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Prefazione a
Rosmunda, Elmichi, altri personaggi di Evo Medio
di Rossano Onano
la
Scheda del
libro

Domenico Cara
Progetti arcani per l'irrisione
1. L'avventura del testo, nella
sua memoria erudita, registra (e istituisce) ciò che ha trasmesso la coazione
del Medioevo, in più principi di erranza, in effettivi scandali, in
contraddizioni liofilizzate per l'alterazione e per la fluttuanza dell'accesso
immaginativo. L'interrogazione inaugura il senso storico e insieme la sofferenza
manieristica; l'investigazione mentale riattraversa “ragionevolmente” ciò che la
dimensione del poetico stabilisce per l'evocazione e per l'irrealtà duttilmente
contemplata.
2. Questo avviene disponendosi
al silenzio per ascoltare la storia di adesso determinata peraltro dalle ansie
collettive, dalla pratica cosmologica di normalizzare il transito degli stessi
immediati ripensamenti, e tentando di favorire l'ascolto a coloro i quali
incontrano la nostra epidermide e ciò che devia da noi nella dispersione
comunque dislocata.
3. Così questa scrittura
racconta le suasive possibilità che essa ha di diventare ellittica, di evitare
le eclissi del conformismo, di ridiscutere la resistenza dell'aria che cita
l'antico in figure pretestuali: Rosmunda, Elmichi, altri personaggi di Evo
Medio, così come allude il titolo della silloge, attraverso i vettori
scomposti e l'iconografia afasica che essi lasciano dietro di sé, e quindi lo
specchio di un tempo diverso, le bruciature, i simboli medesimi del filo, dove
Rossano Onano traccia una sostanziale cartografia dell'”altrove” (per
speculum et in aenigmate), con una sua eccellenza pretestuale, i respiri non
asmatici del proprio atto esecutivo, i movimenti di voluttà dislocati su schermi
onnivori e costruiti in un fervore tutt'altro che apollineo, senza centri fissi
di chiaroscuro e senza speciose malinconie.
4. I progetti “lungo tutta la
pista” e se mai “nell'attesa ragionevole di altri eventi” circolari e
metamorfici, senza stanchezza o forme incessanti, diventano giochi arcani di
irrisione, mai finzione del corpo o della stessa visualizzazione del parlato,
nella misura in cui il monoloquio adesca esperienze ed automatici traslati, in
cui il “tu” rappresenta una regola, non soltanto della superficie,
indubbiamente cifra del paesaggio interiore in cui ha ormai immesso il
“Medioevo”, fibra dopo fibra, nel suo cospicuo retrocedere.
5. La consumazione riconduce
quindi all'allegoria, non soltanto il cerimoniale dei bevitori, o ciò che
s'aggira pavido fra echi e muse sottili, ma l'immagine totale di ciò che ha
rivisitato, un poco come oasi funebre, un poco come oscurità inquietante e
incantevole.
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Materiale |
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