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Per lenti processi
L’ultima
poesia di questa nuova e intensa silloge di Giovanni Tavčar (davvero votato a
interpretare l’oggi e la vita nel segno di una lettura attenta e vorace,
inquieta e religiosamente efficace) costituisce un po’ la sintesi del suo dire
grazie a un susseguirsi di versi che sono altrettanti, splendidi, aforismi:
aforismi che sicuramente faranno parte anche del mio ormai ricco archivio
storico.
Se, come
si può leggere, “niente nasce dal niente / e niente resta sempre eguale” e se
“la vita non ha mai / un solo lato da mostrare”, ecco che il concerto poetico di
Giovanni Tavčar assume il volto sfaccettato di piccole-grandi verità, di sogni
leggeri e profondi, di malinconie che approdano in sussulti di gioia, di
eleganti incursioni nell’io e nella natura, di incontri con la fede e con “un
mondo / che arde nell’ansia del volo” …
C’è
quiete e dolcezza negli orizzonti di luce che appaiono al di là della quotidiana
rassegnazione o della noia: c’è il desiderio della rinascita e del rigenerante
pulsare di un cuore volitivo; c’è il rovente bisogno di dialogare, di
conquistare spazi non virtuali, di scrutare nel tempo le orme che vano al di là
dell’indolenza, di viaggiare a viso aperto guadagnando via via la speranza di un
palcoscenico non ingannevole …
In
Giovanni Tavčar, non da ora, si ha modo di incontrare un poeta dal calco
inconfondibile che si offre alla fruizione con un crepitante anelito di dire, di
raccontare, di raccontarsi, di elargire sprazzi di filosofia e di amore …
E’ un
linguaggio asciutto, il suo, ma estremamente ardente e in grado di conquistare,
nel silenzio, il gioco non fittizio e asettico di una parola precisa, puntuale,
lievitante, ovattata quanto basta per accendere “l’aria / di punteggianti /
bagliori intermittenti”.
La
silloge, che presenta una puntuale e accurata prefazione di Angelo Manitta, si
compone di quattro stazioni di sosta: Quiete e dolcezza, Scacco matto, Eroe
di smarrita fede, Roveti ardenti e in ogni sosta vive quel sentiero del
cielo che riconcilia con nitore le stagioni di un’esistenza e quel lento
processo che ci accompagna al dopo, all’inconoscibile. Un lavoro, pertanto, a
dir poco splendido e che avvalora ulteriormente il percorso scritturale di
Giovanni Tavčar.
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Recensione |
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