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Il canto stonato della Sirena. Racconti di una città smarrita
Il sottotitolo dell'opera di Monica Florio
è "Racconti di una città smarrita" in
riferimento alla sua Napoli che fa da sfondo alla narrazione, ma avrebbe potuto
anche intitolarsi "Racconti di una umanità smarrita" dato che le vicende
descritte
hanno sì la peculiarità di un vissuto partenopeo in crisi, ma risentono insieme
di
un senso di universalità. I 26 racconti non sono stati accostati casualmente ma
sul filo conduttore di un pensiero che li unisce "uno sguardo sull'emarginazione
colta nelle sue molteplici cause: genetiche,
sociali, sessuali." Vi si scorge un senso di umana pietas, che non è pietà ma
rispetto e attenzione per gli altri. Gli altri sono i
deboli, i diversi, i disadattati, una campionatura di umanità sofferente,
persone che la società respinge ai margini ma che vengono qui prese in considerazione e investite da un fascio di luce che
è anche di
speranza.
Con un tono che varia dal serio al
grottesco, all'ironico, l'autrice compie un'indagine attenta e di grande profondità psicologica tra le pieghe e le piaghe del
sociale, nei risvolti in ombra dell'umano contesto. Il disagio dei singoli è
degrado e disagio dell'intera società civile contemporanea, metafora di malessere in cui dominano alienazione e solitudine e in cui
si è disgregato il concetto di un civile solidale.
La sensibilità della Florio percepisce e raccoglie il grido aiuto di dolore che
giunge da più ambiti, inserendolo nell'alveo del
filone letterario post-moderno che esprime le voci dell'attuale disagio urbano
nelle megalopoli. La scrittura è limpida, esemplare, pacata e insieme vivace.
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Recensione |
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