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Spiragli

Conoscendo Emanuele Martinuzzi ed avendo già avuto la fortuna di esporre i miei pensieri sulla sua raccolta di poesie “Di grazia cronica”, nella quale la costruzione dei brani che la compongono risentono della sua formazione storico-culturale, a cui si aggiunge in primo piano la filosofia, mai avrei immaginato una raccolta come “Spiragli” costituita da brani di sole terzine, conclusa in brevissimo tempo!

Il titolo “Spiragli” è legato alla forma dei suoi versi, secche terzine che aprono spiragli di visuale sul mondo circostante, sul suo essere uomo di oggi e sullo strumento che lui usa.

Citare l’esergo con cui apre la silloge mi pare indicativo della strada che intende percorrere l’autore, che per questa raccolta cita Arthur Rimbaud, estraendo da “Infanzia” la seguente frase: “Perché dovrebbe all’angolo della volta | impallidire una parvenza di spiraglio?”

Perché uno spiraglio consente sempre di affacciarsi sull’infinito, infatti questo è sufficiente per affermare “Non c’è che un dialogo | fraintendere l’eternità | con attimi di poesia.”, ecco che l’autore ci dà la risposta, quella che lui ha sempre percorso: la poesia è il tramite per raggiungere l’eternità.

Emanuele sa che la poesia è un mezzo per portare avanti la ricerca di se stessi, e può manifestare la sorpresa che lo ha colpito quando in pochissimi giorni ha concluso la sua raccolta, lui che era abituato ai lunghi tempi delle riletture e delle conseguenti limature.

Per me è importante il tentativo di trovare gli argomenti a cui si riferiscono le terzine, sapendo che questa semplificazione mi serve per cercare di capire la trama di questa raccolta. Dove le metafore sono piene di significati.

Non si trangugia la sua poesia, ma è necessario soffermarsi per assorbire gli ossimori e partecipare alle metafore, impegnare la ragione prima del cuore per giungere, in un secondo tempo, a farla propria.

Ho ricercato un mio filo conduttore che mi ha permesso di creare un percorso arbitrario utilizzando le terzine del poeta Emanuele Martinuzzi ed inizio dal “tempo”.

Il tempo, invenzione metafisica dell’uomo, per configurare l’eternità, fa scrivere al poeta ”E nell’attesa | di un gesto umano | si fece rugiada.”, e se invece di attendere che qualcosa accada, ti affanni “Questo sudore | non è che un balsamo, | incagliato nel tempo.”, ma “Qualcosa vive | al di là del tormento | l’erba che sogna.”.

E’ la natura che risolve i dubbi e le angosce del poeta “E si placherà | nell’incanto della rosa | storia di spine.”, mentre “Sulle cortecce | biografie soltanto |di ciò che non è.” perché “Ancora semi | trafiggono il suolo | delle promesse.”

Tutto sembra trovare nelle parole del poeta la sua ragion d’essere, anche se il mare non aiuta ”Sterpi e sabbia, | relitti d’infinito | nulla marea.” perché “Nessuno vuole | perdonare il mare, | schiaffo ed urlo,” mentre “Gridano i raggi | tra le scogliere, senza | turbare l’aria.”

Forse non è così vero se “Essere scoglio | la vanità del mare | oltre l’abbraccio.”, per questo il poeta si domanda “Una conchiglia | è il mio passato | senza orecchie.”?

Adesso è già iniziata la comunione con se stesso e la condivisione delle proprie parole, tuttavia Emanuele si affaccia sulla sposa del mare, la terra, per affermare “Terra dopo terra | la pioggia s’è arresa | alla purezza.”

Così avviene sotto lo sguardo delle stelle, ognuna “Avrà cura | di un notturno come | fosse un respiro.” e “Quando le stelle | adorano le nubi | il sogno si dirada in luna.”.

Egli dà voce convinta all’importanza che riveste per la sua crescita il poetare: è il sostegno al suo cammino, con le sicure fermate, con le inevitabili crisi e con l’entusiasmo delle ripartenze.

Tuttavia com’è difficile l’esistenza e l’amore se “Non c’è polvere | sulla penombra che tu | hai amato.” e solo “Nei palmi delle | stagioni è rimasto | qualcosa di te.” allora l’amore ha un senso? “Eroso cuore | scavi nelle parole | nidi di carta.”, ogni cosa che il poeta scrive è inutile e viene appallottolata a formare nidi di carta (bellissima metafora!) “E’ latitante | l’ignoto nei cuori | dove ho scritto.”

Non può essere tutto negativo, anche se “Mi cade addosso | la geografia deserta | del tuo sentire.” “E in cammino | i versi si fecero | orme di pace.” È la poesia che porta la pace a chi cerca la direzione del cammino, ed arriva il momento di ammettere “Non vissi che qua | in frantumi e spesso | tra i ricordi.”.

Il poeta non è convinto della sua resurrezione se ammette che “L’anima mia | ha l’etimologia | d’un masso che piange.” infatti “Ogni destino | è la solitudine | del divenire.”.

Allora è possibile solo un pessimismo analitico, senza via d’uscita? Forse, se “Compiuti tutti | gli argini nessuno | divenne fiume.”, ma in fondo al cuore del poeta non muore la speranza e l’anima si apre alla “Rivelazione | che lavori gli scarti | a vita nuova.” secondo un pensiero ecologico dell’esistenza. Probabilmente non è poesia per le anime semplici, questa di Emanuele, ma richiede un aprirsi più consapevole alle sollecitazioni; solo il condividere l’ars poetica con gli altri lo rende partecipe al suo rinnovamento.

Grazie Emanuele per averci regalato questi “spiragli” a cui ciascuno si può affacciare, per cercare con le tue parole la sua libertà, come ho fatto io da attento lettore.

Gianni Calamassi

Luglio 2019

Recensione
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