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Passione e sintonia- Saggi e
ricordi di un italianista
L’ermeneutica letteraria di Emerico Giachery è quella di un
vero maestro di stilistica e di comunicazione critica. La sua opera di studioso
è infatti attenta come poche alla filologia dello spirito e alla
weltanschauung di un autore da interpretare con gioia problematica. Essere
sintonico quindi rappresenta principalmente per l’autore un accostarsi ai colori
e ai suoni del testo letterario, sentito sempre come compagno di viaggio e
tappa esistenziale di una stagione del proprio magistero critico e filologico.
Tornano in questo volume di saggi, Passione e sintonia, come negli altri
libri di critica, gli autori cardine della ricerca stilistica di Giachery, da
Leopardi prosatore al Verga e, tra i poeti del Novecento, Pascoli e D’Annunzio,
Ungaretti e Montale per interpretarne sì livelli e varianti, insomma quelle
stagioni di carte e di carteggi, che appunto per passione e sintonia danno allo
studioso la metamorfosi dell’orto della parola. La parola diviene nella
scrittura e nella comunicazione col pubblico di lettori e studiosi, altresì
prova di amorosa fedeltà di un continuo ritrovarsi, donando al lettore colto e
appassionato il sentimento del tempo critico … così definirei quella particolare
sintonia tra linguistica e critica che sempre si riscontra nella cifra di uno
studioso di razza qual è Emerico Giachery.
Come viandante tra le pagine egli
delinea nei suoi ricordi di italianista quella felice stagione di alti studi e
di legami intellettuali fertili d’intuizioni di respiro europeo, da Schiaffini
a Monteverdi, da Assunto, ai maestri della Nouvelle critique, tra cui si
annoverano studiosi del calibro di Poulet, Raymond e Rousset, sodali del
Nostro in convegni ed incontri nel suo magistero transalpino, specie
franco-svizzero. Una critica figlia di libertà è la chiave di volta per sentire
la sintonia critica di maestri assoluti come Curtius, Spitzer o Auerbach, capaci
di restituire attraverso la parola di un autore, da Dante a Vico, fino ai
maggiori poeti del Novecento europeo, da Lorca a Pasternak, il mondo totale
della loro arte vita. Maestri del calibro di Macrì, Samonà , Bo e Ripellino
hanno indicato in orchestra d’intenti questa via che il nostro indica con forza
e cordialità critica ai fruitori della poesia e della letteratura come rete di
simboli e di intelligenze sin estetiche tra le arti come insegnavano già tra gli
altri Adorno e Cassirer.
Solo un’alta intelligenza filosofica permette al
Leopardi dell’erudizione di sentire cosmicamente in Copernico un sodale di
ricerca e di futura luce poetica cui serve appunto un aperto interprete storico
del viaggio culturale del Recanatese. Il volume offre poi altre sintonie
profonde divagando con perizia filologica nel mondo di Carducci, fornendo
interpretazioni originali anche in saggi ora qui riproposti sulla diade Verga-
D’Annunzio. Molto interessante la disanima di Pascoli e il francescanesimo, in
cui si individua nella ricchezza dei simboli e dei carteggi con padre Semeria,
una luce nuova sull’uomo e sul poeta. Oltre agli intensi capitoli su Ungaretti
e Montale di cui si illustrano le tappe di un farsi filologico e poetico di rara
intensità; ai due poeti Giachery ha dedicato numerosi saggi monografici e corsi
universitari, qui si recupera lo spirito di ricerca e la sintetica messa a punto
di lunghe fedeltà di carteggi e di ascolto della pregnanza delle diverse
stagioni poetiche dei due grandi e diversi interpreti del Novecento italiano ed
europeo.
E appunto uno sguardo all’ Europa se si ha nell’importante saggio
dedicato ad un racconto di Mario Pomilio, centrato a rievocare appunto il senso
d’Europa tra macerie e speranza di rinascite negli anni Cinquanta. Una lunga e
documentata analisi sulla lingua poetica italiana del Novecento, in cui si
coglie bene il dissolversi di un canto e di un colore lirico nell’azzardo
d’avanguardia e di un vocabolario certo dimesso, ma sempre ricco di valenze
psicologiche- altro esempio felice di passione e sintonia- che torna nel ricordo
di Antonio Pizzuto e soprattutto nel denso saggio conclusivo su Ritmi di
macchine e linguaggio poetico, dove, partendo da evocazioni carducciane, arriva
ad eco futuriste dense di un’avanzata modernità anche tecnologica nel loro
proporsi come poetiche totali in movimento.
L’interprete Giachery dà sempre un
movimento di passione ai testi che esamina, sintonizza su di loro il suo occhio
auscultante i retabli di sillabe e di vita facendo sentire il vento dell’anima
in quell’orto poetico che, in decenni di studio, Emerico Giachery ha con amore
e finezza filologica indagato ed attraversato.
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Recensione |
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