesia, ma per come nei suoi versi dolci e saettanti, magicamente pervasi dalla nostalgia e dalla curiosità dei bimbi, Gianni la ri-propone in acrobatici accostamenti di suoni, di immagini e di colori a definire paesaggi della memoria alla ricerca dell’Io più nascosto e più profondo.” E prosegue “Quanta struggente nostalgia e quale delicata dolcezza esprimono questi versi sereni in tempi in cui la Parola, ormai senza l’Ascolto, si fa urlo, invettiva, sopraffazione.

Resta solo la parola del Poeta per cercare di ritrovare il filo della ragione.

Grazia Giovannoni apre con questa affermazione “In questa raccolta ci fa partecipi del suo furto, “mette in comune” le parole perché è questa ”comunicazione” che ci rende consapevoli della nostra storia di uomini.

Il poeta rimane solo, con la sua ansia d’uomo che incessantemente s’interroga sul suo esistere perché questo è il suo affanno profondo, quello della sua nobiltà d’essere fra il

”qui” e l’”oltre”.

Qualcuno riesce a “rubare” le parole anche a Gianni Calamassi. O, meglio, Gianni Calamassi incontra qualcuno per cui affonda le mani in questa raccolta di liriche e ne trae parole, versi, strofe con cui dar voce a chi non può più averne.

E’ un amico carissimo, il musicista Angelo Iuorno, a chiedere a Calamassi di scrivere le parole per una Cantata da dedicare alla memoria del pittore Dimitri Kakulidis, combattente in Grecia durante la dittatura dei colonnelli, esule a Firenze.

Elisa Davoglio così apre la sua recensione su Le parole rubate “Attraverso un lirismo intenso ma non scontato, l’”io” dell’autore gravita in quelle “ombre” che tanto caratterizzano la sua scrittura, attivando quella ricerca emotiva e lessicale che gli consente di motivare squarci di ragione e consapevolezza espressiva sempre più definita e matura.

Gianni Calamassi interroga la sua solitudine con pacata lucidità e sensata ragionevolezza. Lontano da punte emotive e scontati accessi tanto cari ad una lirica più ridondante e illusoria, l’autore sedimenta nella sua riflessione le motivazioni stesse della sua scrittura e della sua necessità.

Anche Marzia Carocci può affermare che “Non vi è banalità nelle sue poesie che anzi, sono costruzioni del senso e del ruolo che l’essere umano si presta a vivere ogni giorno, e questo lo fa con delicatezza, quasi un bisbiglio attraverso le giuste metafore e quelle figure retoriche che rendono “ricco” e reale il movimento del suo pensiero che nel lettore si trasforma in voce dell’autore.”

Andrea Carraresi, riferendosi all’uso delle parole per il Dimitris afferma “In quel raptus artistico che ti ha fatto capire che saccheggiando la tua produzione poetica avresti potuto creare quell’opera che l’amico musicista ti chiedeva, era logico che tu partissi proprio dalle parole dell’Umanità, come è logico il cambiamento dell’ultimo verso con “davanti al mio pugno chiuso” simbolo della ribellione alle ingiustizie che tormentano l’umanità.”

Secondo Claudia Piccini “Gianni con questa silloge vuol fare riflettere e invitare a “passeggiare con la calma nel cuore” , ruba metaforicamente le parole alla “confusione odierna” e ne crea un tragitto di pace interna .”

Questo è il percorso seguito per arrivare a Parole finalmente attese, ma per questo lascio la parola ad Angela Marano, è con lei che presento questo lavoro arricchito dalle sue immagini, fotografie in B&W che così possono affondare in quella dicotomia del bene e del male che da sempre mi si para di fronte.

E’ da una ricerca delle parole che ho ritenuto significative di ogni poesia che Angela è riuscita a traslare la parola nell’immagine, sempre suggestiva e portatrice di nuovi angoli di osservazione e quindi capace di far sprigionare nuove sensazioni.

Non voglio aggiungere altro sulle parole, dalla sua analisi partirò per “visitare” con animo ingenuo di fanciullo quanto ha smosso il suo essere artista dell’immagine.

Descrivere le foto che con Angela Marano abbiamo, su sua proposta, deciso di utilizzare per illustrare questa raccolta, non può prescindere dal percorso che a quella scelta ci ha condotto.

Vedevo le sue belle foto, soprattutto quelle in bianco e nero, e le trovano così adeguate, che non mi sono peritato di chiederle se me ne poteva “regalare” qualcuna per illustrare “Parole finalmente attese”. Le ho inviato la raccolta e i suoi commenti hanno immediatamente fatto scattare quell’empatia, senza la quale due persone non possono dividere il loro lavoro. Angela ha definito il mio testo “Una ricchezza umile e potente” aggiungendo “Sento la tua Anima fra le parole che hai scelto di dire”, io avevo già scelto le sue immagini e non era difficile per me affermare “che il lavoro che lei faceva sulle immagini davvero è come avere i pennelli in mano”.

Una tecnica raffinata, “graffiante”, come se tutto fosse visto attraverso il vetro di una finestra, dove gli scatti, fanno scaturire parole e nuove immagini; non è la tecnica, indiscutibile, ma come il cuore percepisce il particolare e riesce ad andare oltre all’immagine stessa per aprire nuovi orizzonti da indagare. Il donare reciprocamente il nostro lavoro e porlo nelle mani di un altro “è un gesto molto forte”.

Le immagini scorrevano, era difficile per entrambi scegliere quelle che potevano essere le più indicate ad affiancare le parole scritte, per questo abbiamo deciso che avrei trovato una o più “parole chiave” che potessero indirizzare la selezione dentro un archivio denso di emozioni, così abbiamo proceduto, fino a quando siamo riusciti a legare le foto alle parole “Che emozione” mi ha scritto Angela quando ha visto l’abbinamento parole chiave e fotografie.

Eravamo sulla strada giusta, e la conferma è giunta alla fine “ è proprio emozionante, mi dà gioia…questa occasione”, ed andavo a cercare quello che mancava al completamento del lavoro comune, non ci stancavamo di commentare, di chiedere informazioni, di valutare gli effetti dell’accoppiamento parole-immagine: un lavoro gioioso, concluso con la sua esclamazione ”che bel lavoro che viene!”.

Non si descrivono le sensazioni che potrete provare, sgorgano dal cuore, quando questo resta coinvolto, ne sono convinto, ma vi lascio viverle, con la semplicità e la disponibilità a lasciarvi entusiasmare, la stessa che ha guidato entrambi.

Grazie Angela

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